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Manca ormai poco alle elezioni regionali in Sicilia, che si terranno il 5 novembre e che si preannunciano, secondo tradizione, come un banco di prova e un laboratorio per le future elezioni politiche che si terranno nel 2018.
Il M5S, che giustamente valuta come decisivo questo appuntamento, ha già calato le sue carte sul tavolo, individuando in Giancarlo Cancellieri il candidato alla presidenza della Regione. Cancellieri è già stato candidato alla carica di governatore cinque anni fa e guida, attualmente, il gruppo pentastellato nell’assemblea regionale. È considerato vicino al vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, che ambisce a sua volta alla candidatura a premier.
Il particolare sistema di voto siciliano, che non prevede il ballottaggio, ma la vittoria del candidato alla presidenza che ottiene più voti, rende plausibili le ambizioni di successo dei grillini. Nonostante il Movimento 5 Stelle in Sicilia sia stato colpito dallo scandalo delle firme false, gli uomini di Grillo stanno tentando il tutto per tutto per riuscire a superare quel 30 per cento che li metterebbe in condizione di puntare davvero alla presidenza, sebbene la recente tornata amministrativa abbia dimostrato il loro scarso radicamento sul territorio.
Per gli altri schieramenti la situazione sembra essere ancora in alto mare. Il centrosinistra siciliano sembra uscire devastato dall’esperienza Crocetta, mentre pare ormai definitivamente tramontata l’ipotesi di candidare il presidente del Senato Pietro Grasso. Nel clima da Basso Impero che regna in questa fase nel Pd dell’isola, difficilmente sarà possibile trovare un candidato competitivo.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Alla luce di questo quadro politico, sconcerta ancor di più la lentezza organizzativa con la quale il centrodestra si accinge ad affrontare la competizione. Pur mantenendo la sua tradizionale forza elettorale in Trinacria, esso appare ancora una volta molto frammentato e soprattutto poco attrezzato dal punto di vista della proposta politica. All’atavica lotta tra le varie personalità locali, si aggiungono quest’anno le spaccature politiche a livello nazionale, a cominciare da quella consumatasi nel corso della legislatura tra l’attuale ministro degli Esteri Angelino Alfano e Silvio Berlusconi, per proseguire con le difficoltà a trovare una quadra che si continuano a registrare tra Forza Italia e la componente sovranista del centrodestra, rappresentata da Salvini e dalla Meloni. Eppure la corsa per Palazzo dei Normanni potrebbe essere l’occasione giusta per sperimentare ciò che politicamente, nonostante tutte le sue lacune, la maggioranza degli italiani sarebbe disposta a premiare e a mandare anche al governo del paese: un centrodestra rinnovato ed unito.
Per ora ad essersi fatto avanti, rivendicando autonomamente la candidatura a governatore è l’inossidabile Nello Musumeci, da sempre vicino a Storace. Musumeci è stato già candidato due volte alla presidenza siciliana, l’ultima volta in solitaria, non essendo riuscito a coagulare attorno a sé tutte le forze di centrodestra, e c’è chi dice che in questi anni abbia anche perso parte dello smalto elettorale che un tempo lo contraddistingueva. La sua autocandidatura appare, dunque, divisiva: proprio ciò che occorrerebbe evitare per raggiungere quel 35 per cento che, stanti così le cose, appare essere la soglia di sicurezza per insediarsi alla carica di governatore.
Probabilmente servirebbe un profilo più giovane, magari dotato della necessaria esperienza per affrontare una sfida così ardua come quella di amministrare una regione complessa come la Sicilia. Forza Italia dovrebbe assumersi l’onere di guidare la coalizione, anche esprimendo il candidato. Un candidato possibilmente gradito all’ala sovranista e su cui fossero disponibili a convergere anche quelle componenti centriste – da Lombardo a Cuffaro – ancora radicate a livello locale.
Un profilo che sembra tagliarsi perfettamente addosso a Basilio Catanoso, parlamentare catanese di 53 anni, in quota Forza Italia ma proveniente da Alleanza nazionale, vicino all’ex ministro Altero Matteoli, di cui si parla con sempre maggiore insistenza negli ambienti politici dell’isola come una buona soluzione per unire tutto il centrodestra e portare a casa il risultato. Se Gianfranco Micciché, vero deus ex machina degli azzurri in Sicilia, portasse all’attenzione di Berlusconi una simile ipotesi, potrebbe passare proprio per Palermo la ricostruzione di un centrodestra unito e vincente in vista del traguardo del 2018.
Foto Ansa
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