Sono ore decisive per definire gli ultimi aspetti dell’accordo Alitalia-Etihad sull’ingresso della compagnia di bandiera degli Emirati Arabi Uniti nel capitale azionario della principale compagnia aerea italiana. Le banche, Unicredit e Intesa in primis, devono infatti dare il via libera alla richiesta di trasformazione dei due terzi (su 560 milioni di euro) del credito vantato nei confronti di Alitalia in azioni della nuova “Alihad”, come già la stampa ha ribattezzato il gruppo. Mentre la Cgil di Susanna Camusso deve decidere se accettare l’accordo proposto da Etihad, esuberi compresi, così come ha già fatto l’80 per cento dei lavoratori, oppure rifiutarlo. «I dettagli dell’intesa non sono ancora chiarissimi», spiega a tempi.it Andrea Giuricin, esperto di mercato del trasporto aereo dell’Istituto Bruono Leoni, «l’unica certezza che abbiamo è l’investimento diretto che Etihad è intenzionata a realizzare nel nostro paese. E che, almeno per ora, non ci sono soluzioni alternative sul tavolo».
Se l’investimento di Etihad dovesse andare in porto, la nuova Alitalia volterà pagina?
Sì, soprattutto perché la compagnia di bandiera degli Emirati Arabi Uniti, oltre a portare 1,2 miliardi di euro tra investimenti e capitale, è decisa a investire nelle rotte di lungo raggio, che è il vero grande punto di svolta di cui ha bisogno Alitalia.
Come?
Etihad intende adottare un sistema di “hub and spokes” (che letteralmente significa “mozzo e raggi”), rafforzare, cioè, l’hub di Fiumicino per aumentare i voli da Linate e Malpensa. È quello che hanno già fatto tutte le grandi ex compagnie di bandiera a partire dai primi anni Duemila per reagire alla concorrenza delle compagnie low cost, come, per esempio, Ryan Air.
Non c’è nessuna alternativa?
No, perché competere con le low cost sul breve e medio raggio è diventato impossibile per chiunque. I margini, ormai, si fanno solo sulle lunghe tratte e il sistema di “hub and spokes” rappresenta l’unica via d’uscita per i vettori tradizionali. È quello che hanno fatto Air France e Klm, British Airways e Iberia, Lufthansa e Swiss Air.
Noi, però, finiamo comprati dagli arabi…
Per la Commissione europea non si può parlare di acquisizione o passaggio di proprietà, perché per rimanere vettore comunitario il controllo di Alitalia deve restare in mano europea. È il motivo per cui Etihad non andrà mai oltre la quota del 49 per cento di partecipazione azionaria. Di fatto, si può parlare soltanto di spinta a una forte integrazione tra le due compagnie aeree.
A che prezzo?
Il prezzo che finora ha dimostrato di non voler accettare la Cgil, ovvero quello degli oltre 2 mila esuberi. Per questi lavoratori dispiace, sia chiaro, ma c’è poco da fare. Se Alitalia è una compagnia privata e queste sono le uniche condizioni a cui può restare sul mercato, non si può fare diversamente. È un prezzo da pagare. Ed è quello che hanno fatto tutte le altre compagnie, come Iberia, che dopo un piano di 4 mila esuberi ha annunciato 1.500 nuovi tagli del personale. Se queste sono le condizioni che chiedono gli arabi di Etihad, è inevitabile accettarle. È il mercato. Altrimenti cosa facciamo? Rinazionalizziamo da capo Alitalia?
Si è detto che l’investimento di Etihad non è poi così ingente come ci si potrebbe aspettare dagli arabi. Solo 600 milioni subito, pari a poco più del prezzo di due Boeing.
Gli arabi hanno i soldi, è vero, ma non sono fessi. Stanno trattando partendo da una posizione contrattuale molto forte ed è normale che vogliano assicurarsi determinate condizioni da cui partire per risanare la compagnia. Non potrebbe essere diversamente: la loro logica è quella di fare un investimento per ottenere un ritorno. Non dimentichiamoci, però, che Etihad, oltre a disporre di una consistente flotta, ha fatto anche importanti ordini per il futuro di aerei per il lungo raggio. Aerei che Alitalia, da sola, non potrebbe permettersi.
È vero che i biglietti per volare dall’Italia saranno più cari, come ha scritto Repubblica?
Alitalia dispone di una quota inferiore al 20 per cento del mercato italiano. Non è più in una posizione monopolistica. Difficile credere che possa influenzare da sola l’andamento dei prezzi. Se un viaggiatore vorrà, potrà comunque decidere di fare scalo a Francoforte.