Riportiamo la lettera inviata dal sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi al direttore di Repubblica Ezio Mauro e indirizzata alla professoressa Chiara Saraceno dopo il commento contro la parità scolastica uscito a sua firma giovedì 28 agosto (qui il pdf dell’articolo della Saraceno caricato sul sito di Toccafondi). La lettera non è ancora stata pubblicata dal quotidiano.
Egr. Direttore, leggo oggi un articolo-intervento a firma Chiara Saraceno dal titolo “Perché nella scuola il privato non è pubblico”. Mi permetto di far arrivare tramite lei alla sig.ra Saraceno una breve nota con alcune considerazioni sul tema affrontato. RingraziandoLa per l’attenzione, saluto cordialmente:
Sul finanziamento alle scuole pubbliche non statali si leggono notizie tutti i giorni, molte contengono inesattezze più o meno gravi. Per lo più è ignoranza, cioè mancanza di conoscenza reale di cosa siano effettivamente le scuole paritarie, ma c’è anche della malafede, perché a qualcuno che in Italia ci siano scuole libere, luoghi che fanno educazione, e possibilità per i genitori di scegliere la scuola migliore per i figli, sembra proprio non vada giù.
Siamo uno dei pochi paesi nel mondo che ancora non riconosce la libertà di educazione, mancando il riconoscimento economico. Ci sono, è vero, i contributi, ma ben altra cosa sarebbe togliere gli ostacoli economici al riconoscimento della parità scolastica. In altri paesi tu paghi le tasse e scegli dove mandare i figli a scuola, lo Stato riconosce quindi una spesa standard per la scuola e lascia che sia la famiglia a scegliere. In Italia se scegli una scuola paritaria, lo Stato (quando va bene) ti dà un contributo, che mediamente copre il 20 per cento del costo, e il resto ce lo metti tu, che comunque paghi le tasse che dovrebbero coprire anche la spesa per l’educazione che vuoi scegliere per i tuoi figli.
In Italia però mi sembra che il problema non sia tanto e solo economico di maggiore spesa per lo Stato, semmai è un risparmio, ci vedo invece un ostacolo culturale tanto da arrivare a dire che pubblico è solo ciò che fa lo Stato. Non è un maquillage linguistico, è una precisa volontà culturale che vede come centrale lo Stato e non la persona, che vuole al centro un potere che sceglie per tutti e non la scelta dei diretti interessati, in questo caso i genitori e i ragazzi. E questa precisa volontà culturale non sembra interessata a tutti i fattori della vita ma all’istruzione assolutamente sì.
È così fuori dalla realtà la possibilità per i genitori di scegliere liberamente l’educazione migliore per i loro figli? Spero che i miei figli possano avere per loro questa possibilità. La speranza che ho è che anche in Italia sia possibile scegliere senza ostacoli dove far frequentare una scuola secondaria di secondo livello per il proprio figlio, sia questa statale o non statale, e che questa libertà sia possibile anche a una famiglia di operai.
Gabriele Toccafondi