Vittadini: «Principi non negoziabili, ma valorizziamo anche non profit e ciò che nasce dal basso»
Il Corriere della Sera ha pubblicato oggi una lettera di Giorgio Vittadini. Scrive il presidente della Fondazione per la sussidiarietà: «Soprattutto in un momento di crisi, di incertezza, di difficoltà della classe politica ad apparire credibile, la competizione elettorale può rappresentare l’occasione per maturare maggiore consapevolezza e responsabilità verso ciò che accade nel nostro paese. Chi – come accade in una comunità cristiana – si educa a vivere in modo profondo la sua umanità (…), non può non desiderare che sia sempre affermato il valore di ogni singola persona e che tutte le energie positive che si annidano nella società sostenute da ideali diversi, vengano liberate. Che cosa può favorire questo?».
DIFESA DEI PRINCIPI NON NEGOZIABILI. «Innanzitutto – continua – la fondamentale difesa dei principi non negoziabili. Ma non basta. Occorre anche battersi per un reale pluralismo, non solo elettorale o partitico, ma culturale e sociale, garanzia di democrazia sostanziale. Inoltre, affinché l’educazione della persona nel senso descritto sia al centro nella società, è decisivo un sistema dell’istruzione che valorizzi il merito e nello stesso tempo dia una effettiva pari opportunità ai meno abbienti, puntando su libertà di insegnamento, creatività di insegnanti e studenti, autonomia delle scuole pubbliche e parità delle scuole libere».
RISPETTO DEL NON PROFIT. Vittadini ricorda l’esigenza di «una sana competizione nel sistema universitario» e l’importanza di «incentivare chi occupa, investe, esporta e sbloccare il mercato del lavoro affinché un percorso lavorativo possa essere più flessibile, ma non più precario». Servirà anche «riscoprire il valore delle imprese non profit nate dalle realtà sociali (non per niente laddove il welfare è più sussidiario sanità e assistenza costano meno e sono più efficaci)».
RIFORMA DELLA GIUSTIZIA. Il presidente della Fondazione per la sussidiarietà sottolinea ancora l’importanza dell’appartenenza all’Unione Europea e il coraggio «che bisogna avere di intervenire sull’origine del debito, che è l’inefficienza della macchina statale, della burocrazia centrale e locale, dei finanziamenti a pioggia a un certo mondo associativo collaterale alla politica». Infine, spinge per una «riforma della giustizia che rispetti i principi costituzionali: la garanzia di un’effettiva indipendenza dei tre poteri dello Stato, la presunzione d’innocenza di un imputato e la carcerazione (non preventiva!) a scopo redentivo». E tutto questo, conclude, può essere attuato solo da «candidati credibili», vecchi o nuovi che siano, perché «occorrono solo forme di governo che valorizzino ciò che nasce dal basso, favorendo un nuovo sviluppo, imperniato sulla libertà delle persone e delle formazioni sociali, in un’ottica sussidiaria e solidale».
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