“Uccisero anche i bambini”. La beatificazione senza precedenti della famiglia Ulma
Coglie nel segno il cardinale Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero vaticano per le Cause dei Santi: quella che avverrà domenica 10 settembre sarà davvero «una beatificazione senza precedenti». A Marcowa, comune polacco di 7.000 abitanti a 60 chilometri dal confine ucraino, verrà portata agli altari un’intera famiglia, quella degli Ulma, colpevole di aver nascosto in casa, salvandoli dalla soluzione finale, otto ebrei.
Una “pista” inedita nella storia della santità
Per il cardinale prefetto troppi gli elementi per non parlare di una “pista” inedita nella storia della santità: «un’intera famiglia che ha subito il martirio; poi l’esame della loro causa di beatificazione […] condotto insieme, insieme è stato approvato il decreto e insieme sono beatificati». Che la Chiesa abbia considerato martire anche un bambino ancora nel grembo della madre, il settimo figlio degli Ulma, «è un fatto ancora più nuovo. […] Penso, per un caso simile, a quello dei Santi Innocenti [i bambini uccisi da Erode il Grande a Betlemme, ndr]. Anche questa creatura, la cui testa e parte del piccolo corpo sporgeva dal ventre della mamma, come fu trovata nella fossa comune nella quale era stata sbrigativamente sepolta tutta la famiglia dopo l’eccidio, è stata ritenuta meritevole di martirio».
Se le “stranezze” elencate (secondo il cardinal Semeraro «mai contemplate nel Martirologio») stanno attirando l’attenzione anche della stampa laica, non meno forte, nella sua atrocità, è l’episodio da cui tutto è partito. Nella notte tra il 23 e il 24 marzo 1944 un gruppo di militari nazisti piombò nella fattoria degli Ulma. L’assassinio di tutti i presenti fu condotto in maniera sistematica, capillare. Non si doveva salvare nessuno. Non gli ebrei nascosti, ovviamente, ma neanche i sette bambini di Józef e Wiktoria, disperati e urlanti alla vista dei genitori riversi a terra in una pozza di sangue. I nazisti spararono anche a loro: Stanisława, 8 anni, Barbara, 7, Władysław, 6, Franciszek, 4, Antoni, 3 e Maria, 2.
Gli Ulma, uccisi per odio antisemita e anticristiano
Nella petizione inviata a Papa Francesco dal Dicastero delle Cause dei Santi si legge che il comandante Eilert Dieken e il gendarme Józef Kokott, esecutori materiali, «furono mossi da odio antisemita e da un’avversione anticristiana persino prevalente». Si legge anche che «benché non fosse richiesto dai regolamenti, Dieken aveva abiurato dalla fede cristiana, evangelica», mentre Kokott, stando alla “testa di morto” che esibiva sul berretto, era parte dei «gruppi himmleriani di matrice satanista ed esoterica». Entrambi, essendo in servizio a Markova, «conoscevano bene la militanza cattolica degli Ulma e la motivazione evangelica della loro ospitalità».
A chiudere il cerchio sulla deliberata volontà di martirizzare la famiglia, la petizione del Dicastero vaticano ravvisa due ulteriori elementi: «L’assassinio dei bambini: gli infanticidi non potevano trovare motivazione in nessuna giustificazione penale», nonché il fatto che «il massacro fu “festeggiato” con sghignazzi e bevute di vodka, come in un macabro rituale».
“Uccisero anche i bambini”, il libro sulla famiglia Ulma
Oltre a badare ai figli, mamma Wiktoria disegna e recita, specie nel teatro parrocchiale. Józef Ulma, invece, è un agricoltore e un apicoltore all’avanguardia (nel 1933 sarà premiato alla Mostra agricola del distretto di Przeworsk per «gli ingegnosi alveari e le arnie di propria costruzione»). Ma è soprattutto la grande passione per la fotografia ad accendere il capofamiglia, tanto che il suo archivio resterà una delle testimonianze più vive della Markowa degli anni Trenta e Quaranta.
«I suoi scatti raccontano la vita degli abitanti nel villaggio», si legge nel libro, «la gente che lavorava nei campi, ma anche i piccoli e grandi eventi della vita di un paese: le prime comunioni, i matrimoni, le esibizioni teatrali e quelle dell’orchestra musicale di Markowa». Le fotografie più belle Józef le riserva ai figli, vestiti di tutto punto o scapigliati, ritratti in campi assolati o al tavolo della cucina mentre imparano a scrivere sotto l’amorevole guida materna. «Ridono spesso i bambini in quelle foto», scrivono Tulli e Rytel-Adrianik, «da quegli scatti traspare tutta la serenità di quella giovane famiglia».
Quelle due sottolineature sulla Bibbia di casa
Ma ciò che domenica prossima, al cospetto del mondo, proietterà la piccola storia degli Ulma dentro un orizzonte eterno, è la motivazione del loro gesto, la cui origine è perfettamente descritta dalla consumata Bibbia di famiglia ritrovata in casa, di cui il libro-inchiesta racconta le due uniche sottolineature a penna. Entrambe da brividi. La prima è un versetto di Matteo: «Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete?». Ma sottolineato in rosso è anche il titolo di un capitolo del Vangelo di Luca, proprio quello intitolato “Il buon Samaritano”, con accanto ha una lapidaria quanto profetica nota a margine: la parola «Sì».
Ha dunque buon gioco monsignor Stanisław Gądecki, Presidente della Conferenza episcopale polacca, quando nell’introduzione al libro dei due vaticanisti scrive che se «Józef e Wiktoria decisero di accogliere otto ebrei, nonostante la minaccia di morte da parte dei tedeschi», non fu frutto «di una decisione affrettata, ma il risultato della lettura della Parola di Dio, che ha formato i loro cuori e le loro menti, e quindi il loro atteggiamento verso il prossimo». Parole che il presidente della Conferenza episcopale ha voluto fossero lette anche nelle chiese di tutta la Polonia.
Nella cornice di un’Europa devastata dal secondo conflitto mondiale, proprio nei luoghi tornati a essere un angoscioso teatro di guerra, Uccisero anche i bambini racconta la scia di luce lasciata da una famiglia che ancora oggi emoziona e interpella. «Józef, Wiktoria, con i loro bambini Stasia, Basia, Władziu, Franio, Antoś, Marysia e il piccolo senza nome», scrivono gli autori, «hanno dimostrato che l’amore, quello vero, non fa calcoli. Non si risparmia scomodità e rischi. Arriva in fondo, fino “a dare la vita per i propri amici”».
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