Lettere dalla fine del mondo
Col crocifisso per contemplare Gesù presente nella mia vita
Mariastella
L’anno nuovo è arrivato in compagnia di alcune lettere cariche di un grido pieno di dolore: “Padre Aldo, aiutaci”. Mi permetto di pubblicarne una o due ogni settimana con la speranza che non soltanto io ma anche i lettori possano fare proprio questo grido di aiuto. Le ho lette molte volte e sempre un brivido si impadronisce della mia persona. Quando uno è stato “vittima” della depressione è difficile che possa vivere senza immedesimarsi con chi soffre di questa malattia. In tanti mi hanno augurato un felice anno nuovo, provocando in me una domanda: cosa significa anno nuovo? In cosa consiste questa novità?
Nella mia esperienza esiste solo il presente e la grande novità coincide con l’avvenimento che abbiamo contemplato in questi giorni natalizi. Il presente è la modalità mediante la quale il Padre continua a crearci in ogni istante. Senza questa certezza non solo mi mancherebbe il respiro ma anche l’energia per provare a comunicare a questi amici un minimo di speranza. Solo un’esperienza impedisce che un dialogo si riduca a flatus vocis. Essendo stato possibile per me, non può non esserlo anche per loro.
Venendo alla domanda di Mariastella, come faccio a vivere. È lo stesso interrogativo che, nei lunghi anni della mia depressione, ponevo a quanti incontravo. Solo chi viveva in modo drammatico la sua vita poteva condividere con me questo dolore. Un dolore che impedisce di vivere in modo borghese come fanno la maggior parte delle persone. La strada è stata lunga e ho camminato in ginocchio gridando con tutte le mie forze che il Signore mi mostrasse il Suo volto, finché un giorno ha illuminato la mia anima e ho cominciato a percepire che il mio io non era riducibile alla malattia perché dall’eternità è in relazione con il Mistero.
Da quel giorno la coscienza che ho di me posso esprimerla con l’affermazione di don Giussani: «Io sono Tu che mi fai». Rimangono ancora le ferite della depressione, però la mia consistenza non è riducibile a questo dolore. Il deserto continua, però i miei occhi sono fissi lì dove c’è la vera gioia. Le emozioni della giovinezza sono finite da moltissimi anni, obbligandomi a cercare la ragionevolezza in tutto quello che faccio e dico. Ragionevole è tutto quello che mette l’uomo in relazione con il Mistero fatto carne nella eucarestia, nella compagnia cristiana e nei poveri.
Il mio letto è abbastanza ampio e un giorno ho staccato il crocifisso dalla parete ponendolo sopra il cuscino che sta alla mia destra. Quando mi accosto per dormire lo guardo recitando i misteri dolorosi. Contemplo le sue ferite, la corona di spine, i chiodi nelle mani e nei piedi. Forse sembrerà una cosa ridicola, tuttavia per me è un segno che mi fa tornare alla carne di Gesù presente nella eucarestia e nei poveri.
Permettetemi un’ultima parola riferendomi alla dolorosissima esperienza di violenza familiare. Ciò che mi racconti è quanto hanno vissuto la maggior parte delle ragazze che vivono qui. L’unico modo per riuscire a perdonare è sentirsi amati. Può sembrare una cosa impensabile e impossibile per gli uomini, ma quando la luce di Cristo entra attraverso l’amore di una persona, l’impossibile diventa possibile.
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