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Trattativa Stato-mafia. Il vero “favore” ai boss lo stanno facendo i magistrati

Di Redazione
08 Ottobre 2014

In questi giorni si sta consumando l’ennesima allucinante scenetta di quell’opera da teatro dell’assurdo che è il famoso processo in corso a Palermo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Da tempo i magistrati siciliani si adoperano in tutti i modi per dimostrare come il pesante ridimensionamento subìto da Cosa nostra negli ultimi due decenni (fatto che appare evidente pensando anche solo alla fine della stagione delle stragi e alla cattura di pesci grossissimi come Riina e Provenzano) sia in realtà il frutto maleodorante di un molto presunto patto occulto tra istituzioni e boss. Ma nonostante ormai la totale insostenibilità del teorema sia chiara a tutti, a Palermo sembrano essere pronti proprio a qualunque cosa pur di riscrivere la storia nel senso immaginato.

RIINA AL COLLE? Non solo i magistrati hanno preteso la deposizione nientemeno che del presidente della Repubblica in persona. Ma a quanto pare potrebbero addirittura presentarsi all’udienza di Giorgio Napolitano, organizzata presso il Quirinale per il 28 ottobre, in compagnia di Totò Riina e Leoluca Bagarella. I due papaveri mafiosi, infatti, hanno richiesto di partecipare all’irripetibile evento e ieri la procura di Palermo, rappresentata dai pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Vittorio Teresi, ha depositato il proprio parere favorevole presso la Corte d’assise di Palermo, che è chiamata a decidere domani.

SULLO STESSO PIANO. I pm palermitani giustificano la loro scelta con motivi tecnici, poiché – spiegano i giornali – un eventuale rifiuto alla domanda di Riina e Bagarella potrebbe causare la nullità dell’udienza se non dell’intero processo. Tuttavia è difficile non vedere all’origine di questa incredibile trovata quella che il Foglio chiama «una visione distorta per non dire perversa della funzione giudiziaria». Grazie alla convocazione di Napolitano, infatti, la procura di Palermo lo obbliga a «ospitare virtualmente i capimafia al Quirinale» e otterrà solo di «mettere in qualche modo sullo stesso piano il massimo garante delle istituzioni e i capi mafia», visto a livello giudiziario questa «sceneggiata lesiva dell’onore e della funzione del capo dello Stato» non avrà «alcuna possibile utilità per l’accertamento dei dati di fatto» (come per altro Napolitano ha già tentato, invano, di spiegare un anno fa).

I BOSS RINGRAZIANO. Durissimo anche il commento di Stefano Folli per Radio 24. Intorno al Quirinale, secondo l’editorialista del Sole 24 ore, «si consuma una farsa che oltraggia le istituzioni, dato che la testimonianza di Napolitano nel processo Stato-mafia potrebbe avvenire alla presenza di Totò Riina. Questo almeno è il parere dei pubblici ministeri siciliani. Vedremo cosa deciderà il giudice. Ma intanto, giorno dopo giorno, si realizza il perfetto corto circuito. Un passo alla volta sul banco degli imputati, al posto della mafia, stanno salendo le istituzioni repubblicane, rappresentate dal loro simbolo principale. Riina, che sia presente o no alla testimonianza di Napolitano, può solo ringraziare».

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