Se vi pare scontato il diritto a essere “genitori nonni”
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Ieri gli opinionisti, da destra a sinistra, dalla Repubblica alla Verità, erano tutti concordi: nei confronti dei genitori di Mombello è stato compiuto un sopruso. È rara una tale uniformità di giudizio, eppure da Massimo Gramellini a Maurizio Belpietro la lettura della sentenza pronunciata a Torino nei confronti di Luigi Deambrosis e Gabriella Carsano era identica: malagiustizia, scandalo, aberrazione. Occorre però provare a mettere in fila tutti i dati di cronaca prima di pigiare il pilota automatico dell’indignazione.
LA VICENDA. Luigi Deambrosis ha oggi 75 anni, sua moglie Gabriella ne ha 64. Da anni desiderano avere un figlio, ma la loro richiesta d’adozione è sempre stata negata. Hanno provato anche con l’adozione internazionale, ma la loro domanda è stata, di nuovo, respinta. Nel 2010, quando lui aveva 69 anni e lei 57, decisero di ricorrere alla fecondazione eterologa. Su questo evento i due non hanno fornito alla stampa alcun dettaglio. Essendo all’epoca vietata in Italia, dove sono stati? Come è avvenuta l’inseminazione? L’età della donna è avanzata, i casi di successo sono rarissimi – per le statistiche intorno all’1 o 2 per cento –, la legge italiana (la tanto vituperata e ormai sfilacciata legge 40), pur non fissando un limite all’età della donna per il ricorso alla pma, specifica che deve essere in età fertile. Gabriella lo è? Si è recata all’estero per ricorrere all’eterologa? Di tutto questo sui giornali non se ne parla; massimo riserbo.
LA SENTENZA. Nel giugno 2010, pochi giorni dopo la nascita della piccola, Luigi la lasciò per pochi minuti in auto da sola mentre rientrava in casa a prendere il biberon. Una vicina vide la scena e avvertì le autorità. La bambina, sentenziò nel 2011 il Tribunale dei minori, fu tolta a Luigi e Gabriella e affidata ad un’altra famiglia. In questi anni si è passati da un tribunale all’altro finché si è giunti alla sentenza dell’altro giorno: la Corte d’appello di Torino ha deciso che, sebbene Luigi nel frattempo sia stato assolto dall’accusa di reato di abbandono, la bambina deve rimanere con la famiglia affidataria e non deve ritornare dai suoi “genitori nonni”.
I COMMENTI. Di qui i giudizi unanimi dei commenti apparsi ieri sui giornali. Per Massimo Gramellini sul Corriere della Sera i due sono colpevoli di “reato d’anzianità”: è tutta colpa della lentezza dei tribunali e dell’ipocrisia di questo paese che «non toglie la patria potestà ai mafiosi e si riempie la bocca con la sacralità della famiglia». Pietro Senaldi su Libero ha parlato di «malagiustizia», di «giustizia schiacciasassi» e di due poveri genitori la cui unica colpa è di non essere «vip, ricchi o gay». Quando si tratta di Nichi Vendola o Gianna Nannini, scrive Libero e commenti simili sono apparsi anche sul Giornale e la Verità, la giustizia tace o fa in fretta, mentre questa volta, trattandosi di “persone normali”, accadono questi pasticci.
Su Repubblica Chiara Saraceno si è applicata nel risolvere il dilemma se si debba privilegiare il diritto dei «genitori naturali» (sic!) «cui la bambina è stata ingiustamente sottratta» o quello dei genitori che l’hanno allevata negli ultimi cinque anni.
DATI DI CRONACA. Addentrandosi nelle pieghe della cronaca si viene a conoscenza di un numero non indifferente di notizie che dovrebbe rendere più sorvegliati i giudizi tranchant dei nostri opinionisti. Innanzitutto l’ultima sentenza ha una sua ratio: se il bene supremo da preservare è quello della bambina, è ovvio che l'”interesse del minore” cui oggi occorra fare riferimento è relativo alle sue condizioni attuali, non a quelle di quando aveva 35 giorni. Due: esistono relazioni dei servizio sociali che, il giorno dopo la nascita della bambina, avvertivano «della difficoltà della signora [Gabriella] nella relazione con la figlia» e del suo «netto rifiuto» ad essere supportata psicologicamente. Tre: su Repubblica è intervistata Melita Cavallo, storica presidente del Tribunale dei minori di Roma, da sempre in prima linea a favore di una giurisprudenza al passo coi tempi che, questa volta, si dimostra ben poco “progressista”, anzi spiega, nemmeno troppo velatamente, che i due genitori, al di là della questione dell’età, erano ben conosciuti dal Tribunale dei minori e non era un caso se «non erano stati ritenuti idonei per l’adozione».
FERITE ESISTENZIALI. Come si vede, nei commenti apparsi sui giornali si enfatizzano alcuni particolari e se ne lasciano sottotraccia degli altri. Sotto il cono di luce si mettono la lentezza della giustizia e il torto subìto da Luigi (prima accusato di abbandono di minore, poi assolto), all’ombra se ne lasciano altri (l’eterologa, le sentenze dei tribunali che non li ritenevano idonei per l’adozione, l’età della coppia). Ciò che sgomenta, almeno noi, è che nei commenti si dà come assodato che sia un «diritto» per una coppia di anziani avere un figlio. Non lo è, ma dato questo come incontrovertibile postulato, tutto ne discende. Per noi, invece, la vicenda è significativa da un altro punto di vista: e cioè che nell’era della riproducibilità tecnica, i diritti/desideri generano solo ammaccature e ferite esistenziali in cui a farne le spese sono sempre i più deboli, i minori appunto.
Foto Ansa
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