
La sinistra e la mazzolata referendaria autoinflitta

Polarizzi un referendum trasformandolo in un messianico e confusionario tentativo politico di spallata anti-governativa, pur sapendo bene quale sia la consistenza storica dell’interesse popolare per i referendum abrogativi.
Cianci di astensione come morte della democrazia e dell’impegno civile (manifestando contorsioni mentali da labirinto borgesiano sul valore del “dovere civico” del voto) quando pochi anni prima la ritenevi fulgido sale della democrazia oppure, più prosaicamente, invitavi convinto all’astensione, dimostrando come e quanto “convenienza di parte” e strumentalizzazione per biechi fini di norcineria istituzionale fossero le uniche cose di tuo interesse.
La “spallata”
Elevi la comunicazione a manichea contrapposizione tra luce e tenebra, mescolando di tutto e di più (l’appello al voto al termine della manifestazione per Gaza deve essere una nuova forma di intersezionalità referendaria), e con ciò rendendo la tornata elettorale ancora più respingente e indigesta.
Elabori, per bocca di Boccia, una mistica algebra politica con arzigogoli alchemico-computazionali e dici che se viene raggiunta una certa percentuale, probabilmente rinvenuta tra le pagine del Necronomicon, la Meloni dovrebbe comunque dimettersi.
Era la formula liturgica della spallata, dell’avviso di sfratto, perché in questo caso lo sfratto torna a piacerti, mica come quando c’è un occupante tumulato dentro una casa altrui.
E invece nessuno sfratto, nessuna spallata, se non quella che hai dato da solo contro il muro della cruda realtà: ciò che resta alla fine è solo il rugginoso sapore dell’ennesima illusione rivestita di toni apocalittici.

Attori, cantanti, scrittori
Organizzi un conglomerato referendario più misto di un fritto, e in cui si chiede la abrogazione di norme che tu stesso hai pensato e adottato anni fa: invogliava a votare esclusivamente una rumorosa iper-minoranza che esiste soltanto sui social, nelle birrerie di Centocelle e nei festival letterari (come il neoliberismo in Italia, Paese che è di suo letteralmente un ibrido tra il Venezuela e un circolo Arci).
Per tutto ciò di cui sopra non sei stato nemmeno in grado di sfruttare ad usum Delphini l’incontinenza esternativa di gente come La Russa o di chi, come Storace, gigioneggia a urne ancora aperte, eccoli i tuoi migliori alleati, i quali invece di fare l’Opossum della Virginia si son dovuti avventurare nel vasto mare del narcisismo da abbronzatura mediatica o social promettendo campagne attive per l’astensione o maramaldeggiando quando ancora la presa per il culo poteva avere effetto mobilitante.
Prendi una prevedibilissima mazzolata, scontata, evidente e che ti sei per vasta parte propiziato da solo, nonostante il solito parterre mobilitato di attori, cantanti, scrittori, i quali per l’ennesima volta hanno dimostrato di spostare il voto nel senso di spostarlo fuori dal seggio.
“Ripartiamo da qui”
Elabori il lutto (che ti sei provocato da solo) parlando di deriva illiberale, torsione autoritaria, decreto sicurezza (che non c’era tra i quesiti), Gaza (manco questa), guerra (come nelle due parentesi precedenti), ignoranza ed egoismo degli italiani: giù allora insulti classisti, i titoli di studio, l’incultura, il Lumpenproletariat che in fondo già Marx lo disprezzava, se avanza tempo il grande classico dell’espatrio (solo minacciato) nell’attico a Saint-Germain-des-Prés, che è la nuova Ventotene con meno Spinelli ma più spinelli.
Paventi la catastrofe, apocalissi sociologiche che Ernesto De Martino al confronto spostati proprio, licenziamenti di massa, forse il cannibalismo, il tono politico si fa processo alle masse ma proprio Il Processo a Gilles de Rais di Bataille, sangue e fine di tutto, la voglia di vivere, di lottare e di combattere che sembrano evaporare e che torneranno intonsi all’uscita del prossimo film di Nanni Moretti quando potrai tornare a mandare i poke su Facebook e a farti le foto con la tessera elettorale sentendoti Beppe Fenoglio quando al massimo sei Beppe Fiorello.
Riesumi la contabilità cabalistica di Boccia per vedere se il raggiungimento del quorum in un unico seggio dislocato in provincia di Stalingrado può legittimare comunque la richiesta di dimissioni della Meloni e interpelli a questo proposito Zagrebelsky, Moni Ovadia e Piero Pelù, ripartendo nel tuo campo largo e santo da quel singolo seggio (localizzato a Bologna o Genova o nella Napoli di Rita De Crescenzo, in quel caso i titoli di studio non contano, o a Roma Centro) su cui salottini televisivi, editorialisti assortiti, intellettuali militanti che hanno fatto assurgere la militanza a reddito di cittadinanza, sentendosi Sartre ma con meno threesome, piangeranno calde lacrime di emozione barricadera ululando il peana del “ripartiamo da qui”.

Sei tu a non capire
Dici che ora la destra italiana ha perso la sponda di Musk, c’è però il neoliberismo che vuole aziendalizzare la scuola e tu immagini che a correggere la verifica su Foscolo abbiano messo Palantir e invece è perché hanno comprato coi fondi Pnrr un tablet alla scuola dove lavori per controllare l’accredito dello stipendio su NoiPA, c’è pure l’intelligenza artificiale che rischia di far perdere il posto ai sindacalisti perché li batte sistematicamente al solitario ma la gente giustamente non capisce cosa cazzo c’entri tutta questa lagna con il referendum.
La insulti ancora di più durante la premiazione del Premio Strega perché non lo capisce, mentre Scurati inizia la stesura di “R” di Referendum.
Perdi le elezioni. Questa volta sei tu a non capire.
Ripetere.
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