Monsignor Paulos Faraj Rahho, arcivescovo di Mosul, venne rapito e ucciso da ignoti nel 2008. Nonostante le minacce, diceva: «Finché rimane qui anche un solo cristiano, io non me ne vado»
Per la prima volta in sedici secoli nelle chiese di Mosul non si celebrano più Messe e per l'Iraq si fa sempre più reale lo spettro della divisione in tre Stati autonomi e in guerra tra loro
«L’avanzata di Isis ha acuito le tensioni tra sunniti e sciiti, aumentando il senso di insicurezza dei cristiani che ormai hanno perso fede in un loro futuro in questa terra»
«Il califfato significherebbe gravi attacchi e crimini come quelli in Siria: violenze, omicidi, stupri, imposizione di tributi ai non musulmani». Intervista a Massimo Ilardo, direttore di “Aiuto alla Chiesa che soffre” in Italia
Per il patriarca cattolico caldeo dell'Iraq «stiamo perdendo la nostra comunità e tra dieci anni in Iraq potrebbero rimanere non più di 50 mila cristiani»
In un messaggio audio l'Isil ha parlato del leader Al Baghdadi come del "Califfo Ibrahim" chiedendo a tutti i musulmani di «giurare fedeltà». Il territorio si estende dalla provincia di Aleppo (Siria) a quella di Diyala (Iraq)
Come dichiarato dall'arcivescovo cattolico caldeo Bashar Warda, nella città non è stato possibile celebrare funzioni visto che la maggior parte della popolazione cristiana è fuggita
Ecco perché i terroristi islamici che stanno devastando Siria e Iraq investono tanto tempo e risorse nella comunicazione attraverso la Rete e i social network: sono strumenti ideali per la propaganda della loro ideologia alienante