Torino per gli armeni: «La Turchia riconosca il genocidio»

Di Silvio Magliano
29 Febbraio 2012
Lo sterminio sistematico della popolazione cristiana-armena non deve essere dimenticato. E soprattutto deve essere riconosciuto da una nazione moderna come la Turchia, candidata a fare parte dell’Unione Europea. L'iniziativa di un consigliere Pdl e dell'associazione As.So.

L’autore di questo articolo, Silvio Magliano (foto), è Vice Presidente Vicario del Consiglio Comunale di Torino (Pdl)

Non è una pruriginosa operazione di marketing delle religioni, per sottolineare la crudezza della politica razziale da parte di uno Stato a forte influenza islamica, né di una sommaria distinzione tra civiltà e barbarie e neppure di un tentativo di stabilire un qualsivoglia predominio culturale da parte di una civiltà, quella europeo-cristiana, ai danni di quella turco-ottomana. L’odg che ho presentato e che il Consiglio Comunale di Torino ha approvato all’unanimità, rappresenta soltanto un tentativo di riportare la luce della storia sopra una delle grandi tragedie dimenticate dell’umanità, i cui contorni reali non sono neppure definibili: il genocidio della popolazione cristiana dell’Armenia.

L’impero ottomano nel 1895 ordinò l’esecuzione di 300.000 armeni e nel 1909 i massacri ripresero grazie all’ascesa del movimento “Giovani Turchi”, in nome della purezza razziale ottomana. Durante la Prima Guerra Mondiale, tra il 1914 e il 1915, il Comitato centrale del partito Unione e progresso decise lo sterminio sistematico degli armeni che fu fatto oggetto di un vero e proprio genocidio: la prima operazione di “pulizia etnica” scientificamente deliberata ed organizzata da un governo, e messa in opera da esercito, polizia, magistratura ed unità operative segrete. Il tragico bilancio di quel piano criminale risultò nello sterminio di un milione/un milione e mezzo di armeni, eliminati nelle maniere più atroci; i due terzi della popolazione armena residente nei territori dell’Impero ottomano venne soppressa, e circa 100.000 bambini vennero prelevati ed allevati da famiglie turche o curde, smarrendo la propria fede e la propria lingua. La caduta del regime ottomano e la nascita della Repubblica di Turchia non cambiò la situazione: tra il 1920 e il 1922 con l’attacco alla Cilicia armena ed il massacro di Smirne, il nuovo governo portò a compimento il genocidio.

L’ordine del giorno è nato da un lavoro realizzato, come sempre, con il territorio, grazie all’impegno di un’associazione di volontariato, As.So.: nello specifico, prevede che il Comune di Torino metta in essere tutte le iniziative affinché la strage dei cristiani armeni sia riconosciuta al pari di tutti i genocidi che hanno funestato il secolo scorso e inviti il Parlamento europeo ad attivarsi affinché la Turchia, candidata a entrare nell’Ue, riconosca formalmente e condanni la tragica persecuzione ai danni del popolo armeno.

Allo stesso tempo, l’ordine del giorno approvato impegna la città a intervenire presso gli organismi preposti alla cura ed alla salvaguardia dei monumenti artistici, storici e di culto, affinché vengano sollecitati e responsabilizzati i governi – specificamente quello turco – nei cui territori si trova il patrimonio architettonico cristiano armeno, che versa in stato di grave degrado.

Si tratta, è vero, di un atto puramente formale, in gran parte scevro di risvolti operativi, ma si tratta anche dell’applicazione di un principio inderogabile: il diritto alla libertà, alla vita, alla tutela della propria famiglia, all’identità e alle radici sono connaturati all’essere umano ed è dovere di ogni uomo  e di ogni società civile intervenire per dare voce a coloro che si vedano negare tali diritti o debbano subire persecuzioni e violenze per difenderli.

Essere dimenticati aggiunge sofferenza alla sofferenza, persecuzione alla persecuzione, dolore al dolore: non c’è, dunque, alcun intento persecutorio in un atto che invece intende dimostrare la vicinanza e la commozione inevitabile di fronte a una delle grandi tragedie della storia europea.

Articoli correlati

1 commento

Non ci sono ancora commenti.

I commenti sono chiusi.