Siria, 14 cristiani rapiti dai ribelli alleati della Turchia ad Afrin
Quattordici cristiani curdi sono stati rapiti ad Afrin, città curda nella Siria settentrionale controllata dai ribelli con l’appoggio della Turchia, dall’Esercito nazionale siriano appoggiato da Ankara. Un sacerdote residente a Beirut in contatto con i rapitori, citato dalla stampa siriaca, ha dichiarato che «siamo in contatto con i rapiti, ma ci hanno chiesto di smettere di chiamarli. Temono per le loro famiglie. Abbiamo ricevuto la promessa che saranno presto liberati», ha affermato Nihad Hassan.
CRISTIANO CONDANNATO PER APOSTASIA
Secondo l’Organizzazione per i diritti umani di Afrin, non è la prima volta che le milizie di ribelli e islamisti rapiscono membri della popolazione curda. Il caso più eclatante riguarda un insegnante di inglese di 50 anni, Radwan Muhammad bin Muhammad. L’uomo è stato rapito il 30 luglio dalla Legione Sham, che raggruppa diverse milizie affiliate ai Fratelli Musulmani, con l’accusa di apostasia dopo che questi si era infuriato con gli estremisti, che gli aveano impedito di dare degna sepoltura alla moglie perché convertita al cristianesimo.
Fonti locali affermano che l’uomo è stato condannato a morte per apostasia in base alla sharia. Nihad Hassan ha aggiunto che «temiamo per la sua vita, potrebbe presto essere giustiziato dagli islamisti, che con l’appoggio dei turchi proseguono sulla strada tracciata dallo Stato islamico».
«LA TURCHIA INTERVENGA»
Anche la Commissione degli Stati Uniti sulla libertà religiosa internazionale (Uscirf) si è occupata del caso di Radwan, scrivendo su Twitter: «Temiamo per la vita di Radwan Muhammad, residente di Afrin, detenuto e accusato di apostasia. Chiediamo alla Turchia di intervenire e ordinare ai suoi alleati di rilasciarlo immediatamente, oltre a prevenire in futuro simili atti».
La città di Afrin si trova nella provincia di Aleppo e vicino a quella di Idlib, controllata da ribelli e terroristi sotto la giurisdizione della Turchia, incaricata in seguito a un accordo con la Russia di evitare da parte loro attentati e violenze.
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