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Una trasgressione studiata a tavolino che trasgressione è?

Sanremo gioca da anni sul format provocazione-indignazione. Se un cantante ha bisogno di autobattezzarsi per far parlare di sé, significa che è alla frutta

Peppino Zola - Emanuele Boffi
03/02/2022 - 12:18
Spettacolo
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Achille Lauro a Sanremo 2022

Caro direttore, mi è venuto il dubbio che Sanremo sia diventata, non so in forza di quale decreto, una zona franca se non, addirittura, uno Stato indipendente, almeno indipendente dalle leggi italiane. Il dubbio mi è venuto dopo che, in queste ore, ho saputo di alcuni fatti. Eccoli.

Come si sa, in Italia non è possibile entrare in un teatro, né come spettatore né come protagonista, senza mostrare il così detto “green pass” (perché sempre e solo parole inglesi quando si vuole confondere il popolo?), il quale deve attestare che non si è afflitti dal famoso virus. Ho saputo che ciò non vale per i cantanti che si stanno esibendo al famoso festival. Lo ha detto ufficialmente il direttore di Rai 1: «La selezione degli artisti sul palco non può essere dirimente distinguendo vaccinati e no vax: si tratta di dati sensibili, che la Rai non può chiedere». In sostanza, la Rai, a Sanremo, si permette di evocare la mitica “privacy” (altra parola inglese) per evitare di chiedere il passaporto verde agli artisti. Cioè, il binomio Sanremo/Rai si sottrae unilateralmente al compito che lo Stato italiano impone, proprio a partire dall’1 febbraio, a farmacisti, direttori di uffici postali, pasticceri, direttori di teatro e così via. Molti atleti non potranno andare alle olimpiadi invernali perché sorpresi con il covid e molti calciatori non possono giocare per gli stessi motivi. Solo gli artisti sanremesi, in nome della fantomatica “privacy”, non sono controllati perché la Rai non vuole essere “dirimente”, proprio nel giorno in cui il governo (oramai di sinistra) crea una assurda distinzione “dirimente” tra studenti vaccinati e studenti non vaccinati. Ma allora, in nome della privacy, tutti, anche nel resto d’Italia, dovrebbero rifiutarsi di operare i controlli?

Ma non è finita. Come sappiamo, proprio il primo febbraio il governo ha prolungato la chiusura di tutte le discoteche (almeno) fino al 10 febbraio. Invece, l’uno febbraio il teatro Ariston di Sanremo è stato improvvisamente trasformato in una discoteca, quando il conduttore ha fatto suonare un complesso specializzato in musica elettronica, invitando tutto il pubblico a danzare. Ed il pubblico (bue?), disobbedendo alle leggi italiane ma obbedendo alle leggi sanremesi, ha ballato per circa 10/15 minuti, immagino con quale gioia dei gestori delle discoteche.

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A Sanremo poi, sempre con la complicità della Rai, è possibile compiere gesti di blasfemia, che non solo non vengono condannati dagli organizzatori del festival, ma vengono addirittura applauditi. Naturalmente, il cantante blasfemo ha avuto il falso “coraggio” di compiere il suo gesto nei confronti di un fondamentale sacramento della mite Chiesa cattolica. Il coraggio del bullo. Probabilmente non avrebbe lo stesso coraggio di offendere altre religioni, che miti non sono. Comunque, non si capisce perché Sanremo, forte dell’essere, di fatto, una “zona franca”, debba deliberatamente offendere una parte vastissima dell’intero popolo italiano e, per di più, su di un aspetto che è alla base della grande civiltà che questo stesso popolo ha saputo esprimere in questi due millenni. Vergogna al Festival!

Non sarà certamente un banale festival canoro a cambiare la storia del nostro Paese. Ma penso che abbiamo il dovere di non passare sotto silenzio episodi che testimoniano la confusione e la volgarità con cui si stanno vivendo questi anni. E la demagogia con la quale si seguono le regole a proprio piacimento.

Peppino Zola

Caro Peppino, è il solito vecchio schema “provocazione per generare indignazione”: l’importante è che se ne parli e si alzi lo share. Un giochino facile facile cui finti anticonformisti come Achille Lauro si prestano perché sanno che funziona. Se un cantante ha bisogno di autobattezzarsi per far parlare di sé, significa che è alla frutta. Capisco l’osservazione del vescovo Suetta sul preservare la fede dei semplici (non è una osservazione banale), ma io eviterei di cascarci, in modo da evitare di avere una parte nella commedia.

Una trasgressione studiata a tavolino che trasgressione è? Allora meglio Checco Zalone, almeno lui è furbo e divertente nel prendere in giro virologi, lgbt e rapper. Fa tutto parte dello stesso ripetitivo show che va avanti da anni, che noia. Alla fine aveva ragione Pier Paolo Pasolini: la tv è uno strumento di omologazione, spegnetela. Quella di casa mia è spenta da 15 anni.

Foto Ansa

Tags: checco zaloneCovid-19green passsanremo
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