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Voltaire, l’illuminista impostore al servizio dei potenti

Il “papa” del laicismo «distorse la realtà per legittimare le sue ossessioni. La sua preoccupazione non era la verità, ma distruggere il cristianesimo». Intervista alla storica Marion Sigaut

Giuseppe Reguzzoni
18/01/2016 - 12:36
Cultura
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voltaire

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Storica di fama, residente in Borgogna, Marion Sigaut ha lavorato soprattutto sul secolo XVIII, con un lungo e paziente lavoro di ricerca, che ha ribaltato i pregiudizi ancora di tono apologetico sul secolo dei Lumi. Negli ultimi anni, all’attività di ricerca storica ha affiancato la scrittura di importanti opere narrative. Nel 2008 ha pubblicato presso Jacqueline Chambon La Marche rouge, les enfants perdus de l’hôpital général, che racconta la sua scoperta dei lati oscuri dell’Hôpital général de Paris, istituzione laica giansenista che coprì un gigantesco traffico di bambini. Del 2011 è la sua raccolta De la centralisation monarchique à la révolution bourgeoise, saggi di alta divulgazione storica dedicati alla Francia prerivoluzionaria. Con la sua ultima opera Voltaire. Une imposture au service des puissants (Voltaire. Un’impostura al servizio dei potenti), pubblicata presso KontreKulture (Parigi 2014), Marion Sigaut ha osato sfidare il mostro sacro del laicismo francese, con una ricerca documentatissima e del tutto “politicamente scorretta”, ma che dimostra non solo la sua grande competenza storica, ma soprattutto il suo coraggio di ricercatrice, ubbidiente solo alle esigenze della ricerca sincera della verità dei fatti.
È proprio su questo libro e sulla figura di Voltaire, il “papa” del laicismo, che l’abbiamo intervistata.

La sua è un’opera di ricerca e investigazione storica che riesce anche a essere “critica”, giacché non si ferma all’analisi dei documenti di archivio, ma riesce a formulare dei giudizi pertinenti con il nostro presente: che idea ha lei del suo lavoro?
Il mio lavoro consiste nel cercare la verità e raccontarla. Da sempre nutro il gusto per la storia, è una tradizione di famiglia. Mio padre leggeva decine di libri di storia al mese, ce n’erano tanti sparsi per casa; egli faceva delle vere e proprie razzie nella biblioteca municipale. Ho fatto come lui e per lungo tempo ho letto quasi esclusivamente dei libri di storia, saggi o romanzi. Occuparmi di storia, a mia volta, è qualcosa che ho maturato tardi, quando ho percepito la necessità di far emergere delle verità nascoste. Come nel caso della mia ricerca che riguardava il traffico di bambini. Ho sentito come un imperativo morale di andare a cercare ciò che accadeva, e la storia mi sembrava il mezzo migliore. Il seguito mi diede ragione.

Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome Tempi a Caorle per il Premio Luigi Amicone 2023 - Chiamare le cose con il loro nome
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Perché Voltaire? Perché intorno a questo personaggio si registra ancora un’infatuazione smisurata, sia in Francia sia in Italia, ancor più di quanto sia avvenuto per i suoi contemporanei?
Non volevo lavorare su Voltaire, ma l’ho incrociato nel corso delle mie ricerche poiché è imprescindibile quando ci si interessa al Settecento. Sono rimasta sbalordita nello scoprire il divario che separa ciò che si dice da ciò che fu. Incredibile. La menzogna è talmente enorme che la voglia di ripristinare il vero mi si è imposta. Bisognava dire la verità. L’infatuazione per Voltaire è la misura dell’enormità menzognera che il sistema proferisce sul nostro passato. Il pubblico ama un Voltaire che non è mai esistito. Ciò che realmente ammira è l’intelligenza, la generosità, il coraggio, l’impegno per delle buone cause, tutto ciò che gli si fa credere che Voltaire abbia difeso. La bugia è troppo grossa.

Ma Voltaire fu chiuso nella Bastiglia due volte! Continua, anche per questo, a essere presentato come il simbolo della libertà di pensiero, mentre in realtà, come lei spiega nel suo libro, Voltaire, allora ventiduenne che alla Bastiglia ci rimase pochissimo, con il suo pamphlet Puero regnante si era davvero reso colpevole di vilipendio del capo di Stato, crimine per cui, anche nell’Italia di oggi, è previsto il carcere. Si può rileggere l’agiografia voltairiana un po’ più criticamente? Si può rileggere Voltaire in maniera storicamente oggettiva, senza infrangere i dogmi della libertà di pensiero?
Criticare Voltaire significa rimettere in discussione tutto ciò che ci viene narrato circa il nostro passato. Il sistema presente ci fa credere che i Lumi furono un movimento redentore del popolo, che la Rivoluzione Francese fu un’insurrezione popolare, che Voltaire difendeva la libertà di espressione, che i re erano tiranni e che la religione cattolica fu barbarica. La realtà è tutto il contrario. I Lumi furono un movimento elitario e pieno di disprezzo nei confronti del popolo, la Rivoluzione una serie di colpi di Stato sanguinari e barbari, Voltaire un mostro, i nostri re dei protettori e la religione cattolica il pilastro dei più bei valori della nostra civiltà. Criticare Voltaire significa riscoprire la libertà di pensiero.

Già, le élites… Voltaire non amava né il popolo né gli emarginati, che disprezzava profondamente, così come disprezzava i neri, che arrivò a definire «animali dotati di parola» e gli ebrei. Voltaire, l’autore del Trattato sulla tolleranza, era un uomo tollerante?
Voltaire fu il più intollerante tra i suoi contemporanei. Lottò tutta la vita per far chiudere alla Bastiglia coloro che non gradiva e per proibire gli scritti che gli facevano ombra. Ciò che definì la sua lotta per la tolleranza consistette, esclusivamente, nell’accusare falsamente i cattolici di intolleranza al fine di predicare la tolleranza a loro discapito. Il Trattato sulla tolleranza è un tessuto di menzogne. Una vergogna.

Sembra, in effetti, che i filosofi illuministi francesi non fossero poi così tanto tolleranti e non solo verso «l’infame», cioè la Chiesa cattolica, ma persino tra di loro, come potrebbe testimoniare Rousseau.
Quando Voltaire e Rousseau si conobbero, quest’ultimo era ancora giovane e poco conosciuto, mentre Voltaire aveva già al suo attivo diverse grandi opere. Lo scontro ebbe inizio dopo il 1750, proprio in seguito alla pubblicazione del Discorso. Voltaire guardava dall’alto in basso la maniera in cui il giovane filosofo ginevrino denunciava quella raffinatezza aristocratica che a lui, invece, piaceva tanto. Voltaire frequentava soprattutto nobili e privilegiati e sdegnava la denuncia radicale delle ineguaglianze sociali da parte di Rousseau. Non si trattò solo di uno scontro intellettuale. Voltaire arrivò a denunciare Rousseau. Lo voleva in galera. E non esitò a toccare con brutalità anche la sfera della vita privata del suo rivale, rimproverando a Rousseau di aver abbandonato i cinque figli avuti con Thérèse Levasseur. Fu un confronto diseguale, che vide Rousseau emarginato e calunniato.

Eppure Voltaire non diceva di essere pronto a morire perché anche chi non la pensava come lui potesse esprimere la propria opinione?
Voltaire era pronto a mettere a morte quelli che lo offuscavano. La frase che gli è attribuita: «Non sono d’accordo con ciò che dite ma mi batterò fino alla morte perché abbiate il diritto di dirlo», è una frase inventata, tra l’altro mai da lui pronunciata, una contro-verità gigantesca che non può in nessun caso applicarsi a Voltaire.

Nel suo libro perché definisce Voltaire un «historien menteur», uno storico impostore. Che cosa rappresentava la storia per Voltaire?
La storia fu per Voltaire uno strumento di propaganda per far passare le sue idee: il liberismo, la sottomissione degli umili, l’elitarismo più forsennato. Se si osserva ciò che racconta sull’affare Calas, quello del Cavaliere de la Barre o sull’affare Damiens, tutto ciò che scrive consiste nel distorcere la realtà per legittimare le sue ossessioni. La verità non era il suo problema, se ne infischiava… Ma dato che sapeva che era ciò che il pubblico reclamava, se ne avvaleva: «Per tutta la mia vita ho cercato la verità» è la sua bugia più grande. Nell’affare Calas, ad esempio, ha iniziato la sua campagna di riabilitazione prima ancora di conoscere le dinamiche e l’esito della vicenda. La verità era l’ultima delle sue preoccupazioni. Voleva «schiacciare l’infame», ovvero distruggere il cattolicesimo. Al prezzo di tutte le sue bugie.

Già, un maestro di propaganda. L’affaire Calas. Sui libri di storia si legge che Voltaire fece riabilitare un uomo condannato per aver ucciso il proprio figlio, ma si tace circa il fatto che il movente era che quel figlio si era convertito alla Chiesa cattolica. Calas apparteneva alla minoranza protestante e furono i circoli protestanti, il cui esponente più importante era lo svizzero Necker, poi divenuto ministro delle finanze, a sostenere la revisione del processo. In realtà, il crimine non fu smentito. Il processo fu semplicemente invalidato per vizi di forma. Nel suo libro lei dà una versione nuova anche dell’affaire del Cavaliere de la Barre, giustiziato per aver vilipeso il Crocifisso e deriso una processione religiosa. Altrove lei ha scritto, sinteticamente: «Non ho mai detto che La Barre non sia stato giustiziato per dei pretesti religiosi, ma che non lo fu per opera della Chiesa né su sua pressione. Nel secolo XVIII i magistrati laici interferivano negli affari ecclesiastici, molto più di quanto la Chiesa facesse nella sfera laica. È un dato di fatto. Quegli stessi magistrati, totalmente laici, non solo non appartenevano alla Chiesa cattolica, ma spesso continuavano a battersi contro di essa, usando come pretesti i sacrilegi». Nel suo libro spiega che simili sentenze di blasfemia e vilipendio, di solito, venivano commutate in pene carcerarie o pecuniarie. In questo caso i magistrati, illuminati e anticlericali, vollero creare il caso, quello che, poi, Voltaire cavalcò facendone il pretesto per un attacco a tutto campo contro il cristianesimo, considerato la radice di ogni intolleranza. Perché è importante ricostruire quell’episodio in maniera corretta?
La vicenda del Cavaliere de la Barre è essenziale nell’argomentario anticattolico. Quasi alla stregua della caccia alle streghe. Quando si vuole accusare la Chiesa di barbarie, quando si vuol spiegare che il messaggio evangelico è un inganno e che il cristianesimo è sanguinario, in Francia si sfoderano i roghi e la vicenda La Barre. Tuttavia, tutto ciò che sappiamo a proposito della vicenda La Barre è stato inventato da Voltaire. Voltaire è il bugiardo della Repubblica.

Sì, nel senso che ha ampiamente falsificato la storia, diffondendone una sua versione ancor oggi ampiamente diffusa, anche attraverso la scuola, quella per cui la religione è la madre di tutte le intolleranze. Torniamo, quindi, al presente. Subito dopo gli atti terroristici di Parigi, quasi due mesi fa, molti dirigenti scolastici dei licei italiani hanno invitato a commemorare le vittime leggendo un brano dal Trattato sulla tolleranza di Voltaire. Contro il jihadismo (sempre che la versione ufficiale sia vera) si è fatto appello alla laicità e alla neutralità dello Stato e della scuola. In Italia ci sono state scuole che hanno vietato le canzoni di Natale… Del resto è la medesima linea seguita, in maniera ancor più radicale, proprio dal governo Hollande: la laicità contro l’identità o le identità. Al Teatro alla Scala di Milano, la sera dello scorso 7 dicembre, nello spettacolo di apertura Giovanna d’Arco è stata messa in scena come una jihadista, fanatica e immorale. Ecco, appunto: Voltaire, e non Giovanna d’Arco… Ma è Voltaire la risposta al fanatismo islamico?
Voltaire è anzitutto nemico del popolo. Era anticattolico perché il popolo era cattolico, ed era convinto che occorresse ridurlo in schiavitù. Non possiamo neanche immaginare quanto i nostri avi fossero più liberi di noi. La laicità di Stato è una menzogna. Lo Stato è massonico, non è affatto laico. La vera laicità è quella definita da Gesù: «Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Nondimeno le élites non vogliono distruggere la religione, vogliono controllarla. Voltaire soprattutto voleva che si conservasse una religione al popolo, per poterlo controllare e asservire. È l’indipendenza della Chiesa che volevano e vogliono distruggere. Giovanna d’Arco fu una donna di cuore e di fede che volle mettere fine alla sciagura che gravava sul popolo francese. Coraggio, dignità, abnegazione nella lotta, amore verso il popolo e verso Dio: se questo è jihadismo mi sono persa una puntata. Pretendere che fosse una fanatica è veramente fuorviante.

Nella Francia di oggi c’è ancora posto per Giovanna d’Arco, una delle figure storiche più calunniate da Voltaire? Il sistema-Voltaire è invincibile?
Sì. Esiste ancora un posto per l’eroismo in Francia. Certamente. Tornerà, tornerà. Non so in che modo, ma tornerà. Non soltanto il sistema voltairiano non è invincibile, ma è vinto. È finito. La gente non ci crede più. Internet ha denunciato l’infame. Ha perso. Oggi entriamo in una nuova fase, molto pericolosa nel presente, ove il sistema sa di aver perso e che non è più capace di convincerci. Gli rimane la forza. Oggi si vincono delle elezioni con il 15 per cento dell’elettorato, gli 85 per cento dei rimanenti guardano ancora la tv, ma hanno anche internet. Quando il sistema ci racconta una bugia, entro sera è già smascherata. La verità sta marciando. Ineluttabilmente. 

Tags: FranciaMarion Sigautrivoluzione franceserousseauvoltaire
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