Le facoltà di Medicina americane, soprattutto quelle d’élite, stanno applicando politiche di selezione degli studenti e degli insegnanti che favoriscono quanti dichiarano di aderire all’ideologia woke e alla teoria critica della razza, con ciò mettendo a repentaglio la loro missione di formare medici competenti.
Lo afferma Stanley Goldfarb, nefrologo ed ex preside della Facoltà di medicina dell’Università della Pennsylvania, presidente dell’associazione “Do No Harm” (formata da medici e professionisti della salute che intendono «proteggere la sanità da un’ideologia radicale, divisiva e discriminatoria») sulla base di uno studio sulle domande di ammissione alle 50 migliori facoltà (scuole) di medicina degli Usa. Queste sono state individuate attraverso la classifica delle 50 migliori Scuole di medicina americane stilata da US News and World Report, un periodico particolarmente specializzato nelle statistiche sull’economia, la salute e l’educazione.
L’80% delle prime 10 università
Dall’analisi dei formulari per le domande di ammissione è risultato che il 72 per cento delle 50 più importanti facoltà di medicina americane – e l’80 per cento delle prime 10 – chiede ai candidati quali sono le loro opinioni su diversità, equità, inclusione, antirazzismo e altri concetti prettamente politici.
«L’evidente obiettivo di tutto questo è di reclutare studenti che contribuiranno all’affermazione di un’ideologia divisiva, non certo di fornire le cure migliori ai pazienti», spiega Goldfarb. «Abbiamo concentrato l’attenzione sulle domande del saggio secondario che ogni scuola pone ai candidati, utilizzando un database compilato dal sito internet Prospective Doctor (una risorsa online destinata a chi vorrebbe fare il medico – ndt). Nonostante il nome, le domande del saggio secondario svolgono un ruolo primario nel processo di selezione di ciascuna istituzione. Molte scuole chiedono esplicitamente ai candidati se sono d’accordo con dichiarazioni relative alla politica razziale. Altre cercano di valutare le opinioni o l’esperienza dei candidati con i concetti woke».
La Harvard Medical School, l’istituzione di formazione medica numero uno negli Stati Uniti, sceglie il secondo approccio. Chiede ai candidati di condividere «le sfide significative che hanno dovuto affrontare nell’accesso all’istruzione: fattori socioeconomici insoliti, identificazione con una cultura, religione, razza, etnia, orientamento sessuale o identità di genere di minoranza».
Studenti “impegnati”
Quindi incoraggia i candidati a «spiegare come tali fattori hanno influenzato la vostra motivazione a intraprendere la carriera medica». È evidente che chi risponderà di avere vissuto discriminazioni e affermerà di voler fare il medico per cambiare questo stato di cose sarà preferito a chi non potrà vantare questi requisiti, indipendentemente dalla maggiore o minore propensione agli studi.
Lo stesso vale per il Vagelos College per medici e chirurghi della Columbia University, che è al terzo posto a pari merito con un’altra università. Nella dichiarazione ufficiale di intenti afferma il suo impegno per la “diversità”, quindi chiede ai candidati di dimostrare come «il vostro background e le vostre esperienze» potranno «contribuire a questo importante focus della nostra istituzione».
Altre facoltà di medicina sono ancora più dirette. La facoltà di medicina della Duke University, a pari merito al sesto posto, chiede ai candidati di illustrare la loro «comprensione della razza e del suo rapporto con le disuguaglianze nella salute e nell’assistenza sanitaria», indispensabili in forza della «posizione collettiva della Duke contro il razzismo sistemico e l’ingiustizia». La Duke afferma inoltre che si aspetta che gli studenti vadano oltre i «momenti passivi di riflessione e diventino più attivi poiché siamo impegnati ad apportare cambiamenti duraturi».
Razzismo e lgbtq+
La facoltà di medicina dell’Università di Pittsburgh, posto numero 14 della classifica, è ancora più brutale. Così si rivolge ai candidati: «Siamo interessati a combattere ogni forma di barriera sistemica, e vorremmo conoscere i tuoi pensieri per quanto riguarda la lotta contro il razzismo sistemico, la discriminazione anti-LGBTQ+ e la misoginia. Come contribuirai?».
Le principali scuole di medicina americane sembrano dare per scontato che i candidati che aspirano all’iscrizione comprendano e accettino i princìpi dell’ideologia woke. La Scuola di medicina David Geffen presso l’Ucla (classificata 19ma) chiede al candidato di descrivere come «l’ineguaglianza ha avuto un impatto su di te o sulla tua comunità e come la disparità educativa, la disparità di salute e/o l’emarginazione hanno colpito te e la tua comunità».
I valori DEI
«Naturalmente questa tendenza preoccupante si estende ben oltre le facoltà di medicina d’élite», afferma il dott. Goldfarb. «Abbiamo trovato un numero ancora maggiore di istituzioni di rango inferiore che chiedono ai candidati di dimostrare la loro buona fede woke, dal Suny Downstate Medical Center alla Scuola di Medicina Stritch della Loyola University. Pare proprio che la maggioranza delle facoltà di medicina americane vadano attivamente alla ricerca di studenti ideologicamente allineati. E non sono solo di studenti. Molte scuole si stanno muovendo per poter disporre di professori woke. Ad esempio, la scuola di Medicina dell’Università dell’Indiana di recente ha approvato nuovi standard per la promozione e il mandato dei docenti. Adesso viene loro “richiesto di dimostrare i loro sforzi per far avanzare i valori DEI” (Diversità, Eguaglianza e Inclusione – ndt)».
La medicina perderà
Conclude l’ex preside della facoltà di Medicina dell’Università della Pennsylvania: «Le scuole di medicina si sono incamminate lungo una china molto pericolosa. Queste istituzioni hanno da tempo abbassato gli standard educativi e relativi all’iscrizione in nome della diversità; ora stanno imponendo attraverso i test di ammissione un’ortodossia ideologica ai futuri medici. Ma reclutare attivisti woke anziché candidati veramente qualificati indebolirà la fiducia nei confronti della medicina e porterà a risultati negativi in termine di salute per i pazienti. Questa è l’ultima cosa che delle facoltà di medicina dovrebbero fare».
L’organizzazione radicale Project Diversify Medicine ha lanciato una petizione online per ottenere che l’Università della Pennsylvania tolga l’insegnamento al dott. Goldfarb, raccogliendo fino a questo momento 1.659 firme.
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