La Lombardia in questi anni, applicando il metodo della sussidiarietà, non ha fatto che risparmiare, riducendo gli sprechi e portando i bilanci in attivo. Per questo, in merito alla spending review che sta tenendo banco in questi giorni, il governatore lombardo Roberto Formigoni non può che essere critico: «L’iniziativa è lodevole ma non il metodo dei tagli lineari uguali per tutti, virtuosi e non virtuosi». Al contrario, proprio il modello lombardo potrebbe essere una valida alternativa alla chiusura degli ospedali solo in base al numero di posti letto delle strutture.
Il Piano socio-sanitario della Regione, varato nel 2010, ha previsto tagli tenendo conto delle nuove esigenze sanitarie, così da accompagnarli a una maggiore efficienza. Partendo dalla considerazione del fatto che l’ospedale deve diventare un luogo per soli pazienti acuti, con necessità di cure intensive, la Lombardia ha dato il via alle Creg (Chronic related group). Una modalità di presa a carico che permette ai pazienti cronici, in crescita per via dell’aumento delle aspettative di vita, di essere curati a domicilio, usufruendo del supporto delle Asl e delle associazioni che già operano sul territorio. In questo modo si liberano posti letto necessari a chi ha un bisogno reale di essere ricoverato. E nello stesso tempo si risparmia: un posto letto costa circa 800 euro al giorno, la cura a domicilio 300.
Per quanto riguarda le cure intermedie, per cui c’è ancora bisogno del ricovero in ospedale ma non di terapie intensive, la Regione ha invece scelto di trasformare alcuni letti in posti per cure sub acute. Più di 2 mila letti sono stati convertiti in un anno. Molti ospedali, invece, si sono rivoluzionati seguendo il modello dell’alta specializzazione iper-tecnologica. L’ospedale di Vimercate, già strutturato per livelli di cura e non più per reparti, ne è un esempio, con letti per sub acuti e un servizio domiciliare importante. Per far fronte all’incremento della specializzazione della medicina e della cronicità, con il conseguente ridimensionamento della figura, prima centrale, del medico di base, la Regione nel 2007 aveva già deciso, tramite delibera, di puntare sull’assistenza che prevedesse un’alleanza fra i soggetti curanti e i luoghi della cura. In campo oncologico, ad esempio, al Niguarda, all’Istituto dei tumori, al Fatebenefratelli, al San Carlo, agli Istituti clinici di perfezionamento, al Bassini e al San Paolo esistono posti letto per le fasi acute, unità semplici e ambulatori per controlli ed esami, a cui si affiancano l’assistenza domiciliare e l’hospice.
Inoltre, in diversi presidi alcune prestazioni del day hospital ora sono erogate in ambulatorio. Così si è risparmiato aumentando la qualità del servizio che riduce i tempi di ricovero inutili. Nel piano socio-sanitario è poi previsto l’accorpamento degli ospedali. Il San Gerardo di Monza, per questo motivo, si è mosso al fine di interscambiarsi i pazienti con altre strutture vicine. Avendo liste d’attesa enormi, ha pensato di legarsi a ospedali come quello di Vimercate, che ha una domanda di acuti inferiore e un grande spazio per sub acuti, seguendo il principio per cui è inutile occupare e spendere per un letto quando ne serve uno diverso e meno costoso. Invece che chiudere, gli ospedali minori ospitano solo le cure meno intense, riducendo le liste d’attesa degli ospedali maggiori specializzati nell’alta intensità. Monza poi è gemellato con altre strutture per acquisire insieme farmaci e ottenere sconti. L’idea è quella di scambiarsi anche i medici a seconda delle specialità. Con l’istituzione nel Piano socio-sanitario della Piattaforma dello sviluppo tecnologico, che valorizza l’azione delle università e dei privati, si è infine creato un sistema che rende la sanità lombarda un fattore di guadagno e non solo di spesa: sono già stati prodotti più di 40 progetti di ricerca messi sul mercato europeo e acquisibili. Monti dovrebbe farci un pensierino.