Le urgenze del Cammino sinodale sono le stesse del popolo della Chiesa?

Di Marco Invernizzi
01 Maggio 2025
Sembra che tutto fosse ridotto all’accoglienza delle persone omosessuali e all’assegnazione di un ruolo consistente alle donne. Tutta colpa della stampa laicista?
vescovi sinodo

Non ero presente all’assemblea sinodale della Chiesa italiana quando è stata rimandata al 25 ottobre l’approvazione del documento conclusivo, molto contestato dalla “base”. Ho letto però quei non molti interventi apparsi sui media e ho chiesto informazioni a chi era presente. L’immagine che se ne trae è quella di una Chiesa attorcigliata su se stessa, attorno a problemi che riguardano una piccolissima fetta della popolazione e non sono sentiti come prioritari dal popolo che frequenta le chiese, minoritario ma ancora di una certa consistenza numerica. Chi oggi frequenta le chiese, sempre meno lo fa per abitudine. Non sono pochi quelli che ritornano a frequentare o chiedono il sacramento del matrimonio dopo anni di convivenza perché attratti dal mistero che si percepisce presente dietro i riti, le parole, la dottrina, la carità esercitata dai cattolici. Questo mistero ha il nome di Cristo, e questi uomini cercano la salvezza eterna, soltanto poi quella del pianeta. 

Sono responsabile di un’associazione che ha per scopo la diffusione della dottrina sociale della Chiesa, questa grande sconosciuta proprio fra i cattolici, dottrina che mira a rendere più facile la salvezza di tutti combattendo quelle «strutture di peccato» di cui parlava san Giovanni Paolo II. Se non si parla della Verità e della salvezza eterna, dei cosiddetti “novissimi”, come si può pensare di essere convincenti sui problemi temporali?

Tutto questo non è stato percepito minimamente da chi ha letto i giornali sulle giornate sinodali italiane. Sembra che tutto fosse ridotto all’accoglienza delle persone omosessuali e all’assegnazione di un ruolo consistente alle donne nella Chiesa. Colpa della stampa laicista? Se è così, perché non denunciarlo? La Chiesa non è una Ong, come ha detto tante volte Francesco. 

Il tema generale del Sinodo

Nel tema generale del Sinodo – “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione” – c’è una parola che non è normalmente presente nella vita delle comunità cristiane (salvo felici eccezioni): missione. In un mondo dominato dal relativismo, i cattolici sono diventati una minoranza sempre meno capace di incidere nella vita pubblica, la “nuova evangelizzazione” sembra disattesa nella vita quotidiana delle comunità. I cattolici sono disorientati: non vengono invitati a proporre Cristo ai loro contemporanei, non vengono formati, come se il Catechismo non esistesse, non sanno che cosa la Chiesa pensa delle maggiori problematiche antropologiche perché non conoscono la dottrina sociale nonostante l’esistenza di un Compendio approvato dal Papa da vent’anni. 

Questo disagio aumenta col passare del tempo. Oggi è diventato difficile organizzare una conferenza perché nelle parrocchie si teme che non venga nessuno, e nessuno o quasi trasmette il Magistero, per esempio riprendendo un’enciclica popolare sul Sacro Cuore come l’ultima di papa Francesco, che non mi pare sia stata presentata all’interno delle comunità cristiane.

Il Sinodo e quel pensiero «di tipo non cattolico»

Non è vero che il popolo cristiano non ami i suoi pastori e non voglia seguirli, tranne pochi esasperati. Ma spesso i cristiani sono privi di indicazioni o ne ricevono di così generiche da apparire incomprensibili o inutili. Il problema formativo è centrale e sta all’origine di molte incomprensioni anche all’interno delle discussioni sinodali. Spesso sembra che i cattolici prescindano dagli insegnamenti della Chiesa ed esprimano un pensiero che contraddice rivelazione e diritto naturale, magari in buona fede. Ma vivere la fede “all’acqua di rose” – come ha detto papa Francesco – non ci permette di servire in maniera adeguata il prossimo. 

Nessuno ha la soluzione magica per superare questa crisi e nessuno deve sostituirsi a chi deve guidare il popolo cristiano. Ma esternare la preoccupazione credo sia dovere di tutti quelli che hanno percepito con estremo dolore la grave crisi che un santo pontefice denunciò molti anni fa: «All’interno del cattolicesimo», disse san Paolo VI a Jean Guitton nel 1977, «sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia». 

***

Una versione di questo articolo è pubblicata nel numero di maggio 2025 di Tempi. Il contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.