Le sparatorie negli Stati Uniti, «sintomi di una società che sta andando a pezzi»
I massacri di Monterey Park e di Half Moon Bay in California, nei quali sono state uccise 18 persone nel giro di 48 ore, hanno riportato al centro dell’attenzione le stragi con armi da fuoco che sono diventate una piaga della società americana. Nei primi 23 giorni di gennaio gli Usa hanno conosciuto 39 sparatorie, in sei delle quali ci sono stati più di quattro morti. Il bilancio delle stragi con armi da fuoco è passato dai 275 morti e 433 feriti del 2014 ai 700 morti e 1.300 feriti dell’anno scorso. Dei 25 massacri con più vittime degli ultimi cinquant’anni in America, 21 sono avvenuti dopo il 2000 e 12 negli ultimi cinque anni.
Allargando il quadro a tutti i decessi dovuti ad armi da fuoco, si rileva che nel 2021 negli Usa sono morte in questo modo 48.830 persone, l’8 per cento in più dell’anno precedente, fino a quel momento considerato un picco storico. Il 54 per cento di tutte le vittime è rappresentato da suicidi, ma non va dimenticato che dal 2020 la morte per arma da fuoco (in tutte le modalità) è la prima causa di morte fra i bambini e gli adolescenti americani (la seconda sono gli incidenti stradali). Nonostante questo nei sondaggi la maggioranza degli americani continua ad essere ostile a leggi restrittive in materia di acquisto e detenzione di armi. Di tutto ciò abbiamo parlato con Rod Dreher, lo scrittore e giornalista americano autore di L’opzione Benedetto e La resistenza dei cristiani, che si è trasferito in Europa poco più di un anno fa.
Rod Dreher, perché tante stragi con armi da fuoco nell’America di oggi? Perché il loro numero sta crescendo anno dopo anno?
Sono i sintomi di una società che sta andando a pezzi. Sì, l’accesso alle armi da noi è relativamente facile, ma lo è sempre stato. Invece non sempre abbiamo avuto massacri con armi da fuoco. La cultura americana è molto più violenta di quella europea – me ne sono reso conto per esperienza personale avendo vissuto quest’ultimo anno fra Budapest e Vienna. Sapevo in astratto che gli Stati Uniti sono più violenti dell’Europa, ma vivere in città dove non hai la preoccupazione costante che qualcuno possa spararti è tutta un’altra cosa. Ti fa capire quanto la situazione sia fuori controllo a casa tua negli Usa. Ho 55 anni. Nel corso della mia vita ho visto la società americana disgregarsi mentre abbandonava il cristianesimo per amore dell’individualismo e dell’edonismo. C’è sempre meno solidarietà sociale, specialmente in rapporto alla crescente globalizzazione e liberalizzazione dell’economia. Internet ha reso le persone più solitarie. Uno studio del 2020 commissionato da una grande compagnia di assicurazioni statunitense ha appurato che in maggioranza gli americani si sentono soli, e che la generazione che maggiormente denuncia una condizione di solitudine è quella dei più giovani – quella che si crede sia la generazione più fornita di network sociali della storia. La fede e la pratica religiosa sono in declino, e le cosiddette “morti per disperazione” – causate dall’alcolismo, dall’abuso di droghe e da suicidi – sono in ascesa, soprattutto fra la classe operaia. I tassi di persone giovani che sono in cura per diagnosi di depressione non sono mai stati così alti. E ora le élites stanno estraniando i nostri bambini dai loro stessi corpi attraverso l’ideologia gender. Quello che ho descritto è il background del collasso sociale al quale stiamo assistendo. Non è del tutto sorprendente che alcune persone che non si sentono in grado di affrontare lo stress della vita quotidiana americana così com’è oggi si rivolgano alle armi per esprimere il loro odio. Vorrei che oggi in America avessimo un Dostoevskij per spiegarci tutto questo.
A parte i massacri condotti da killer armati solitari, negli Usa si registra un aumento di ogni genere di decesso causato da armi da fuoco, che si tratti della violenza delle gang, della criminalità comune o dei suicidi compiuti con tale modalità. Questo dipende dal fatto che gli Usa sono il paese col più alto numero di armi pro capite nel mondo (120 ogni 100 abitanti), oppure da qualche altra ragione?
Un fatto importante di cui spesso gli Europei non sono al corrente è che le stragi con armi da fuoco di solito sono compiute da maschi bianchi, ma la grandissima maggioranza delle morti per sparatorie negli Usa sono causate da giovani uomini neri. Ciò ha a che fare con le realtà della criminalità, della droga e delle gang. Ma ha a che fare anche con il fatto che l’annichilimento della famiglia tradizionale e delle reti sociali tradizionali è molto più avanzato nella comunità afroamericana che presso le altre comunità. Sì, la povertà è parte del problema, ma ci sono altre comunità svantaggiate in America che non registrano lo stesso livello di violenza letale. E persino al tempo delle politiche segregazioniste non vedevamo questo genere di violenza nelle comunità afroamericane, che a quel tempo avevano famiglie solide. Oggi non esistono più. Da due o tre generazioni i giovani neri dei ghetti crescono senza alcuna figura maschile forte di riferimento. Questo fattore, insieme alla presenza delle armi, spiega molte cose.
Perché il numero delle armi è cresciuto esponenzialmente negli ultimi tre anni, che hanno visto l’acquisto di oltre 60 milioni di armi che si sono aggiunte ai 393 milioni già in circolazione?
A causa della paura. La paura delle persone amanti delle armi che il Partito Democratico introduca leggi che ne limitino la disponibilità. Ogni volta che un Democratico vince le elezioni presidenziali, le vendite di armi aumentano. Poi c’è la paura suscitata dalle sommosse innescate dalla morte di George Floyd nel 2020. Tutti abbiamo visto che le nostre città possono diventare territori senza legge nel giro di una notte, e che la polizia potrebbe non essere in grado di proteggerci. Abbiamo visto i media che trovavano giustificazioni per i violenti, perché era politicamente corretto mentire circa quello che stava accadendo. Le menzogne dei media hanno alimentato presso molte persone la convinzione che non possiamo avere fiducia nel governo o in altre istituzioni, e che quindi è meglio che ci prepariamo a difenderci da soli. Inoltre c’è stata l’esperienza del Covid, che ha spaventato tantissime persone e le ha rese vulnerabili, soprattutto alla manipolazione da parte governativa.
Che differenza c’è fra la cultura americana delle armi tradizionale e quella di oggi?
C’è una differenza enorme. Vengo da una piccola città del profondo Sud. Nella Louisiana meridionale la caccia è un passatempo molto comune. Mio padre ha insegnato a sparare a me e a mia sorella quando eravamo piccoli. Durante la stagione della caccia al cervo, andavo a caccia ogni fine settimana con mio padre, come faceva la maggior parte dei ragazzi. I nostri genitori ci insegnavano ad avere un grande rispetto per le armi. Ci insegnavano a usarle in modo sicuro e a non toccarle mai e poi mai quando non andavamo a caccia. Ricordo il mobile dove mio padre teneva i fucili da caccia. Non era chiuso a chiave, ma mia sorella ed io sapevamo che era assolutamente vietato toccare i fucili. Questa era un’esperienza molto comune nella nostra cultura. Era una cultura forte e coesiva che sapeva trasmettere i suoi valori alle nuove generazioni. Si può ancora trovare nelle aree rurali, ma per quel che ne sa la gente delle nostre città, potrebbe trovarsi su di un altro pianeta. Quando vivevo a New York, per me era facile capire perché tanta gente odiava le armi ed era spaventata dalle stesse: la loro unica esperienza con le armi era quella con la criminalità di strada. Dovevo ogni volta spiegare ai miei amici di New York quanto la cultura delle armi sia diversa nell’America rurale, dove i fucili sono usati per dare la caccia agli animali per procurarsi cibo, o per proteggersi dai serpenti velenosi o da altri animali selvatici. Allo stesso tempo, quando andavo a visitare i miei familiari giù in Louisiana dovevo cercare di spiegare quanto diverso fosse il punto di vista sulle armi in città, e perché quello dei newyorkesi fosse razionale, in considerazione delle circostanze sociali e culturali che si trovavano a vivere. In America le due realtà – città e campagna- non si capiscono e hanno paura l’una dell’altra. Persino mia moglie, che è cresciuta nei sobborghi di Dallas, aveva paura dei fucili in casa nostra. Per me erano una cosa assolutamente normale.
Una legislazione più restrittiva sarebbe una buona soluzione contro la violenza a mano armata? E altrimenti che cosa si potrebbe o si dovrebbe fare?
È molto difficile rispondere a questa domanda. In linea di principio, penso che dovrebbe essere più difficile procurarsi armi, ma dobbiamo ricordare che alcune delle persone che hanno compiuto i recenti massacri erano soggetti pienamente rispettosi della legge, fino a quando qualcosa si è infilato nelle loro teste. Negli Usa alcuni degli stati e delle città più violenti sono quelli che hanno le leggi sulla detenzione di armi più severe. È un problema molto complesso, reso più difficile dal fatto che il Secondo Emendamento della nostra Costituzione garantisce il diritto di detenere armi. Non è un diritto assoluto, ma è molto forte. Io credo che il nostro è soprattutto un problema culturale. Non dovete dimenticare che gli Stati Uniti per gran parte della loro storia sono stati una società di frontiera, molto più individualistica delle società europee, e molto più abituata alla violenza. La vita sulla frontiera era così. Le armi sono diventate una parte così intima della psicologia americana perché le famiglie del XVIII e del XIX secolo dipendevano dalle armi per procacciarsi il cibo e per proteggersi quando i tutori della legge erano molto lontani. Questa mentalità è molto profonda nel carattere americano. È qualcosa che gli europei non capiscono di noi. Ma oggi l’America non è una società di frontiera. Perché allora abbiamo tante armi? Beh, non è facile cancellare la mentalità della frontiera, soprattutto nel Sud e nel West. Bisognerebbe anche ricordarsi che l’idea che lo Stato è potenzialmente un nemico della gente corre molto in profondità nella psiche americana. È un’eredità legata alla fondazione del paese, e all’importanza che la maggior parte degli americani dà all’indipendenza individuale. Uno dei più appassionati difensori della cultura delle armi che conosco è un immigrato ucraino mio amico che vive nel Texas. Possiede un sacco di fucili ed è uno strenuo difensore del Secondo Emendamento. Mi diceva che chi era cresciuto sotto il comunismo, come era il suo caso, capiva perfettamente perché i cittadini dovessero essere armati, e che allo Stato non deve essere mai permesso di sequestrare le armi di un uomo. Ultima cosa: il fenomeno delle stragi casuali con le armi cambia la narrativa intorno alla violenza armata. Nella maggior parte dei casi, se vuoi evitare la violenza legata all’uso delle armi da fuoco devi stare alla larga da certe aree della città, e tutto andrà bene. Ma queste stragi sono completamente imprevedibili. Penso che ne vedremo sempre di più man mano che la società e la cultura americana si disgregano. In questo momento ci sono in giro troppe armi perché si possa pensare di toglierle dalla circolazione, anche se ci fossero le leggi per farlo. Credo che sia qualcosa con cui noi americani dovremo convivere a lungo, purtroppo.
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