Siria. Obama ferma l’attacco. Stati Uniti in attesa che Assad consegni le armi chimiche all’Onu

Di Redazione
11 Settembre 2013
Il Presidente Usa decide di rinviare l’uso della forza. Attende gli esiti della soluzione diplomatica di iniziativa russa. Nel suo discorso alla Nazione ribadisce che le armi chimiche di Assad sono una minaccia alla sicurezza nazionale americana

«È troppo presto» per sapere se Assad rinuncerà al proprio arsenale chimico, ha detto ieri in un discorso alla nazione il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.
Nonostante l’incertezza sul buon esito della soluzione diplomatica di iniziativa russa e nonostante l’uso dei gas nervini in Siria sia un problema per la sicurezza nazionale americana, Obama ha deciso di rinviare il voto al Congresso che lo autorizza all’uso della forza. In attesa che il regime di Bashar al-Assad si sbarazzi delle 1500 tonnellate di gas nervini, le navi americane, ha spiegato, manterranno la propria posizione d’attacco nel Mediterraneo.

CRIMINE CONTRO L’UMANITÀ. Nel suo discorso alla nazione, il Presidente americano ha difeso il ruolo degli Stati Uniti, che in Siria, sostiene, hanno «lavorato con gli alleati per fornire sostegno umanitario, per aiutare l’opposizione moderata, e per costruire una soluzione politica».  Obama ha dichiarato di avere una «preferenza profondamente radicata per le soluzioni pacifiche», ma che a volte «risoluzioni e dichiarazioni di condanna non sono abbastanza». Per quanto abbia«resistito alle richieste di intervento militare» in Siria, il Presidente americano si sarebbe sentito costretto a cambiare idea dopo il presunto attacco chimico del 21 agosto, «quando il governo di Assad ha gasato a morte più di mille persone, tra cui centinaia di bambini», «commettendo un crimine contro l’umanità e una violazione delle leggi di guerra».

SICUREZZA NAZIONALE.  A chi obietta che l’intervento in Siria non sia giustificato da un problema di sicurezza nazionale, Obama ha risposto che «se non riusciamo ad agire, il regime di Assad non avrà alcun motivo per smettere di usare armi chimiche» e «nel corso del tempo, le nostre truppe americane dovrebbero di nuovo affrontare la prospettiva di una guerra chimica sul campo di battaglia. E potrebbe essere più facile per le organizzazioni terroristiche ottenere queste armi, e di usarle per attaccare i civili». «Queste armi», ha aggiunto il il Presidente americano «potrebbero minacciare gli alleati come Turchia, Giordania e Israele». Non solo: «un fallimento nello schierarsi contro l’uso di armi chimiche indebolirebbe i divieti contro altre armi di distruzione di massa», e non dissuaderebbe l’Iran, alleato della Siria, «dal ricorso alla costruzione di un’arma nucleare».

NON È UNA GUERRA. «L’obiettivo dello strike sarebbe quello di dissuadere Assad dall’uso di armi chimiche, di degradare la capacità del suo regime di usarle, e di rendere chiaro al mondo che non siamo disposti a tollerare il loro uso». Questo è il piano di Obama. Non risolvere il conflitto civile siriano. Non destituire Assad. «Non voglio stivali americani sul terreno in Siria», ha ribadito. «Non voglio proseguire un azione militare come in Iraq o in Afghanistan. Non voglio perseguire una campagna aerea prolungata come in Libia o in Kosovo».

RADDOPPIEREMO GLI SFORZI. «È vero che alcuni oppositori di Assad sono estremisti», ha ammesso il Presidente americano. «Ma al Qaeda sarà avvantaggiata se il mondo ci vedrà assistere senza far nulla per evitare che civili innocenti vengano gasati». In ogni caso, ha proseguito, anche se ci sarà l’azione militare, «raddoppieremmo i nostri sforzi per raggiungere una soluzione politica che avvantaggi coloro che rifiutano la tirannia e l’estremismo». Per ora, ha concluso, gli Stati Uniti aspetteranno che la Siria mantenga la parola data e rinunci al suo arsenale chimico.

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