«I nostri alberghi sono sicuri. Prenotate le vacanze, se potete»

Di Leone Grotti
17 Aprile 2020
«Rischiamo di perdere il 70 per cento del giro d'affari. Tanti hotel non riapriranno. Il governo deve aiutarci davvero, non prestarci soldi per pagare le tasse». Intervista ad Alessandro Nucara (Federalberghi)
turismo roma coronavirus

Per capire lo stato di sofferenza del settore turistico e alberghiero basta un grafico: l’anno scorso tra Pasqua e ponti di primavera (25 aprile e 1 maggio) si sono messi in viaggio 21,3 milioni di italiani. L’87,1 per cento di loro ha viaggiato in Italia spendendo 8,2 miliardi, una media di 383 euro a testa. Il 26,1 per cento di loro ha alloggiato in albergo. E quest’anno? «Zero italiani in viaggio, zero incassi. Serve aggiungere altro per capire in quale situazione versiamo?». È comprensibilmente preoccupato Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi, mentre illustra a tempi.it i danni causati dal coronavirus alla categoria. «Quest’estate è fondamentale per noi, anche se tanti alberghi potrebbero non riaprire».

Direttore, tutti gli hotel in Italia sono fermi?
Direi il 98 o 99 per cento. Ce ne sono alcuni che con grande senso di responsabilità restano aperti per svolgere servizi essenziali. Accolgono persone in quarantena oppure danno ospitalità a medici e infermieri, che preferiscono non dormire a casa per proteggere le famiglie. Abbiamo grande stima per loro e facciamo la nostra parte come tutti.

Non viaggia più nessuno?
C’è un po’ di lavoro sul personale delle compagnie aeree, ma ormai non ci sono più voli né treni. Dall’estero è vietato arrivare, tra comune e comune non si sposta quasi nessuno. Chi dovrebbe dormire in albergo?

Avete già fatto un calcolo dei danni?
C’è una stima di Cerved che parla di un calo del giro d’affari nel 2020 del 73 per cento. E io la condivido.

Così tanto?
Si fa presto a fare il calcolo: il 50 per cento della clientela nei nostri alberghi è costituito da stranieri. E quest’anno li abbiamo persi perché anche quando ripartiremo noi saranno più indietro gli altri nella lotta all’epidemia. E poi prima di fare entrare qualcuno da zone a rischio ci penseremo bene. Quindi, salvo rari casi, stranieri addio.

Restano gli italiani che vorranno andare in vacanza questa estate.
Certo, ma quanti andranno davvero in vacanza? Tanti italiani sono in cassa integrazione, che in molti casi non restituisce tutto lo stipendio. Se dura magari due mesi, quanti non potranno permettersi una vacanza? Il commerciante magari farà meno vacanze perché quando potrà riaprire vorrà rifarsi lavorando anche ad agosto. Poi ci sono quelli che possono viaggiare, ma l’azienda dove lavorano resterà aperta in estate per rimettersi in carreggiata e tornare a competere con le aziende estere. E poi ci sono i lavoratori che hanno già consumato tutte le ferie nella prima fase dell’emergenza. Capisce perché non sono ottimista?

Sì.
Ma c’è dell’altro. A maggio speriamo si riparta, ma come si ripartirà? Non certo come prima. Faccio un esempio: se a Rimini quest’anno il Meeting di Comunione e liberazione come credo salterà, gli alberghi della riviera perderanno una settimana di incasso nel mese di agosto, cioè il 25 per cento. La botta sarà forte, ma potrebbe andare anche peggio. Il Salone del mobile, ad esempio, si farà? Speriamo, ma il realismo ci dice che la ripartenza sarà durissima.

È probabile magari che meno italiani andranno però all’estero.
Sicuramente ci sarà più un turismo di prossimità, ma questo non potrà mai compensare ciò che perdiamo.

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, in un’intervista a un giornale tedesco ha consigliato di aspettare a prenotare le vacanze per luglio e agosto. Lei che cosa risponde?
Devo essere gentile o sincero? Queste parole sono un errore clamoroso, un esercizio di autolesionismo, siamo sconcertati. Poteva risparmiarsele. Ecco, sono stato gentile.

La cautela però non è giustificata?
Assolutamente no. Esistono le prenotazioni flessibili e i nostri alberghi ne hanno messe in campo di tanti tipi: l’azienda si assume il rischio e l’ospite non ci rimetterà nulla in ogni caso. Magari invece ci rimetterà l’albergo se qualcuno disdice all’ultimo, ma se ho la prospettiva di tante prenotazioni posso riaprire. Altrimenti resto chiuso e si bruciano posti di lavoro e imprese. E poi magari la von der Leyen a luglio dirà: ora prenotate pure.

Che cosa la preoccupa di più?
Temo che viste le condizioni molti alberghi decideranno di non riaprire proprio. Perché un hotel dovrebbe stare aperto se già sa che non potrà, non dico guadagnare, ma almeno non perdere? Se costa di più stare aperti che chiusi, che senso ha? E questo causerà un grande problema.

Quale?
Il settore del turismo stagionale conta 500 mila dipendenti. È evidente che non saranno assunti tutti. Ecco perché noi facciamo un appello agli italiani perché, chi può, vada in vacanza questa estate: 500 mila famiglie sono a rischio e non si muore solo di virus. Si muore anche di fame.

Gli alberghi saranno in grado però di garantire le norme di sicurezza?
Certo. Grazie a chi è rimasto aperto, come dicevo prima, stiamo maturando grande esperienza in materia di sanificazione e prevenzione. Non sappiamo ancora se le mascherine saranno obbligatorie per tutti, ma stiamo già studiando le migliori soluzioni per garantire la sicurezza dei nostri collaboratori e dei clienti.

Speriamo con soluzioni migliori delle gabbie di plexiglass che qualcuno ha proposto per la spiaggia.
Lasciamo perdere le sciocchezze. È chiaro che in ascensore non si potrà più entrare in 10 alla volta e che al ristorante la distanza tra i tavoli aumenterà. Molte persone, magari, preferiranno fare colazione in camera e potenzieremo il servizio. Dovremo togliere il buffet e fare servizio ai tavoli, magari organizzando la turnazione dei clienti perché non sarà possibile allargare le sale più di tanto. Insomma, non sarà tutto come prima ovviamente, ma le modalità per garantire sicurezza e comfort a tutti non mancano. La cosa più importante per noi è avere l’appoggio delle istituzioni, che dovranno mostrarsi ragionevoli e comprensive.

Cioè?
Esempio classico: se io affitto al comune un pezzo di marciapiede dove mettere i tavoli per 20 mila euro e se a causa delle nuove norme di sicurezza, per distanziare di più i tavoli, riesco a metterne meno, guadagnando di meno, il comune mi farà pagare di meno? Oppure mi darà allo stesso prezzo un pezzo in più di marciapiede? Questo è fondamentale, perché altrimenti diventa impossibile. Governo e istituzioni devono capire che noi da soli non ce la faremo.

Il modo in cui si è mosso il governo vi soddisfa?
Finora ha adottato misure ragionevoli e utili su sanità e ammortizzatori sociali, non vogliamo dire di no. Per quanto riguardo il credito, invece, gli stanziamenti sono stati un po’ inferiori alle aspettative e devo ammettere che nessuno finora è riuscito a ottenere un prestito a causa della burocrazia. Ma il problema di fondo è un altro.

Quale?
Gli albergatori dovrebbero prendere soldi a prestito per che cosa? Se il governo pensa che ci faremo prestare soldi per pagare le tasse, allora non ha capito la gravità della situazione. Se avessimo la prospettiva di tornare a lavorare a pieno ritmo, si potrebbe anche fare, ma chi va in banca a indebitarsi per pagare l’Imu sapendo che poi non guadagnerà nulla? Come lo ripaga il prestito? Forse non è chiaro come stanno le cose: qui perdiamo un anno di lavoro, ci sono aziende che salteranno, migliaia di posti di lavoro in fumo.

E allora?
E allora abbiamo bisogno di prestiti, certo, perché non vogliamo buttare via niente, ma anche contributi a fondo perduto e soprattutto una diminuzione della tassazione. Perché devo pagare la tassa sui rifiuti, la Tari, se non sto producendo rifiuti? A giugno arriva la prima rata dell’Imu da 500 milioni di euro complessivi divisi tra i vari alberghi. Poi ne arriverà una seconda per altri 500 milioni. Il governo deve spostare il pagamento della prima rata. E soprattutto, sapendo che quest’anno incasseremo poco o nulla, deve rateizzare il pagamento. Non è che noi non vogliamo versare le tasse, l’anno scorso è stato abbastanza buono come incassi, ma ora non abbiamo liquidità per far fronte a queste spese.

Alcuni partiti propongono un voucher agli italiani per andare in vacanza. È una buona idea secondo voi?
Un incentivo agli italiani ci serve, sì, però dipende dai dettagli. Noi abbiamo già dato consigli su come configurare l’aiuto: i fondi devono essere utilizzati per fare vacanza in Italia, innanzitutto, e poi bisogna assicurarsi che i soldi vengono spesi nelle imprese italiane. Mi spiego meglio: no alle spese diverse da quelle turistiche, no agli abusivi e soprattutto no agli intermediari stranieri. Ci mancherebbe solo che finissimo cornuti e mazziati.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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