Oggi sul Corriere della Sera appare una lunga lettera dello scrittore e giornalista Marcello Veneziani. Si tratta di un articolo non animoso, ma schietto che è stato intitolato “Cultura laica troppo timida. Non sa difendere la famiglia”.
Prendendo spunto da recenti casi di cronaca (l’abolizione della festa del papà e della mamma in una scuola romana, del presepe, del crocifisso, l’introduzione di termini come “genitore 1 e 2”), Veneziani nota che esiste un orientamento generale che è definito «politically correct e si unisce a un galateo lessicale, tra parole che si possono dire e altre che sono vietate, se non ricorrendo a giri di parole sul tipo del “diversamente abile”».
SALVINI E BOLDRINI. Ad esempio, scrive Veneziani, pochi giorni fa c’è stato uno scontro tra Matteo Salvini e Laura Boldrini sulla questione dei campi rom. Il primo ha chiesto di raderli al suolo, la seconda si è scandalizzata, ma poi ha chiesto la stessa cosa. «La contesa era dunque solo sul verbo usato: da una parte c’era il gergo dell’autenticità nella sua brutale rozzezza e dall’altra il frasario ipocrita del politically correct. Ma la questione vera sul come procedere dopo è stata elusa. Chi non si riconosce in questo codice e nella sua retorica viene squalificato come sessista o razzista, omofobo o integralista (deplorato se tiene alle tradizioni nostrane, tollerato se invece proviene da altre tradizioni).
La questione, per Veneziani non è squalificare «chi aderisce a questo catechismo correttivo» o porre la questione «in termini confessionali, come una difesa della fede cristiana». La questione è la «libertà». Cioè come si possa all’interno di una comunità umana «esprimere sensibilità divergenti, senza cadere in alcuna accusa di fobia».
INTEGRALISMO E BASIC ISTINCT. Oggi esiste una «cultura egemone» che la fa da padrone nei media, nelle scuole e nelle università e che è rimasta «l’unico punto di coesione delle culture politiche e civili radical o di sinistra. Annovera svariati testimonial, anche nelle istituzioni, a partire dalla già citata presidente Boldrini». Il problema, nota lo scrittore, è che non esiste – o almeno, «non è visibile» – il suo controcanto sulla sponda opposta: Dov’è, infatti, «una cultura civile e politica che promuova e tuteli il valore personale e comunitario della famiglia, della religione, delle consuetudini e delle tradizioni nostrane? Perché ciò che è stata comune visione e pratica di vita condivisa per secoli o per millenni, che ha legato generazioni, viene di colpo rimossa, perfino vietata, senza che ci sia una cultura o una figura istituzionale o autorevole che ne difenda gli usi e ne motivi le ragioni? (…) Perché dovremmo lasciare all’integralismo fanatico o al rozzo basic istinct la difesa di questi modi di vita fondati sulla realtà civile e naturale?».
Il problema, dunque, è capire su quali «(condi)visioni regge il legame comunitario; se crolla, cosa può unire una società in preda agli egoismi liberati? Sono temi che riguardano la vita e la morte, l’amore e la malattia, i rapporti interpersonali e la bioetica, fino all’ideologia del gender».
UN PROBLEMA POLITICO. Il problema non è solo culturale, ma anche politico. Infatti, qual è l’area politica che oggi rappresenta tali istanze? Il fronte del politically correct «pervade gran parte del Partito di maggioranza, ad eccezione della minoranza catto-democratica, più la sinistra sparsa e l’ala libertaria del centrodestra. Ma non c’è — oltre Salvini e con maggior sobrietà e minore efficacia la piccola destra della Meloni — chi rappresenti su questi temi quel largo e profondo sentire. Soprattutto dopo la deriva anarcoide e tardo-libertaria di Forza Italia (è la pascalizzazione dell’ultimo berlusconismo)».
l’unica istituzione che rimane è la Chiesa, il Papa, la Conferenza episcopale: «Ma da un verso manca una cultura civile, laica, che traduca quel sentire in termini di civiltà e non solo confessionale. E dall’altro verso la Chiesa stessa risulta spesso irretita nella retorica dell’accoglienza che le impone di non considerare gli effetti reali e civili di certe aperture morali e umanitarie».
Per questo, è l’amara conclusione di Veneziani, «vaga nei cieli senza trovare dimora» la seguente domanda: «Perché ci si deve vergognare e nascondersi nell’esprimere il primato della famiglia, il rispetto delle religioni a partire dalla propria, l’amore per le tradizioni ereditate?».
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