“Tu lo conosci Bersani?”. Ma chi le fa le campagne del Pd, Tafazzi?
«Sei un pessimo partito? Lo siamo anche noi! Conosciamoci su Facebook». L’ironia sulla rete si spreca. L’ultima campagna pubblicitaria del Pd, a giudicare da quello che ne pensano i suoi militanti, non è un successone: «Avanti così, facciamoci sempre e comunque del male», scrive uno. «Io mi occupo di comunicazione e una roba del genere è una cagata pazzesca, è atroce», dice un altro. «Se alle prossime elezioni andate a fondo come la Costa Concordia ve lo siete meritato», insiste un terzo.
Internet non è sempre un termometro attendibile, ma per capire se la campagna di tesseramento 2012 del Partito Democratico abbia funzionato, bisogna per forza andare su Facebook, nel gruppo “Conosci i miei”, perché è proprio lì che rimandano i famosi e incomprensibili manifesti con cui Roma è stata abusivamente tappezzata: “Conosci Faruk?”, “Conosci Eva?”, “Conosci Serena?”. La risposta è unanime: «Non li conosciamo». Su sfondo monocolore non un simbolo, non un’indicazione, non un riferimento chiaro che sia diverso da quello Facebook – «che bisogna ricordarsi a memoria per poi andarlo a cercare una volta arrivati a casa». Ma la reazione delle persone è sempre la stessa. E gli 80 “mi piace” sulla pagina, «nonostante Roma fosse sommersa dai manifesti», poi cresciuti quando sono iniziati il putiferio e gli sfottò, stanno lì a dimostrarlo.
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Ma su Facebook potrebbero esserci detrattori in incognito. Ecco allora, per dissipare ogni dubbio, che Cristiana Alicata, dirigente regionale del Pd nel Lazio, se ne esce così: «Io come dirigente del Pd chiedo scusa a tutta la città. Chiedo scusa perché mi vergogno, oggi proprio mi andrei a nascondere avendo scoperto che [“Ti presento i miei”] è una campagna nazionale del Pd». E va bene, la campagna non ha funzionato. Il suo ideatore, nonché responsabile nazionale della comunicazione del Pd, Stefano Di Traglia, non ha però fatto marcia indietro, assicurando «di non avere ricevuto poi così tante critiche nel merito». Avanti, compagni. Di Traglia fa bene a non preoccuparsi di qualche affissione abusiva, «non dipendono da noi», dovrebbe però ragionare su un fenomeno: come è risalita la gente al Pd se sui manifesti non c’erano nomi né simboli? Perché, dopo aver visto manifesti incomprensibili, in principio attribuiti ad agenzie di incontri, la gente ha subito cominciato a dire: «Che brutti questi manifesti, vuoi vedere che…», «oddio, non sarà mica…», «tu lo conosci Bersani?».
È da tempo ormai che il Pd non ne azzecca una, tanto da essere diventato sinonimo di campagne pubblicitarie fallimentari. L’ultima aveva scatenato un vespaio di polemiche senza fine, scomodando addirittura l’antiberlusconiano comitato femminile “Se non ora quando”. Era giugno, e la Festa dell’Unità di Roma veniva pubblicizzata con il manifesto “Cambia il vento”, dove la brezza alzava la gonna a una donna di cui si vedevano solo le belle gambe. Del resto, chi la fa l’aspetti, chi di moralismo colpisce, di moralismo perisce. Ma non era andata meglio neanche la campagna “Oltre” del marzo scorso, che mostrava un Bersani deciso e sicuro, in bianco e nero, che in maniche di camicia invitava appunto rimboccarsi le maniche e poi ad andare “oltre”. Ma dove? Un inno alla serietà che Oliviero Toscani ha commentato così: «Sono pazzi. Hanno fatto una campagna epitaffica, in bianco e nero, tombale: più che Oltre, direi Oltre-tomba. Il Pd così è morto, e Bersani è il Caro Estinto». Corrado Guzzanti si era limitato a una battuta: «Su alcuni manifesti è apparso Bersani in bianco e nero, ma il fotografo giura che la pellicola era a colori».
Ma Pier Luigi cosa ci deve fare? Come ha detto anche Di Traglia, «la novità di quest’anno era presentare le facce degli iscritti, dei militanti veri, con le loro passioni. Faruk, Eva, Luciano esistono davvero. Volevamo dare spazio anche a loro». Un’iniziativa lodevole ma forse controproducente, almeno a sentire Maurizio Crozza: «Io non so se con Faruk gli iscritti sono aumentati. So però che Faruk ha restituito la tessera».
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