La realtà è che la scuola è in mano ai sindacati. Bisogna darci un taglio

Di Luigi Amicone
16 Maggio 2015
Volete veramente strappare la pubblica istruzione alle grinfie dei sindacati? Introducete i costi standard. Se non per i salesiani, fatelo almeno per Berlinguer
Un momento della manifestazione della scuola a Roma, 5 maggio 2015. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

«Arriva il giorno che si è stanchi rasi di leggere e ascoltare le insensatezze». Suor Anna Monia, presidente di una associazione di scuole paritarie, mostra una tabella comparata di come sta messa la scuola italiana in Europa. Su 28 paesi, i nostri 15enni sono al sedicesimo posto nella competenza in lettura, al 21esimo in matematica, al 22esimo in scienze. Inoltre, come sistema paese, siamo al 24esimo posto per abbandoni precoci, al 27esimo sia per livello di istruzione della popolazione sia per età degli insegnanti (solo l’11 per cento ha meno di 39 anni nelle scuole secondarie) e al 26esimo per tasso di occupazione giovanile e di diplomati e laureati che lavorano nel campo degli studi che hanno sostenuto.

Siamo tutti capaci di sognare per l’Italia un dolce domani dove gli abbandoni scolastici saranno percentuali residuali, le competenze dei nostri figlioli rispetteranno la media europea, il disagio giovanile frutto di disoccupazione mentale e frustrazione da caserma (spinelli, alcol, bullismo, anoressia eccetera) verrà drasticamente abbattuto. Tutti sono capaci di immaginarsi una “Buona Scuola”. Il problema è che l’immaginazione teme i sacrifici, i costi, le azioni che si rendono necessari per trasformare i sogni in realtà. E così il ministro Maria Elena Boschi ha perfettamente ragione quando sogna che «lasciare la scuola solo in mano ai sindacati non funziona». La realtà è che la scuola è in mano ai sindacati. Dunque la signorina si becca la ramanzina della Cgil, sindacato dei sindacati: «Il ministro conferma l’arroganza e il disprezzo della democrazia» (talché, commenterà nella rassegna Stampa & regime di Radio Radicale Massimo Bordin, «la Cgil ammette che sì, c’è democrazia solo se in mano ai sindacati»).

Supponiamo però che un piccolo sforzo di realtà il governo Renzi l’abbia fatto. Un pizzico di autonomia, di autorità e di responsabilità in più nella scuola (con l’ovvia – ovunque, tranne nel soviet – introduzione di elementi di merito e di valutazione delle professionalità). Impossibile. Non è come per l’Italicum. Schiantare i partiti è un gioco da bambini. Chissenefrega se la minoranza Pd la prende in quel posto e il grillino va sull’Aventino con Vendola e Brunetta. È invece talmente ingarbugliato, coatto, cementato il campo dell’istruzione pubblica, che come ti muovi sbagli. E come sbagli prendi ceffoni (che poi faranno male alle urne). E infatti, erano anni che non si vedeva uno sciopero del comparto scuola – insegnanti, bidelli, precari, postulatori eccetera – così ben riuscito. Secondo le cifre ufficiali fornite dal dipartimento della Funzione pubblica, gli aderenti sono stati 618.066 su un milione di dipendenti, il 64,89 per cento. Con ciò, un milione tredicimila e trecentoventidue addetti della scuola (dato della ragioneria di Stato aggiornato al 16 dicembre 2013) sono stati comandati da Cgil, Cisl, Uil, Confsal, Snals, Cgu-Cisal, Gilda, Usb, Unams, Usae, Cse e tante altre sigle minori, a fare uno sciopero che non si vedeva dagli anni Novanta. Hai voglia a dire che lasciare la scuola in mano ai sindacati non funziona. La scuola è in mano ai sindacati. È così che funziona. E sono mica pochi i tesserati. Mezzo milione. Da qui la asseverazione strategica da parte di giornali come Repubblica, monsignor Della Casa e Galateo de’ costumi tra le aule scolastiche.

C’è alternativa a questo sistema di provare a fare una riforma a Roma e, contestualmente, sbattere la testa sull’irriformabilità del sistema? Sì. Se Roma avesse il coraggio di predicare la via lombarda e veneta all’istruzione pubblica. Che è poi l’esatta (e inapplicata a livello nazionale) via alla parità scolastica indicata da una legge del 2000 detta anche “Berlinguer” (non un Caimano, ma il comunista parente dell’altro più celebre Enrico). Questa legge, integrata dai “Buoni Scuola”, ha per caso messo per strada gli insegnanti e messo in crisi le scuole statali? O ha creato più scuola pubblica e opportunità di lavoro?

Come diceva il compagno Gramsci
Basterebbe, per dire, legiferare a Roma tale e quale quanto ora domanda la petizione milanese di Maria Chiara Parola e Felicita Fenaroli, due mamme “sottoscritte” da altre ventimila: «Si determini il costo standard per alunno e si utilizzi quel criterio per finanziare tutte le scuole pubbliche (statali, paritarie e degli enti locali) per mettere chiunque in condizione di scegliere la migliore scuola pubblica per i propri figli». È tutto molto semplice. Perché il 90 per cento dei 55 miliardi che lo Stato spende per la scuola se ne va in stipendi invece che in investimenti per rendere, come si dice, la scuola italiana riformata, innovativa, efficiente e pubblica alla grande? Perché lo Stato (e i sindacati) insistono a difendere una spesa di circa 8 mila euro ad alunno quando il privato sociale svolge lo stesso servizio a metà costo.

L’alternativa definitiva? Quella indicata a suo tempo dal compagno Antonio Gramsci, dimenticato e tradito dalla sinistra italiana: «Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente dal controllo dello Stato». Chi la sta provando questa via gramsciana alla scuola pubblica? Ad esempio i Tipi Loschi di San Benedetto del Tronto. Che come le radio libere battezzate negli anni Settanta fanno già ora una scuola libera. «Ma libera veramente e mi piace ancor di più perché libera la mente» (cantava Eugenio Finardi) dalla sudditanza nei confronti dello Stato, dal comando dei sindacati, dai luoghi comuni di monsignora la Repubblica.

@LuigiAmicone

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20 commenti

  1. Silvia

    Scuola e Magistratura sono due dei famosi “gangli” della società civile che Gramsci indicò come prioritario “occupare” dalla sinistra. E così è stato fatto, utilizzando lo strumento CGIL (ed è proprio per questo che le paritarie sono così osteggiate dalla sinistra, perchè non sono asservite a PD e compagni vari).
    Fino a che questi due fondamentali punti della nostra società saranno in mano alla politica, e in particolare alla politica di sinistra, per l’Italia la strada sarà in salita e la democrazia in discesa.

    1. Filippo81

      Gentile Silvia, sinceramente non vedo grosse differenza tra la gestione dei ministri centrosinistri e centrodestri, anzi le varie moratti e gelmini sono riuscite,cosa non facile, a fare peggio dei loro colleghi della fazione opposta !

    2. Raider

      Ha ragione, Silvia, quando sostiene che scuola e magistratura sono feudi della Sinistra: ma ricordi, al riguardo, quali governi hanno consentito tutto questo. Ciò detto, che significa, che la Riforma della scuola Renzi la sta facendo a decreto battennte come pulizia ideologica anti-Sinistra? Vogliamo scherzare?
      Ho parlato con i professori della scuola di mio figlio: di ruolo e precari: giovani e meno giovani. Dalle reazioni a certi miei item non Invalsi, i più bellicosi nella difesa di teorie gender e direttive Ue politicamente corrette i materia di immigrazione et similia, i sono sembrati i più giovani. E alcuni docenti miei parenti e amici i ano detto che, in pratica, l’Ue ha avviato una sorta di schedatura online dei docenti su questi temi: rigorosamente anonimi, ma del tutto non anonimi, come tutto ciò che è online.
      Posso sbagliare, ma la mia opinione, cara Silvia, è che “Tempi” abbia tutto il diritto e faccia non bene, faccia benissimo a difendere le paritarie: ma, per il resto, sarebbe opportuna una riflessione meno frettolosa di quanto non abbia fatto il Parlamento precettato da Renzi, a riflessione non animata da spirito vendicativo nei confronti di una categoria, quella degli insegnanti, che si vuole epurare darwinianamente: e forse, anche umiliare.
      Poi, se, come dice qualche mio conoscente, occorre “massacrare questi ignoranti e fannulloni”, riferendosi ai docenti, ma, per par condicio, anche agli alunni (altro che “garanzia del successo formativo”) e alle famiglie (superstiti), mi pare che Renzi proceda nella direzione giusta.

  2. claudia

    Insegno regolarmente come supplente da 10 anni nella scuola elementare (odio dire primaria-perché-devo-far-l’americano-come-la-primary school!) Comunque…mai parlato finora con un dirigente, come faranno a sceglierci vorrei proprio saperlo.
    I dirigenti si fan vedere sono quando ci sono casini…e in genere fan di tutto per pararsi il c… loro!

    Per quanto riguarda l’equazione “se il cliente è soddisfatto..” che qualcuno proponeva, ricordo benissimo i sondaggi che ci facevano fare all’università sul corso-professore… tutti noi rispondevamo in negativo apposta! ed eravamo all’università… figurarsi se poi si parla di adolescenti insoddisfatti per definizione o di bambini che non sanno neanche di stare al mondo! quindi dovrebbero giudicarci i genitori (come se già non lo facessero) e su quali basi, visto che le 8 ore in classe loro non se le fanno?!

    E infine per le mitiche prove Invalsi prima di parlare VE LE VOLETE ANDARE A GUARDARE!!!

    Per avere qualità l’unica soluzione sono corsi SERI OBBLIGATORI di formazione come si facevano fino a 20-30 anni fa!
    E per la valutazione dell’insegnante METTETELA VIA! Alla fine per quanto possano inventarsi NON CI SARA’ MAI NULLA CHE POSSA VERAMENTE ESSERE IN GRADO DI DARE UNA VALUTAZIONE CORRISPONDENTE ALLA REALTA’! è come se si pensasse di fare una valutazione del buon genitore o della buona persona!
    Sono troppe le variabili SOGGETTIVE in campo, ma non sarà forse,forse……, perché si ha a che fare non con numeri, ma con ESSERI UMANI?!!!

    1. Filippo81

      Hai ragione Claudia, è che si parte dal presupposto che la Scuola pubblica (statale e non statale) sia come un’azienda (scomoda e da ridimensionare il più possibile ) che produce manufatti, ma non è così.

  3. Raider

    Insisto: e cerco di semplificare tenendo conto delle spiegazioni, informazioni e preoccupazioni diverse espresse da insegnanti di tutti gli orientamenti pedagogici (nessuno pro-gender) e ideologici (dai para-fascisti ai marx-leninisti e trozkisti) che hanno scioperato sfilando d’amore e d’accordo, nella mia città, in una misura che non si vedeva dagli anni Settanta e non a caso, al suono di “Power to the People” e “Eve of Destruction”: rilevare capillarmente la qualità della didattica è finalizzato al licenziamento in tronco degli insegnanti scarsi per puntare sui migliori dandogli più studenti e più soldi: o mira a una riqualificazione degli insegnanti, per ragioni varie, meno “produttivi”? Siccome, fra l’altro, bravi e meno bravi, fra i docenti come fra tutti gli altri, ci saranno pur sempre: e siccome, se si vogliono tutti e solo paritariamente più bravi, la scuola non selezionerebbe abbastanza gli studenti meritevoli di essere assunti col job act – detto così che va bene a Renzie che vuo’ fa l’americano: l’avete sentito parlare agli incontri internazionali, il bel tomo della buona scuola? Fa ridere anche chi non mastica inglese, sembra che abbia masticato solo chewing-gum.
    E poi, calma: tutti gli inseganti che conosco si ritengono bravi, certo! Chi osa dubitarne? Ma quando venisse fuori che la scuola e l’Università che dovrebbero essere riformate mediante il loro impegno didattico non li ha formati abbastanza bene, che si fa? Li si licenzia tutti? O li si arruola nelle cooperative che danno assistenza agli immigrati? O gli si dice di riciclarsi, come suggerisce Alfie “Bugs Bunny”, in affittacamere degli immigrati (se ci rendiamo conto nelle mani di chi siamo)?
    Perché dalle mie parti non troverebbero alternative, insegnanti over 50 a spasso: la pesca è agli sgoccioli, l’edilizia è un obitorio, l’agricoltura boccheggia, il turismo, se sfruttato in tutto il suo potenziale, è stato calcolato non potrebbe produrre più del 10% della ricchezza siciliana, ma non certo per dare lavoro a docenti licenziati per scarso rendimento, che nessuno intende riqualficare perché costa e soprattutto, perché lo Stato va reso più small o light, veda un po’ Renzi quale termine che non capisce gli piace di più.
    La mia sensazione è che questa Riforma sia assurda come tutte le altre. Perché non sa che vuole, non ha idea del modello di società e del tipo di cittadino-professionista, cittadino-tecnico, cittadino-imprenditore, cittadino-docente e discente che vuole. Prevalgono le ragioni di bilancio, si capisce: e per il resto, ci si dice: noi abbiamo già gli immigrati cui dare risposte: voialtri, arrangiatevi.
    E’ così, non è così? Spero che qualcuno possa rispondere a questioni che non sono solo scolastiche.

    1. Filippo81

      Interessante riflessione, Raider.Io, inoltre ,penso che alle nostre elites, quelle vere,cioè quelle che detengono il potere economico- finanziario, non freghi un tubo della Scuola Pubblica (statale o paritaria). I figli dei Paperoni e dei parrucconi frequentano normalmente lussuose scuole a pagamento, per cui l’Istruzione pubblica è per loro solo un fastidioso problema, un’inutile costo,ecco perche i vari ministri gelmini, moratti, giannini.ecc.

    2. Emanuele

      Mi par di capire che uno dei problemi principali sia la valutazione della didattica e degli insegnanti…

      Io lavoro per una multinazionale e la valutazione del lavoro è pane quotidiano. L’equazione è molto semplice: se il cliente è soddisfatto farà nuovi ordini.

      Da che ne so io, nessuno nella mia azienda è stato licenziato per scarse performance. I più bravi sono solitamente premiati con premi produzione o scatti di carriera più rapidi (non automaticamente di stipendio, che è regolato dal contratto nazionale di settore). Ai meno produttivi vengono chiesti corsi di aggiornamento o lavorare su progetti di crescita personale. Non necessariamente si deve stilare una classifica, se tutti hanno fatto correttamente il loro lavoro, tutti vengono premiati. Chi fa bene il proprio lavoro non deve temere la valutazione, come lo studente preparato non teme gli esami.

      Nella scuola, e nelle sue innumerevoli riforme, i clienti, che sono alunni e famiglie, difficilmente sono stati messi al centro. La scuola dovrebbe essere valutata da alunni e genitori… ovviamente per poter valutare servono dati e test.

      Opporsi ai test INVALSI esprime solo la volontà di lasciare tutto a livello mediocre, di abbassare le eccellenze per nascondere le lacune.

      1. Raider

        Emanuele, grazie per la risposta, ma il problema non è la valutazione, quanto il fatto che il governo mira a ” alleggerire” il comparto scuola così come, in generale, tutta la pubblica amministrazione. Anche se tutti gli impiegati – dal catasto all’ufficio anagrafe, dalla giustizia alla pubblica sicurezza – fossero di livello eccellente, Renzi e alleati dovrebbero trovare il modo di disfarsene. Il problema è la denatalità, rispetto a cui i governi hanno fatto ben poco e fa degli italiani un popolo di pensionati che deve importare extra-comunitari per farsi pagare le pensioni: nel caso della scuola che si fa, si importano stock di bambini da Africa e Asia per dare lavoro agli insegnanti migliori? E con tutte le storture dello strapotere sindacale nei decenni passati e il loro declinante potere di interdizione odierno, che si vorrebbe, che i sindacati non difendessero i posti di lavoro? E quali alternative per i licenziati hanno i tecnici e politici al comando, sempre meno legittimati dal consenso democratico? Io non ne vedo molte, vedo una miseria a tutele decrescenti che fa paura.
        Vedo, anche, che tanti si fanno belli con i diritti umani, non appena hanno di fronte un immigrato: ma se si tratta di un connazionale, gli si dice che, nel suo caso, non hanno valore neppure i diritti costituzionali: alla libertà di voto ci ha pensato il Renzi Italicum, con una legge su misura per le segreterie dei Partiti; il diritto al lavoro significa, praticamente, che uno può morire liberamente di fame senza che la cosa riguardi chiunque governi questo Paese. Non mi pare una prospettiva esaltante.

    3. Filippo81

      Sicuramente, Raider, per gli ultimi governi sono più importanti gli extracomunitari dei giovani Italiani non provenienti da famiglie agiate.

      1. Raider

        Gli ultimi governi, compreso qualcuno di quelli che ho votato anch’io, sono le cinghie di trasmissione dell’eurocrazia. Per loro e per la loro Costituzione, Preambolo in primis, l’immagine del perfetto cittadino di Eurolandia in via di morphing per farne Europistan è l’immigrato: senza patria, senza identità, senza famiglia – non sappiamo chi sono, da dove vengono, perché, che vogliono, se sono solo di passaggio in quanto affetti dalla sindrome del nomadismo o se vogliono stabilirsi dove gli aggrada, alberghi a quattro stelle con gli optional desiderati -: senza questi imbarazzi, queste palle al piede che drenano il sendero lminoso, il corso delle magnifiche sorti e progressiste – senza Dio Patria Famiglia – e pronti a tutto, specie gli immigrati africani con un bagaglio storico assai ridotto, a fare tutto quello che i signori e padroni della globalizzazione gli chiedono.
        E a noi identitari della Destra sociale, Filippo81, mazzate, disoccupazioe, criminalizzazione, ddl anti-oslaofobia e anti-omofobia.

        1. Filippo81

          Analisi lucidissima , Raider, concordo del tutto !

        2. Raider

          Pardon: all’ultimo rigo, leggasi “anti-islamofobia.”

  4. Filippo81

    Anche i governi hanno dato una robusta mano nel voler affossare la Scuola (vedi ministri gelmini e moratti ad esempio)Ilproblema non sono solo i sindacati .

    1. yoyo

      I tagli alla scuola sono stati fatti un po alla cavolo, ma ciò è dovuto anche alla situazione venutasi a creare con lo statalismo.

      1. Filippo81

        Non c’entra lo statalismo, Yoyo, è che i governi centrodestri ( ma i centrosinistri avrebbero fatto lo stesso) hanno fatto tagli alla scuola per fare cassa, per assecondare la troika, chiamandoli “riforme “.Non volendo colpire i privilegi (pensioni d’oro,stipendi faraonici manager pubblici ecc) sparano sulla Croce Rossa, come al solito.

  5. Emanuele

    Il costo standard non ce lo concederanno mai… aspetteranno, come sempre in Italia, di arrivare al punto di non ritorno. Lasceranno che la scuola statale si consumi lentamente sotto la mala gestione sindacale, facendo sì che gli stipendi assorbano il 100% dei finanziamenti, ammassando studenti in edifici pericolanti, tagliando tutto il materiale didattico e le attività extracurriculari.

    Nel frattempo daranno la colpa di questo sfascio alle scuole paritarie, imputandogli la colpa di tutti i mali alle briciole di finanziamento che ricevono, come avvenuto con il vergognoso referendum bolognese. Così c’è la scusa pronta per tagliare sempre di più i finanziamenti e ridurre le agevolazioni (cosa perpetrata da vari sindaci illuminati come Marino ).

    Risultato? Le scuole paritarie pubbliche e private sono sempre più una rarità. Nel mio quartiere almeno 4 hanno chiuso in pochi anni o sono passate all’amministrazione statale.

    Forse per qualcuno sarà un bene, non certo per alunni e genitori… orari compressi, attività extra annullate, nessun corso di lingue né attività motorie, materiali didattici da portare da casa.

    Quando lo sfascio sarà completato, e lo stato riconoscerà di non poter più provvedere, allora daranno i voucher, ma chi subentrerà? Gli enti locali con le casse a secco? Le cooperative fallite? Gli enti ecclesiastici chiusi? …no di certo! Arriveranno grandi gruppi organizzati (Cepu, e-campus , etc.) a spartirsi una torta miliardaria…

    Allora i sindacati buberanno un po’, ma alla fine si consoleranno con i loro iscritti : i pensionati.

  6. Raider

    Non pochi fra i miei parenti, amici e conoscenti sono insegnanti alle Medie inferiori e superiori o docenti universitari: qualcuno, sindacalista; alcuni, sindacalizzati, la maggior parte, né l’una cosa né l’altra, vanno a rimorchio o polemizzano con tutti, senza eccezioni, dal Ministro ai Sindacati. Mi sono fatto spiegare da loro la Riforma – dopo la “Costituzione più bella del mondo”, la Scuola più buona del Resto del Mondo: ai derby giocati in casa, noi italiani vinciamo sempre: e perdiamo regolarmente il campionato, laddove anche con i play off salvezza ce la stiamo vedendo molto brutta -: ognuno dava, come spesso accade quale che sia l’argomento della discussione, una versione personale della storica mutazione renziana della scuola. Sulla base di ciò che ho sentito e facendo una media forfettaria, spero, non troppo alla grossa, provo a dire la mia, scusandomi in anticipo se dovessi dire cose non pertinenti e contando sulle dritte giuste da chi ne sa di più.
    – La mega-Riforma ha motivazioni nobili, cioè, più che rispettabili ragioni economiche, di bilancio: lo Stato non può sobbarcarsi l’onere di un servizio insostenibile e fallimentare: e infatti, va cercando partner nelle imprese, che non si trovano facilmente in molte zone d’Italia. Le ragioni di questa ristrutturazione amministrativa sono, in parte, extra-scolastiche: denatalità vuol dire meno allievi e troppi insegnanti: quindi, è necessario sfoltire i ranghi del vecchiume: ma a fare bambini, a incoraggiare, a promuovere la formazione di famiglie in un contesto che colpevolizza, delegittima, destruttura le famiglie, non ci pensa nessuno, nemeno la scuola della Riforma. C’è anche, però, un sottotesto ideologico: lo Stato si faccia da parte, essendo la principale minaccia alla libertà dei cittadini;
    – non si trovano, nella Riforma del Nuovo Miracolo all’italiana – cioè, a costo zero, a forza di comunicati-stampa per le agenzie nazionali e estere, per le videate in prima serata e gran finale a Porta a Porta -, cenni relativi alla didattica che non siano sul piano degli auspici di rito: alternanza scuola-lavoro, dove il lavoro c’è ancora; più “cultura d’impresa”, che ci faremo spiegare dai cinesi; tutti, a scuola – docenti discenti personale a.t.a. -, devono, in capo a qualche anno, esprimersi in inglese all’interno dell’edificio scolastico; più computer e lavagne interattive;
    – alla didattica nebulosa si contrappone un rigoroso servizio di rilevazione dei risultati della didattica, verifica rimessa a enti extra-scolastici: lo scopo è quello di eliminare darwinisticamente il surplus di insegnanti che non rendono quanto costano e favorire la meritocrazia, per ragioni che sommano la difesa della qualità della didattica alla lotta alla quantità dei docenti: se il personale va ridotto, i meritevoli avranno classi più numerose in cambio di aumenti di stipendio. Questo incentivo alla produzione di sapere da distribuire fra classi più affollate comporterà un incremento della concorrenza non solo fra scuole, ma, soprattutto, fra docenti: meno collaborazione e più rivalità, che fa tanto bene alla formazione scolastica buonista.
    Stando così le cose, se non ho capito male, mi pare che quello, per es., del “preside-duce” come dei soldi alle paritarie siano falsi problemi: perciò, su di essi si concentrano infallibilmente le attenzioni e gli eroici furori scioperaioli dei sindacati, che si avviano in corteo a perdere quest’altra guerra. Ma, come in altri casi della renzite, la febbre del sabato sera si lavora di più per rottamare, mi pare vi siano contraddizioni di cui, al governo come all’opposizione sindacale, non ci si preoccupa più di tanto. L’importante è, per Renzi-teddy boy al comando, portare a casa il risultato con un altro decreto.

  7. Cisco

    Perfettamente d’accordo. Ma ormai ai sindacati e’ rimasta solo la pubblica amministrazione, Renzi dovrebbe mettere Marchionne al posto della Madia e della Giannini.

    1. recarlos79

      dalla nostra utopica costituzione emerge una cosa: sono rimaste tutte le corporazioni del ventennio, ma non rispondono più al partito ma sono tutte autoreferenziali. ma ciò che è peggio è che manca un potere di bilanciamento. stessa cosa per i vari livelli di stato (comuni, province, le regioni poi si credono nazioni a sé….). bisognerebbe una volta per tutte distruggere questi corpi intermedi a dare ad ognuno una responsabilità individuale. basta con le ideologie corporative.

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