Un premier forte, coraggioso, virile. Cioè donna. Intervista a Meloni

Di Fabrizio Ratiglia
23 Settembre 2017
Chi lo dice che il prossimo presidente del Consiglio non possa essere una giusta sintesi tra le posizioni di Berlusconi e quelle di Salvini? «Ho le carte in regola per competere»

meloni ansa

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Giorgia Meloni è pronta ad affrontare la fine della legislatura e far valere la sua spinta per aggregare finalmente il centrodestra. È convinta che, complice le divisioni a sinistra e gli autogol dei Cinquestelle, la vittoria sia davvero dietro l’angolo. Basterebbe volerla realmente, ma lei non si spiega perché Matteo Salvini e Silvio Berlusconi ancora non trovino l’accordo. La sintesi per un governo di coalizione è pronta a rappresentarla direttamente lei, candidandosi a Palazzo Chigi per diventare la prima donna presidente del Consiglio.

Nel tempo, in Europa si sono affermate leadership femminili e conservatrici. In Germania impera Angela Merkel. In Gran Bretagna, seppur con qualche problema, maggioranza e governo sono affidati a Theresa May. Che cosa manca all’Italia per una leadership femminile?
L’Italia continua ad avere molti problemi ad accettare come guida politica una donna. Ma la storia insegna che se qualcuno può riuscirci è proprio il centrodestra. L’abbiamo fatto per primi scegliendo donne per la guida di sindacati, la direzione di giornali, le candidature a sindaco. E lo prevede la nostra cultura meritocratica dove tutte le scelte vengono prese in base all’impegno, al lavoro, all’entusiasmo e nulla è mai regalato. Per questo motivo non abbiamo mai difeso il sistema delle quote rosa, cioè il solito vecchio pregiudizio che una donna possa affermarsi solo grazie al sostegno o a una concessione di un uomo e non per la propria bravura e per la determinazione che dimostra ogni giorno. Io, che ho sempre contato solo sulle mie forze, ne sono la prova vivente.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]C’è ancora un tabù per le donne al vertice della politica?
Esiste ancora, ma io sono anticonformista di natura. Non accetto che mi venga detto “questo non lo puoi fare”: l’esempio tipico è quando alle elezioni per Roma mi dissero che era impossibile per una donna incinta fare la campagna elettorale. Ci sono riuscita e se mi avessero appoggiato pienamente avrei potuto anche vincere.

A proposito di tabù, in Italia lei è l’unico leader di partito donna. Si sentirebbe di candidarsi per la premiership?
Dobbiamo ancora stabilire le regole che seguiremo per scegliere il futuro premier e deve essere un metodo che prevede la partecipazione del popolo: il partito che prende più voti, la persona che ottiene più preferenze o altri sistemi. Ma non accetterò veti su una donna a Palazzo Chigi. In caso di una larga vittoria del centrodestra, e abbiamo tutte le possibilità per riuscirci, il nostro presidente del Consiglio sarà espressione di un’alleanza fra tre partiti che propongono una ricetta comune, forte e coraggiosa. Non sarebbe un governo del presidente né tanto meno quello di un uomo solo o di una donna sola al comando, ma un governo di coalizione. Nel contesto attuale, chi dice che la nostra non potrebbe essere la giusta sintesi unificante tra le posizioni liberali e conservatrici di Berlusconi e quelle più drastiche di Salvini? Ritengo di avere tutte le carte in regola per poter competere.

Lei più volte si è espressa a favore di una legge elettorale maggioritaria che riunisse il centrodestra e consentisse la sera delle elezioni di sapere chi ha vinto e chi ha perso, evitando inciuci parlamentari del giorno dopo. Salvini è d’accordo ma Berlusconi è fermo sul proporzionale. E anche Renzi, con una sinistra così spaccata, è molto improbabile che si convinca. Qual è il punto di caduta?
Si andrà a votare con questa legge, anche perché in pochi hanno interesse a cambiare se non per votare con una legge ancor peggiore: l’Inciucellum. Chi difende il sistema tedesco temo non voglia vincere. È matematicamente impossibile in un sistema tripolare vincere le elezioni con quella legge elettorale. Il tedesco lo vuole Renzi perché spera di fare un altro governo di larghe intese, lo vuole Berlusconi perché, devo dedurre, anche lui è disponibile a farlo. Lo vogliono i Cinquestelle perché così hanno la garanzia di non vincere le elezioni e non non replicare, a livello nazionale, la figura barbina che stanno facendo a Roma. Lo vuole Salvini e ancora non ho capito perché. Io non voglio assolutamente l’Inciucellum perché voglio vincere le elezioni e governare l’Italia.

Che succede a fine mese quando alla Camera arriva la legge elettorale? Ci teniamo le due leggi che ci ha lasciato la Consulta, non armonizzate e con soglie diverse per Camera e Senato?
Sarebbero comunque meglio del tedesco…

Parliamone. Il sistema tedesco si era bloccato con l’approvazione di un emendamento che modificava i collegi del Trentino Alto Adige. Ora per ripescarla è stato presentato il Lodo Brunetta, e quella modifica non vale per le prossime elezioni.
È una legge fatta contro gli italiani. È una legge che prepara il governo Draghi e chi la vota se ne prenderà ogni responsabilità. Io continuerò a presentare decine di emendamenti al tedeschellum, in particolare sulle preferenze e contro la vergogna delle liste bloccate. Sono fiduciosa che non si trovi una maggioranza per approvarla e comunque faremo una battaglia durissima per fermarla.

Nel caso in cui il centrodestra non ottenga la maggioranza alle prossime elezioni, è verosimile che il centrodestra faccia un governo con il Pd?
È verosimile, purtroppo, che lo faccia Forza Italia perché questo dice la posizione che Berlusconi ha preso fino ad oggi sulla legge elettorale, almeno per chi sa leggere la politica.

È verosimile uno scenario da «legislatura costituente», come quello evocato su Tempi dal leghista Giancarlo Giorgetti?
Ribadisco, talvolta non capisco i motivi di certe posizioni che prendono la Lega e Berlusconi. Sembra quasi non vogliano vincere. Io dico che bisogna vedere quale è la legge elettorale e comportarsi di conseguenza con l’obiettivo di ottenere la maggioranza.

In più occasioni, lei, Salvini e Berlusconi avete ribadito che nel centrodestra non c’è spazio per Angelino Alfano, che ha fatto la sua scelta alleandosi in Sicilia con il Pd e stringendo un patto con Renzi per le politiche. In Ap c’è molto fermento. Una parte del partito, soprattutto l’ala nordista che fa capo a Maurizio Lupi, non si riconosce nella svolta. Per loro c’è ancora spazio nella vostra coalizione?
Credo che si possa valutare caso per caso le posizioni di coloro che in Ap sono stati meno imbarazzanti di Alfano. Coloro che hanno tentato di convincere il proprio partito a non compiere scelte folli solo per restare aggrappati alla propria poltrona.

Il M5s si candida apertamente a governare il paese. Ha preparato un programma completo, settore per settore, e lo illustrerà presto ai vari stakeholder italiani e stranieri. Non è ancora ufficiale ma il candidato premier sarà Luigi Di Maio. Perché secondo lei è “unfit to lead Italy”?
I Cinquestelle avevano preparato anche la giunta di Roma (sorriso ironico, ndr)… Il problema non è Di Maio che anzi è anche uno dei più presentabili, il problema è che i Cinquestelle non hanno una visione politica, non c’è nulla dietro, non hanno una visione del mondo. Fanno politica studiando solo i big data, monitorando l’umore dell’opinione pubblica per poi preparare la dichiarazione di giornata. Non hanno idea di cosa sia la coerenza e hanno votato tutto e il contrario di tutto, seguendo esclusivamente la convenienza del momento. Fanno politica solo per prendere i voti, invece di prendere i voti per fare politica. Non hanno una classe dirigente e non sanno dove mettere le mani. Roma insegna. Se andassero al governo, l’Italia non si riprenderebbe più.

Alla Festa dei patrioti di Atreju ci sarà anche il ministro Minniti, l’uomo che ha fermato gli sbarchi. È del Pd, voi l’avete definito in passato «molto fumo e poco arrosto» ma di fatto è riuscito a far crollare gli arrivi sulla penisola. Ha applicato la vostra ricetta?
In parte sì. Dopo tre anni in cui venivamo insultati e in cui, tra le risate altrui, proponevamo una missione europea, l’accordo con i governi libici, gli hot spot in Africa, la redistribuzione di chi ha realmente diritto all’asilo, Minniti ha iniziato a fare cose simili. L’ha fatto per ragioni di consenso, perché arriva la campagna elettorale e per far dimenticare la politica disastrosa del Pd. Ma resteremo vigili perché non dimentichiamo che Minniti è anche il ministro che, talvolta, fa un passo avanti e due indietro. La vicenda delle occupazioni di Palazzo Curtatone a Roma insegna. Prima ha sgomberato l’immobile applicando le leggi e poi, promettendo a tutti gli abusivi una sistemazione, di fatto ha garantito una casa a chi viola quelle leggi in barba a tutte le liste di attesa di chi ne ha veramente diritto e non occupa.

Complici gli ultimi fatti di cronaca, ormai la metà degli italiani vede gli immigrati come una minaccia. Non molto tempo fa la percentuale era intorno al 20 per cento. Sono stati i sondaggi a convincere il Pd a congelare lo Ius soli?
Penso proprio di sì. In ogni caso bisogna dire la verità. In Italia non c’è bisogno di un’altra legge perché siamo già il secondo paese europeo per concessioni di cittadinanza, ben 202 mila lo scorso anno. Il vero problema è che non ci occupiamo più degli italiani visto che sono appena 463 mila i nuovi nati. Ma diciamolo chiaramente: il vero obiettivo di questa corsa sono i voti, visto che lo Ius soli è soprattutto una sanatoria che riguarda circa 800 mila persone che diventerebbero subito elettori.

Il Pd compatto ha fatto approvare dalla Camera il ddl Fiano sull’apologia del fascismo. L’ha fatto anche per dare un segnale all’opinione pubblica e ai potenziali alleati che il partito di Renzi è pur sempre di sinistra? Quante possibilità ci sono che venga approvato anche dal Senato?
Spero nessuna perché siamo alla follia. Se il ddl Fiano fosse approvato anche dal Senato saremmo al regime, non avremmo più libertà di espressione. Questa legge dovrebbe servire a punire chi propaganda le idee fasciste e razziste. In realtà serve a mettere le basi per impedire a chi non è d’accordo con il Pd di dire la sua. Con il ddl Fiano siamo tutti a rischio. Anche io. Quando dico – e lo ripeto sempre perché è una nostra linea politica – che in assenza di lavoro per gli italiani dovremmo limitare gli accessi di stranieri, sono spesso tacciata di essere razzista. Ebbene, applicando il ddl Fiano secondo i canoni dell’ideologia totalitaria della Boldrini, io rischierei il carcere. Ma non solo: dovremmo eliminare dai libri di scuola addirittura Montesquieu e Voltaire, i padri dell’Illuminismo che nei loro testi avevano posizioni apertamente razziste. Siamo alle solite: il tema del fascismo è quello dietro al quale la sinistra si nasconde sempre, specie quando ha qualcuno da criminalizzare o quando vuole far dimenticare le sue nefandezze.

Lei è l’unica donna leader di partito in Italia, è stata il parlamentare e il ministro più giovane della storia della Repubblica, è anche mamma di una bellissima bimba. Sovranista di potere, un’anti Boldrini ma non in camicia nera. Cosa manca a Giorgia Meloni per diventare una donna del tutto felice?
Un altro figlio!

@ratiglia

Foto Ansa

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