Il caso di Gammy, il piccolo che al contrario della sua gemellina sana è stato abbandonato dai genitori biologici alla madre surrogata in Thailandia perché affetto da sindrome di Down, non è solo un problema di «violazione della legge» che regola l’accesso all’utero in affitto nel paese asiatico.
COMUNICATO DELLA MANIF. A metterlo in chiaro è la Manif pour tous in un comunicato: «L’abbandono di Gammy ha destato un’ondata di emozione e di solidarietà per aiutare la sua vera mamma a crescerlo nelle migliori condizioni. Questo caso squallido rivela a chi non la conosce la triste realtà delle madri surrogate e di questo business: una coppia che desidera un figlio lo ordina a una donna che viene poi pregata di lasciarlo [alla coppia] nove mesi più tardi».
«NON È UNA DERIVA». Come fa notare il comunicato, «la polemica attuale (…) è stata manipolata dai sostenitori dell’utero in affitto. Si cominciano a vedere sempre più commenti legati al caso Gammy che denunciano “le derive” di questo business che si basa sull’asservimento della donna, la commercializzazione del bambino e la distruzione volontaria del legame Padre-Madre-Bambino». Spiega la presidentessa della Manif Ludovine de la Rochère: «Nel momento in cui la Francia e la comunità internazionale dovrebbero lottare con urgenza contro questa tratta umana, i partigiani di questa pratica disumana cercano di sottolineare le “derive” dell’utero in affitto per regolarizzare e legalizzare la pratica: questo è nauseante ma noi non molleremo mai la presa».
NUOVA MANIFESTAZIONE. Dopo questa premessa, de la Rochère invita il governo a ricorrere in appello contro la decisione della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha condannato la Francia imponendole di riconoscere i figli di coppie francesi nati all’estero con l’utero in affitto. Se François Hollande non farà ricorso, sarà implicitamente, e in futuro anche esplicitamente, legalizzata la maternità surrogata in Francia. Anche per questo, la Manif pour tous scenderà di nuovo in piazza a Parigi il prossimo 5 ottobre: «Perché il bambino non è un oggetto».