5 per mille, «un ottimo strumento di sussidiarietà fiscale che vive di precarietà»

Di Carlo Candiani
28 Marzo 2012
Dalla sua istituzione voluta da Tremonti nel 2006, il 5 per mille non è mai diventato legge stabile dello Stato. «Un errore - afferma l'on. Toccafondi - che costringe ogni anno governo e Parlamento a rivotare la legge e rifinanziarla. Occorre stabilizzare questo meccanismo una volta per tutte».

Dalla sua istituzione nel 2006, voluta dall’allora ministro Giulio Tremonti, il 5 per mille è rimasto contributo “precario”, la cui vita deve essere rinnovata di anno in anno, con conseguente preoccupazione da parte degli enti no-profit che ne beneficiano. «Purtroppo la storia rischia di ripetersi. Non essendo legge stabile dello Stato ogni anno governo e Parlamento devono rivotare la legge e rifinanziarla come se fosse il primo anno». A parlare è Gabriele Toccafondi, deputato PdL e componente dell’Intergruppo parlamentare della Sussidiarietà, che ha seguito dall’inizio le alterne vicende del 5 per mille: «Questa è la situazione dal 2006, per sei volte il Parlamento ha votato la legge e ha dovuto trovare i quattrocento milioni di euro per finanziare la legge. La priorità, quindi è la stabilizzazione».

Francesco Belletti, il presidente del Forum delle associazioni familiari, ha lanciato un appello perché non si crei più l’effetto “elemosina di Stato”.
Siamo in una crisi del tutto evidente e lo Stato deve tagliare molte delle sue spese, è normale che in questo periodo si fatichi a trovare risorse. Ma il punto è che ci sono alcune spese assurde e improduttive che vanno tagliate, e finalmente ce ne stiamo accorgendo, e altre che non solo non devono essere tagliate ma andrebbero aumentate. Sto parlando della sussidiarietà fiscale, lo strumento che i singoli cittadini hanno a disposizione per devolvere parte del loro reddito. Per questo il governo dovrebbe stabilizzare il 5 per mille ma le difficoltà sono molte.

Lasciano da parte le difficoltà, il 5 per mille sembra difendersi bene
Ormai i cittadini italiani lo conoscono e sanno a chi devolvere il loro contributo. I dati ufficiali del 2009 parlano di quindici milioni e mezzo di firme, quasi quarantunomila gli enti beneficiari e circa quattrocentoventi milioni di euro devoluti, una cifra addirittura maggiore dell’ammontare del gettito prestabilito.

Negli elenchi degli enti beneficiari, insieme alle onlus che nascono e vivono un rapporto diretto con il territorio, ci sono anche nomi di rilevanza nazionale. Dato il persistere del braccino corto della ridistribuzione dei fondi, non sarebbe il caso di rivedere le modalità della formazione degli elenchi?
Quando la scelta è fatta dalle singole persone con la firma e il codice sarebbe profondamente scorretto operare una discriminazione. La sussidiarietà fiscale è uno strumento libero e democratico: se ci sono milioni di contribuenti che firmano per le iniziative più conosciute vuol dire che ne riconoscono la realtà positiva.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.