
Sotto il potere, niente
Il conflitto interno alla sinistra non è un conflitto banale: si può dire che il conflitto è la sua stessa essenza. L’identità di sinistra incarna ancora una differenza originaria, quella che demanda alla sinistra il governare in ragione della sua legittimità ideale, e non del consenso democratico. Infatti tutti i partiti della maggioranza hanno compiuto nei confronti di Berlusconi la demonizzazione del nemico. L’opposizione del Polo fa una critica politica della maggioranza, mentre tutti i partiti della maggioranza delegittimano l’opposizione. Il modo della maggioranza è quello dei comunisti: delegittimare l’opposizione, assumendo nei suoi confronti l’atteggiamento dell’arroganza e il disprezzo.
Un eminente esempio del disprezzo era del resto dato dal garante istituzionale della maggioranza, il presidente Scalfaro. I democristiani della maggioranza, a cominciare da Prodi, che definì il congresso di Forza italia un “nulla”, mostrò come si fosse formata, in tutta la maggioranza, l’idea di essere un gruppo illuminato che aveva dai suoi stessi lumi il diritto di governare. La “sinistra” nasce dalla memoria del gruppo rivoluzionario che si ritiene legittimato a governare dalla sua identità, e quindi cercano di costruire non il potere sul consenso, ma il consenso sul potere. Questo è un problema che riguarda la sinistra europea, non solo la sinistra italiana.
Ma la sinistra post-comunista ha dovuto abbandonare ogni specificità a livello di contenuto economico e sociale. Deve cioè assumere le cause che ha sempre combattuto, quelle imposte dalla globalizzazione. Deve mantenere la sua identità “diversa”, civilmente superiore perché alternativa al capitalismo e all’Occidente, e contemporaneamente affermare come programma la prassi dell’avversario politico. La guerra nei Balcani ha posto, principalmente in Italia ma anche in tutti i paesi europei, in luce questa contraddizione. È stato possibile risolverla per la logica dell’identità comunista: il posto dei comunisti è al governo, l’essenza della sinistra è un conflitto irrisolto.
Se la sinistra italiana perdesse il potere, non lo riacquisterebbe più, perché la struttura economica sociale che dava luogo alla sinistra comunista in Occidente, non esiste più. Il controllo politico del sociale non funziona più. Una spia di questo fatto è la difficoltà dei Ds a Bologna. Il modello emiliano era fondato sul controllo di tutte le iniziative economiche e sociali da parte del partito. Il modello ha perso consenso, anche perché un dominio politico come monopolio economico non è oggi più sostenibile. Anche i comunisti emiliani devono privatizzarsi. Ed appare così una destra postcomunista, neoamendoliana, espressa dall’ex presidente della Regione Emilia La Forgia, che è passato all’Asinello. Accanto alle posizioni di memoria postcomunista, cioè comunisti cossuttiani e rifondatori, nasce un altro corno del dilemma: quello di chi vuole condizionare i Ds obbligando D’Alema a rientrare nell’Ulivo dopo esserne uscito per governare il paese in proprio. Come si svilupperà la crisi della sinistra italiana? Le elezioni europee ed amministrative, misurando la salute dei postcomunisti in Emilia ed, in parte, anche in Toscana sono significative. Il rischio dell’astensionismo colpisce l’elettore militante, e quindi del Polo ma, questa volta, l’astensione avviene anche a sinistra.
E persino il cambio di voto. Forza Italia pone infine il problema della democrazia e della autonomia della società civile, in un nuovo liberalismo non più statalista, come quello contro cui sorsero il movimento cattolico e il movimento socialista negli anni del Regno. Ci sono tutte le condizioni materiali di questo processo, ma non sono ancora realizzate le condizioni politiche. Forza Italia nasce non dall’insediamento nelle strutture istituzionali, economiche e sociali, essa nasce dalla contraddizione del popolo con queste istituzioni.
La transizione da una cultura statalista ad una cultura liberale popolare è un vero cambiamento nella storia del Novecento italiano, sempre governato da partiti statalisti, da Giolitti al fascismo, alla Dc dopo l’avvento della sinistra dossettiana al potere nel ‘54. Per questo Forza Italia, che ha creato un cambio di politica in Italia riproponendo un modello che ha origine nella tradizione del cattolicesimo liberale (da Rosmini a De Gasperi) si pone come alternativa alla figura del Novecento politico e coglie la dinamica della fine dello statalismo nel mondo per quanto riguarda l’economia, per rendere possibile il suo tramonto anche in politica.
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