Il Deserto dei Tartari

L’Ucraina come Stalin: niente parata militare per festeggiare la vittoria sul nazismo

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La stampa internazionale ha trascorso il 9 maggio contando il numero dei cannoni, dei missili a testata nucleare e dei soldati che hanno sfilato sulla Piazza Rossa, dei caccia che sono sfrecciati nel cielo, dei moscoviti ed altri russi che hanno applaudito al passaggio. Ha compulsato le parole del discorso di Vladimir Putin alla ricerca di conferme e sviluppi. Scritto che la Russia è tornata alla politica di potenza, ora bisogna cercare di capire quanta sia la potenza che essa vuole proiettare e quali saranno le prossime mosse del suo astuto ma impulsivo (così viene descritto) presidentissimo. Forse i media internazionali avrebbero fatto meglio a concentrare la loro attenzione sulle celebrazioni della vittoria sovietica sul nazismo svoltesi in un luogo diverso dalla capitale russa, luogo il cui nome hanno invano cercato nel discorso di Putin: l’Ucraina. Parola che Putin non ha mai pronunciato nei suoi discorsi di giornata. In Ucraina per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra mondiale il 9 maggio è stato celebrato (o meglio: non celebrato) in modo diverso da quel che si faceva al tempo dell’Unione Sovietica e poi da quello che si faceva in tutti gli stati nati dalla sua dissoluzione, con l’eccezione delle tre repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania). Dunque per capire cosa ci aspetta nei prossimi mesi bisognava guardare più a Kiev che a Mosca.

In Ucraina per la prima volta da sempre la vittoria sul nazismo non è stata festeggiata con parate militari di nessun tipo: né con dispiego di armamenti pesanti, modalità reintrodotta da Vladimir Putin nel 2008, né con sfilate di soldati con le loro armi d’ordinanza. Il governo ha deciso, per motivi di ordine pubblico, di non organizzare né parate né cortei, ma solo una deposizione di corone di fiori a un monumento dei caduti in Kiev. Nella capitale ucraina 3 mila simpatizzanti del Partito delle regioni (quello del fuggitivo presidente Yanukovich) e del Partito comunista hanno sfidato l’ostilità ambientale con un loro corteo autonomo. A Odessa e Kharkov gli abituali eventi celebrativi sono stati cancellati, a Lugansk, dove il braccio di ferro fra filo-governativi e filo-russi è molto intenso, sono stati semplicemente vietati gli assembramenti, ma centinaia di persone si sono pacificamente riunite con le loro bandiere e le loro medaglie. A Sebastopoli, invece, città ucraina in base al diritto internazionale ma da poche settimane russa in forza dei fatti, il 9 maggio è stato sfarzoso, con 150 mila persone alla manifestazione della mattina, l’arrivo di Putin in città e poi la sua partecipazione a un evento navale, con cui la flotta russa nel Mar Nero ha celebrato la Grande Guerra patriottica (nome con cui in Russia è normalmente chiamata la Seconda Guerra mondiale).

La frammentazione celebrativa, il tono minore e le tensioni non sono le sole caratteristiche distintive del 9 maggio della nuova Ucraina: anche i simboli sono diventati motivo di scontro. Il nastro nero e arancione sovrastato da un’aquila bicipite dell’Ordine di San Giorgio, simbolo del valore militare dei soldati sovietici contro gli invasori tedeschi, è diventato motivo di lite: ostentato dai manifestanti filo-russi, demonizzato dai nazionalisti ucraini, che hanno proposto di metterlo fuorilegge in quasi tutte le manifestazioni pubbliche in quanto “simbolo estremista della Federazione Russa”. Così le commemorazioni dei caduti antinazisti sono diventate occasioni per manifestare opinioni politiche sulla politica odierna: chi mostrava il nastro dell’Ordine di San Giorgio era un filo-russo, chi ostentava il simbolo del papavero rosso (tipico dei paesi anglosassoni e nato per commemorare i caduti della Prima Guerra mondiale) era un nazionalista ucraino. La storia dell’Ordine di San Giorgio nell’Unione Sovietica e nella Russia di oggi è particolarmente interessante per capire l’evoluzione della politica e della coscienza nazionale attraverso due secoli e mezzo, in Russia e in Ucraina. La Rivoluzione del 1917 abolì la decorazione, che era stata ufficializzata in epoca zarista ed era la più alta esistente. Però quando Stalin istituì il titolo di Guardia sovietica e l’Ordine della Gloria fra il 1941 e il 1943, in piena guerra, i nastri delle medaglie riproponevano esattamente i colori nero e arancione dell’Ordine di San Giorgio. Che fu poi pienamente riabilitato e infine reintrodotto ufficialmente come massima onorificenza militare della Federazione Russa durante la presidenza Eltsin. Dal 2005 i nastri con i colori nero e arancione vengono distribuiti al pubblico che partecipa alle sfilate militari.

Gli ucraini che hanno celebrato sommessamente la vittoria sovietica contro il nazismo (e gli ultranazionalisti di Leopoli e Kiev che semplicemente non l’hanno celebrata in ragione della loro ideologia) possono accusare i russi e i crimeani che hanno acclamato Putin in occasione degli eventi del 9 maggio di parecchie cose, ma non certo di stalinismo. È vero che la Federazione Russa non ha ancora fatto i conti col suo passato sovietico, inclusa la lunga era staliniana, ma è un fatto storico che il leader comunista che più tentò di ridimensionare il 9 maggio è stato proprio Stalin. Festeggiata nel 1946 sotto forma di festività retribuita e sfilata militare, la giornata della vittoria nella Grande Guerra patriottica su soppressa l’anno immediatamente successivo. Stalin temeva che essa avrebbe rafforzato politicamente le forze armate a svantaggio del partito comunista. Il maresciallo Zukov, vincitore di Stalingrado e capo delle truppe che presero Berlino, fu relegato a governatore militare di Odessa per la stessa ragione. Il 9 maggio così come lo conosciamo in Occidente, con la sfilata dei carri armati e dei missili nucleari sulla Piazza Rossa e le folle festanti, l’ha inventato Leonid Breznev nel 1965: già allora chi sedeva al Cremlino non cercava più la propria legittimità nell’ideologia comunista e nell’utopia rivoluzionaria, ma in un evento patriottico che aveva forgiato una nuova unità del popolo. Il complesso militar-industriale che dava lavoro a milioni di persone e le pensioni generose ai reduci della guerra sono stati la base del consenso sociale reale nei confronti del regime sovietico negli anni Sessanta e Settanta.

Sessantasette anni dopo, i governanti ucraini sembrano pensarla proprio come Stalin: meglio ridimensionare il 9 maggio, i militari russi ubriachi di vittoria fanno paura.

@RodolfoCasadei

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2 commenti

  1. Raider

    Non riesco a esprimere il dolore che provo di fronte a questa guerra guerreggiata combattuta fra popoli che ammiro e amo perché ho avuto modo di conoscerli, al di là di bandiere nazionali e di partito; tanto più se penso che a seminare zizzania è l’Occidente a guida obamiana, che si erge a difensore di qualche causa altrui per creare tensioni ovunque: e naturalmente, quando c’è da proteggere qualcuno a titolo gratuito, tanto più se c’è da rimetterci qualcosa, se la fa alla larga, come nel caso del popolo tibetano.

  2. sharrk

    ma per favore!!

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