Caro Vittorio, non farlo più. I meridionali sono i tuoi lettori
Cronache dalla quarantena / 41
Sciagurato di un Feltri Senior che per sommo disprezzo della vanità hai saltato il fosso e ti sei messo a dire (e a ribadire) la stronzaggine che quattro pusillanimi, invidiosetti dell’allegria della tua scrittura, altro non aspettavano che tu dicessi e ribadissi. Per scatenare l’indignazione dei popoli diseredati della terra. Per trascinare te in tribunali civili e penali. Per dare fiato agli istigatori all’odio a denominazione di origine controllata e garantita.
Ma ti rendi conto, Vittorio? Hai fornito il destro a quattro “non pervenuti” per sfruttare l’opportunità di ritrovare quel minuto di celebrità (Indignazione e famoso Web che “insorge-ge-ge”) smarrita in quelle lontanissime notti in cui tutte le vacche dei popoli viola e fax erano nere, ma proprio nere.
Anche per quanto appena detto non è per niente accettabile il tuo sputazzo insensato alla categoria dei “meridionali”. Vogliamo giocare al gioco degli oppressori che cercano di mettere Nord e Sud in guerra fratricida? Gli italiani l’uno contro l’altro di stupidità armandoli?
Vittorio, tu hai tradotto in insulto razzistico un momento di incazzatura giusto e necessario: tutto questo fango gettato addosso alla Lombardia nel momento in cui un popolo sta affogando, e loro, gli eroi, i coraggiosi, i giusti con la moralità all’altezza del cavallo di un jeans griffato, i profittatori di sinistra, bastonano la Lombardia per il cinico calcolo di proteggere il famoso sindaco Sala Beppe del famoso hashtag. E, cinico calcolo 2, per sostituire lo strepennato ma serio, faticone e bravo governatore Attilio Fontana con il fighetto Pd sindaco di Bergamo. Il Giorgio Gori. Roba che non lo manda Picone. Lo manda la sciccheria dalla erre arrotata e Negroni Zingaretti.
Vittorio, sei un guascone di tre cotte, che con quattro pani e pesci ha dato lustro agli inchiostri delle tipografie qualunque testata tu abbia sfiorato nel tuo lungo cursus honorum. E questo perché il tuo giornalismo rende onore ai lettori, li capisce, non soltanto liscia loro il pelo, ma si immedesima, vive e lotta insieme a loro. Talvolta sei così geniale da cingerli ai fianchi, i tuoi lettori, e portarli dove non vorrebbero andare.
Perciò, maestro: come hai fatto a dimenticare, in uno di quei momenti di tigna in cui da un po’ ti lasci trascinare, che se c’è un lettore che si infiamma per la tua franchezza di prosa e di linea editoriale, quello è il meridionale? Il meridionale che non bazzica le élite ruffiane e tanto meno le camorre? Il meridionale che studia, che lavora e che come noi tira patriotticamente la carretta?
Tutt’altro che “inferiori” – ché “inferiore” è proprio un aggettivo di uno che si lascia invecchiare senza reagire – i meridionali stanno nella nostra condizione di oppressi da quella élite di variamente sinistroidi (“le quattro sinistre di governo” come le chiama Berlusconi) che hanno fatto di questo paese uno scorreggiatoio di retorica e ipocrisia. Ossa di manette. E fiorire di salotti, carriere e denari nel nome delle professioni di madama la marchesa anti mafia, anti casta, anti qualcosa. Non farlo più, Vittorio.
D’accordo, i sardi non sono meridionali. Sono isolani. Però quando si inizia a dividere non si sa mai dove si arriva. Perciò, chiedi lo stesso scusa, alla maniera calda e malandrina che sai fare tu, anche alla mia vicina di casa di questa collina di Gallura. Buona e onesta donna che ti legge e ti stima in una terra dove il lavoro latita come nel Meridione non isolano (e quest’anno sarà carestia anche per i gatti: -98 per cento di ingressi in Sardegna negli ultimi due mesi e una estate da turismo al 30 per cento se va bene).
Insomma, i meridionali sono i tuoi lettori, non farli mettere in difficoltà dalle varie trimurti, espressione di fantasia per dire quelli che conosciamo delle divinità false, razziste e (veramente!) istigatrici all’odio. Che spadroneggiano al Sud con le loro (vere!) mafie, dalle scuole ai ministeri. Fai come me, Vittorio, ma soprattutto fai come l’invincibile massacrato dalle procure e mai domo della politica italiana. Berlusconi che – «qualche verme annidato nei giornalacci», questo è il lessico di Marco Travaglio, uno dei più coraggiosi eroici direttori dello scorreggiatoio italico – ci è diventato ricco e anziano a dargli dell’inferiore.
Berlusconi. L’uomo che si sbarazzò di Travaglio col semplice e puro gesto di un fazzoletto utilizzato come spolverino della sedia chez Santoro su cui poco prima era stato seduto il Re Sole del Fatto. Berlusconi. Che ieri mattina, mentre il premier Giuseppe Conte partiva per l’Europa mogio mogio, come un fraticello questuante e senza fede, rilanciava con la sua firma sicura e solare: «Siamo un’opposizione responsabile che si stringe alle istituzioni, quando c’è l’emergenza, quando sono in pericolo gli italiani».
Siamo italiani, e sentirsi italiani è indispensabile per sconfiggere un volta per tutte ipocriti e falsari buoni di fare solo le ballerine con l’impermeabile della sovrana Indignazione. E reggere la corda al boia.
Vittorio, ricordati che dobbiamo aiutare una sommossa resurrezionalista. Non cadere nella trappola – sempre così suggestivamente attuale e veritiera – della favola di Esopo l’agnello e il lupo.
Foto Ansa
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