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"Spiarli per il loro bene", il business delle paure scolastiche

Istituti e università ingaggiano aziende di monitoraggio dei social dei ragazzi per evitare stragi, atti di bullismo o autolesionismo. Ma è solo guardonismo politicamente corretto

Caterina Giojelli
10/09/2018 - 1:00
Esteri
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Ogni mattina il signor Blake Prewitt, sovrintendente del distretto scolastico di Lakeview a Battle Creek, nel Michigan, si sveglia con una ventina di nuove mail: sono quelle inviate dal sistema di monitoraggio dei social media attivato nel suo distretto da qualche mese. Dentro vi sono segnalati post pubblici e tweet contenenti parole chiave, linguaggio o immagini che potrebbero rappresentare una minaccia o imbarazzo per le scuole o la comunità. C’è un po’ di tutto, dalla segnalazione di un tentativo di rapimento al di fuori di una scuola al commento di un famigliare sul codice di abbigliamento imposto dalla scuola al figlio – nel primo caso Prewitt ha controllato se le telecamere di sicurezza della scuola potessero aiutare la polizia, nel secondo ha fatto contattare la famiglia. Ma soprattutto c’è il monitoraggio scientifico delle attività social di migliaia di ragazzini. Prewitt sostiene infatti che questi avvisi lo aiutano a tenere al sicuro i suoi 4 mila studenti e 500 dipendenti. Se qualcuno pubblica qualcosa di minaccioso, può intervenire prima che accada qualcosa a scuola.
 L’INCUBO DI PARKLAND. Il servizio a Lakeview è fornito da Firestorm, una società della Georgia che come spiega Wired, aiuta anche le scuole a sviluppare politiche di sicurezza e di risposta alle crisi, con la missione di prevenire qualsiasi cosa, dal sexting al bullismo alle sparatorie di massa. Esempi di post segnalati? «Ogni volta che parlo con mia madre, finisco per dirle qualcosa in modo rude e lei si incazza, anche se cerco di non essere scortese», ma anche i classici fake «La mia ragazza mi ha scaricato. La mia vita è finita», «Bang, bang. Spero che tu mi abbia preso sul serio. Ciao (emoticon di pistola ad acqua)».
L’America è ossessionata dalla prevenzione. Dopo la sparatoria a Parkland, in Florida – 17 morti, 17 anni l’età media – avvenuta all’inizio dell’anno, Gary Margolis, ceo di Social Sentinel, una società del Vermont che fornisce servizi di monitoraggio dei social media a scuole e altre organizzazioni, ha parlato di un business in fortissima espansione affermando che i suoi algoritmi avrebbero segnalato le minacce postate dal killer prima degli omicidi. Non è l’unico caso, sempre a Wired il ceo di Firestorm ha dichiarato che grazie alla segnalazione di una foto è stato intercettato un ragazzo con un’arma nello zaino.
IL BUSINESS DEL CONTROLLO. In altre parole, sulla domanda angosciata che segue ogni fatto di sangue che accade tra ragazzini, “perché nessuno si è accorto di niente? Non c’erano segnali di pericolo?” le aziende hanno costruito un vero e proprio modello di business: monitoraggio h24, 7 giorni su 7 delle attività degli studenti sui social media. Il New York Times ha calcolato che sono più di cento, tra distretti scolastici e università pubbliche, le realtà che hanno assunto società del settore soprattutto in seguito alla strage di Parkland, dalle Newtown Public Schools nel Connecticut, agli istituti di Los Angeles e Chicago, alle università del Michigan e della Florida. «Una vita vale ogni dollaro speso per salvarla», è il mantra delle nuove imprese.
Ma ovviamente un algoritmo, pur dotato di riconoscimento facciale, non guarda in faccia nessuno: il giovane Yousefi scrisse in un post che avrebbe sgozzato la sua insegnante, e una volta segnalato spiegò che si trattava di una battuta, che tutta la classe era al corrente dello scherzo compresa la diretta interessata. Di lì a poco una decina di studenti furono espulsi dall’istituto. I contratti variano da pochi spiccioli a 40 mila dollari l’anno e spesso famiglie, studenti e gli stessi consigli scolastici sono all’oscuro del monitoraggio in corso: durante il 2017 la Burlington High School, Massachusetts, ha ricevuto da due a sei avvisi al giorno da Social Sentinel, la maggior parte dei quali consisteva in normali scherzi da adolescenti del tutto decontestualizzati. Provare che tali aziende aiutino effettivamente a sventare stragi, atti di bullismo o autolesionismo è infatti praticamente impossibile, quello che è invece certo è che conferiscono alla scuola un potere che va ben oltre i confini tradizionali della loro responsabilità.
Certo, Patrick Larkin, assistente del sovrintendente a Burlington, Massachusetts, riconosce che 19 messaggi su 20 tra quelli segnalati non provengono nemmeno dai suoi studenti, ma assicura che Social Sentinel lo aiuta a dormire meglio di notte: non ci vede alcuna intrusione, i post dei ragazzi segnalati sono pubblici. E poi i servizi sono migliorati con grande attenzione per la privacy, dicono in tanti amministratori. Alcune società non elaborano più “liste di controllo”, e forse sono più rari i casi in cui delle scuole – come accaduto in Alabama – si trovino a espellere studenti che compaiono con le armi su Facebook, o maneggiano soldi, o indossano felpe o capi di abbigliamento tipici delle gang locali. Accade più spesso che gli studenti vengano convocati pregando di non rendere pubblici post che raccontano di aneddoti o lezioni scolastiche o di rimuovere contenuti di promozione a specifiche società. È anche cambiata la normativa: in California oggi uno studente deve essere messo al corrente se la scuola sta prendendo in considerazione di affidarsi a un’azienda di monitoraggio e deve poter accedere alle informazioni raccolte su di lui, che andranno distrutte una volta terminato il ciclo scolastico.
TANTO C’È SNAPCHAT. Il controllo ha funzionato? Mica tanto. Grazie a Snapchat, gli studenti possono continuare a fotografare armi, maneggiare soldi, mettersi le felpe che vogliono e farsi i fatti loro. E gli amministratori a utilizzare parole politicamente corrette come “prevenzione e controllo” per legittimare e alimentare il business del guardonismo a fin di bene. Perché non è con le ronde in rete, facendo del social l’unità di misura del mondo, la gallina dalle uova d’oro che cova il male del mondo, che si libererà il mondo dallo stesso. Vivaddio, qualcuno che sa ancora stare al mondo, coi piedi per terra . non in rete, senza attestato rilasciato dal ministero dell’algoritmo, esiste. Dopo averlo testato Mark Pompano, responsabile della sicurezza nel distretto scolastico della Sandy Hook Elementary nel Connecticut, assicura di non ricordare nessun caso in cui le minacce segnalate da Social Sentinel fossero da prendere in considerazione: «Sapete, nel nostro distretto ci affidiamo ancora a una cosa che si chiama rapporto di fiducia tra adulti e bambini». La vecchia, cara, forse rischiosissima ma per questo realmente educativa e adulta “intelligenza umana”, non “artificiale”.
Foto Ansa

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