Un altro “schiaffo di Putin all’America”. Così titola la Stampa un articolo del suo corrispondente da Gerusalemme Maurizio Molinari che racconta come stia proseguendo da parte di Mosca il tentativo di mettere in imbarazzo Obama mostrando al mondo l’ambiguità e la debolezza della sua politica verso la Siria. Appena due giorni dopo la mossa a sorpresa al vertice del G20 ad Antalya, dove il presidente russo aveva usato informazioni provenienti anche dallo stesso governo americano per dimostrare davanti a tutti che «l’Isis è finanziato da individui di 40 Paesi, inclusi alcuni membri del G20» (e soprattutto inclusi gli alleati di Washington Turchia, Arabia Saudita e Qatar), ieri è stato il turno del ministro degli Esteri di Putin, Sergey Lavrov, che ha imputato all’America di fare «un gioco pericoloso in Siria, evitando di nuocere troppo a Isis». Un affondo rafforzato anche dalla visibilità appena acquisita dalla Russia con la decisione di affiancare le forze francesi «come si fa fra alleati».
ARMA ANTI-ASSAD. L’attacco di Lavrov, affidato alla tv Rossiya 1, è anche un tentativo di rivoltare contro gli Stati Uniti l’accusa di mancare appositamente il bersaglio nei bombardamenti contro lo Stato islamico in Siria. «Abbiamo analizzato i raid aerei della coalizione guidata dagli Usa nel corso dell’ultimo anno arrivando alla conclusione che sono realizzati in maniera selettiva, nella maggioranza dei casi non toccano le unità di Isis che sono capaci di portare le minacce più serie all’esercito del governo siriano», ha detto Lavrov. Gli Stati Uniti, secondo il ministro degli Esteri russo, «vogliono che Isis indebolisca Assad il più in fretta possibile, per obbligarlo a lasciare, ed al tempo stesso non vogliono rafforzare troppo Isis perché ciò potrebbe consegnargli il potere».
«NESSUN RISULTATO». Una versione, quella di Lavrov, che mira a mettere Obama in una luce molto imbarazzante perché – ricorda Molinari – arriva proprio dopo il vertice del G20 dove «il presidente Usa ha ribadito, in pubblico e privato, di non voler usare le truppe di terra contro Isis, mostrandosi esitante davanti allo scenario di un maggiore coinvolgimento militare». Ancora Lavrov: «Se guardiamo bene i risultati dei loro raid hanno dato scarsi risultati, per non dire nessun risultato, tranne il fatto che Isis è cresciuto nei territori che controlla». Secondo Mosca dunque «la politica americana indebolisce la prospettiva della Siria di rimanere uno Stato laico, dove tutti i gruppi etnici e religiosi saranno garantiti».
PARIGI? «UNA SVEGLIA». Una indiretta conferma – quanto meno a livello “strategico” – della lettura dei fatti offerta da Lavrov l’ha fornita martedì il capo dei servizi segreti del Kurdistan iracheno Masrour Barzani in una intervista alla Bbc. Alla tv britannica Barzani ha detto che la strage di Parigi «farà da sveglia alle potenze occidentali», che ora hanno tutto l’interesse a muoversi in fretta perché lo Stato islamico «può essere sconfitto in pochi mesi se la comunità internazionale si impegnasse davvero».
«AIUTATECI A FERMARLI». Barzani è stato intervistato dalla Bbc a Sinjar, importante città irachena (strategica perché a metà strada tra Raqqa e Mosul, le “capitali” del califfato in Siria e in Iraq) appena strappata ai terroristi grazie alla grande controffensiva lanciata dai peshmerga e durata appena due giorni proprio grazie al supporto aereo della coalizione a guida Usa. Tuttavia secondo il capo dell’intelligence curda lo Stato islamico non è ancora abbastanza indebolito. «Possono aver perso terreno qua e là, ma per diffondere il terrore usano mezzi diversi». Come indicano, appunto, gli attentati in Francia. «Potrebbero tentare di fare altre cose del genere se non saranno fermati e non li teniamo sotto pressione». E se i paesi occidentali sono riluttanti all’idea di mandare i propri soldati sul terreno, ha concluso Barzani, allora che intensifichino gli aiuti all’esercito peshmerga. Almeno nelle aree di loro interesse, i curdi hanno dimostrato di volere e potere combattere contro i jihadisti.
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