Alla scoperta della città armoniosa di Péguy
Aveva ragione Carlo Bo a dire che nella voce di Charles Péguy “c’è dentro tanto di quell’esplosivo che da solo sarebbe sufficiente a buttare all’aria gli edifici della nostra tranquillità”. E a questo dinamitardo delle nostre placide certezze è dedicata la mostra del Meeting “La grande inquietudine. Charles Péguy e la città armoniosa” che a 150 dalla nascita indaga uno dei periodi meno conosciuti del grande scrittore francese, quello della sua gioventù atea e socialista.
Anima trepidante, polemista formidabile, Péguy era autore amatissimo da don Luigi Giussani e amatissimo è da generazioni di ciellini che si riconoscono nel suo cattolicesimo terragno e gagliardo, fuori dagli schemi, troppo cattolico per i laici e troppo laico per i cattolici. Il curatore della mostra, Ubaldo Casotto, giornalista, ha deciso di intervistarlo, riportando nelle risposte alcuni brani delle sue opere che mantengono una straordinaria attualità rispetto ai problemi del nostro tempo.
Una sedia ben fatta
Sei grandi libri introducono i temi principali della “città armoniosa”, quel luogo in cui, diceva lo scrittore, nessuno doveva sentirsi escluso. E Casotto ha scelto di accompagnare le parole di Péguy alle rilevazioni del Censis e ad esempi contemporanei (realtà del terzo settore, esperienze di lavoro, interventi di filosofi e dirigenti di azienda) per meglio far comprendere l’attualità di quelle profetiche considerazioni.
Si parla così di povertà e giustizia, di lavoro e di modernità, di scristianizzazione e di avvenimento, fino alla sorpresa finale, una grande sedia realizzata dagli studenti della scuola Aslam che vuole ricordare, anche attraverso un video della fase realizzativa, il celebre passo dello scrittore sul “lavoro ben fatto”.
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