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Voci di tregua. E voci disperate da Israele e Gaza

Di Giancarlo Giojelli
14 Dicembre 2024
Sul confine con la Striscia, i kibbutzim raccontano i giorni di prigionia e l'ansia per i familiari rapiti. Intanto, i gazawi inviano messaggi pieni d'angoscia: «Scaviamo tra le macerie, ci sono bambini che urlano. È una tragedia»
Striscia di Gaza, 13 dicembre 2024 (foto Ansa)
Striscia di Gaza, 13 dicembre 2024 (foto Ansa)

La ruspa abbatte i resti anneriti della scuola devastata dai terroristi di Hamas nel kibbutz Nir Oz. Qui, 46 abitanti su 400 sono stati uccisi e 71 sono stati rapiti dai terroristi il 7 ottobre dello scorso anno. È l’inizio dei lavori di ricostruzione. Nella cabina di manovra c’è posto per due ragazzini, anche loro sono stati ostaggi, liberati dopo un mese: un simbolo vivente della volontà di ricominciare. Era la loro scuola. Intorno tante persone: celebrano tra lacrime e sorrisi un momento di dolore e di speranza: ci vorranno almeno due anni per completare l'opera.

Tra loro c'è Yoeveth Lifshitz, 86 anni, anche lei rapita e tenuta in ostaggio per 17 giorni. Suo marito, Oded, 87 anni, è ancora nella lista dei prigionieri. «Di lui non so nulla - dice a Tempi -. Sono arrivati al mattino, gridando, sparando e lanciando bombe. Si sentivano urla di donne, ragazze catturate, noi eravamo in casa, ci hanno portato via minacciandoci con le armi puntate alla schiena. Pensavo che mi avrebbero ...

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