Se potessi avere uno stabile “okkupato” che integrazione ti farei

Di Luigi Amicone
04 Giugno 2017
Coi soldi Ue, al massimo sfornano cento palazzine e mille alberghetti di poveracci ammassati sparsi per l’Italia. Ma il destino di questi ragazzi non interessa a nessuno

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Dirò col Jannacci – che amici miei torneranno a celebrare con lo spettacolo Grazie Maestro! il dì 6 giugno, Milano, teatro Carcano, ore 20,30 (e già che ci siete il 7 non perdetevi l’happy hour delle 19 al Richmond Café di via Gioia 69 col super otorino prof Dragonetti e la sua associazione benefica “Tra capo e collo”) – che «quest ca sunt dré a cüntavv, l’è ’na storia vera». Anche se non è vero che andavo a Rogoredo. Andavo a Porta Garibaldi. Ed era el dì de martedì 23 pasà. Passata che era la marcia dell’integrazione e della bontà de sabet 20 maggio. «Là dove el navili l’è pussé negher. Dove i barcún i poeden no ’rivà…». Là dove i navigli sono più scuri, dove i barconi non possono arrivare, era la visione di un barcone Fs di mezza mattina sul Monza-Milano. Unico indigeno io, tra decine di pussé negher. Che uno recitava brani del Corano impressi sul Samsung. L’altro aveva al Samsung l’auricolore per bombarsi di video e musica rap. Un altro ancora, confraternita Samsung anche lui, sprofondato in contemplazione di sms e mail. Giovanotti sui 25 vestiti ammodo e dall’aria gentile. Altro che “vu cumprà”. Alti, snelli, belli. A occhio, tra capi di abbigliamento e valigeria, avranno avuto addosso un mezzo migliaio di euri a vatusso.

Dunque, migranti perché? Perché l’Europa gli dicono sia l’Eldorado? Già. Si sa che in Libia organizzano i “viaggi della speranza” con lo stesso sistema con cui noi, qui, facciamo debiti pur di andare per una volta a Ibiza o a Lourdes. Me lo ha confessato uno di quei nigeriani con la croce al collo e il cappello in mano. Fateci caso. Son tutti uguali. Tutti stesso stile elemosinante. Tutti appostati agli angoli delle vie e piazze più frequentate. «Scappo da Boko Haram, sono cristiano, una moneta per favore». Ti hanno istruito bene, eh? Come gli zingari davanti alle chiese.

E un’ennesima conferma – vedete cosa si impara a girare a piedi invece che con l’auto blu dell’assessore proextracomunitario Pierfranci Majorino? – mi viene dal senegalese in cui inciampo ai giardini di corso Venezia. Che, svogliatamente, cerca di piazzarmi il libro solidale della classica arcobalenata Ong. Come ci sei arrivato a Milano? «Dalla Francia». E in Francia? «Con l’aereo». Visto turistico? Risata. Chi ti ha portato qui? Risata. Bella l’Italia, eh? Nella Republique della laïcité se ti beccano a fare il mendicante o il venditore di paccottiglia come questa, ti portano via i gendarmi. «Vero. Qui buona Italia. Però niente lavoro». E perché non torni in Senegal? «Io non sa come tornare. Facile arrivare. Difficile tornare. Soldi, molti soldi». Ma che vita è questa? Hai 24 anni e non mi sembri scemo. Perché stare per strada? Risata. Di che religione sei? «Musulmano. Musulmano…». Ho capito, mica mi devi stonare con ’sta cosa che sei “musulmano”. Risata. Ma cosa aspetti a farti cristiano? Un albero si capisce dai frutti. L’hai capita questa? Risata. Senti, ti do una dritta. Cerca un prete. Digli che ti vuoi battezzare e chiedigli di aiutarti a trovare un lavoro. Risata. «Io musulmano. Però pensarci». Ci siamo salutati con reciproca simpatia.

Meglio di certi nostri ventenni
Sono bravi ragazzi questi pussé negher che ozieggiano in giro per l’Italia. Mettono finanche allegria. Di sicuro non sono come certi ventenni nostrani che portano in giro facce così patetiche che vien da chiedersi se si nutrano soltanto di aperitivi e cannabis. Al che, dopo questi incontri di mezza mattina a Milano, da consigliere comunale berlusconico ad assessore di giunta boldrinica, mi è venuto da chiedere: Pierfranci, me lo dai uno stabile “okkupato”, che con cento di questi pussé negher ti scodello un modello di integrazione a chilometro zero, con annessi pensionato, bottega e scuola di lingua storia costume e religione patria? Non succederà. Perché Pierfranci è geloso dei suoi poveri. Così come gelosi dei loro “ultimi” sono i preti radical chic, le Ong e gli albergatori. Che a quasi 40 euro al dì, con la scalognata ditta profughi&migranti, ci fanno una pizza di introiti alle quattro stagioni.

Ma quale piano di integrazione. Coi soldi Ue, la vulgata onusiana cementata col calabraga ecclesiastico ci fa un programma di accoglimenti integranti e di manifestazioni antirazzisteggianti. Che alla fin dei conti (in euro, e magari pure qualcosina in nero) al massimo sfornano cento palazzine e mille alberghetti di poveracci ammassati sparsi per l’Italia. Un grande social network de “volemose bene”. E colonne di pussé negher a zonzo, dediti al beato nulla di furtarelli, spaccio e “avere una monetina? grazie”. Qualcuno lo caricano nel funzionariato statale locale (vanno forte i “mediatori culturali” cosiddetti). Così poi lo cammellano anche alle marce Caritas-Cgil. Ma il destino di questi ragazzi non interessa a nessuno. Figuriamoci. Ha smesso di interessarci il nostro. Si capisce, perciò, che quello lì di Jannacci e questo qui pussé negher, «gira per Rogoredo e vosa come un strascée: no, no, no no, non mi lasciar…».

@LuigiAmicone

Foto Ansa

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