Otto mesi di reclusione. Questa la pena chiesta per Erri De Luca, dal pm Antonio Rinaudo, nella requisitoria di stamane. Lo scrittore è a processo per il reato di istigazione al sabotaggio, aveva infatti sostenuto in diverse interviste nel 2013 che «la Tav va sabotata». Secondo il pubblico ministero, «la libera manifestazione del pensiero di fronte a una manifestazione che ha contenuto intrinseco di illiceità, com’è l’istigare, non può trovare tutela. Quelle parole non sono parole pronunciate da uno qualunque. Quando il signor De Luca parla, le sue parole hanno un peso determinante. Qualora non avesse voluto commettere questo reato avrebbe potuto citare gli esempi biblici che ha citato in seguito, come le mura di Gerico che crollano solo per le voci e le trombe. Invece no: per far crollare le recinzioni del cantiere occorrono cesoie e bombe molotov di cui sapeva perfettamente. E visto che fa una citazione biblica – ha aggiunto – vorrei ricordargli che sempre nella Genesi si fa riferimento al primo istigatore che ne ha pagato le conseguenze, che è il serpente per la mela di Eva». Le parole, insomma, posso diventare pietre e cesoie, magari molotov e, secondo Padalino, «ci vuole coscienza e volontà di istigare altri a commissione. Il fine per cui si agisce è irrilevante: quando De Luca ci viene a dire che le sue motivazioni sono la contrarietà all’opera, l’inutilità e dannosità dell’opera, questi non sono elementi che devono essere presi in considerazione».
GLI OPERAI SABOTATI. Il mondo della cultura, specie quello della “sinistra impegnata”, ha espresso solidarietà a De Luca criticando la «contestazione di un reato d’opinione». Come abbiamo visto la Procura è di diverso avviso, ritenendo che le parole del poeta già capo del servizio d’ordine di Lotta Continua abbiamo giustificato e istigato i danneggiamenti ai mezzi e al cantiere di Chiomonte. Proprio gli operai del cantiere scrissero una lettera aperta a Erri De Luca, in cui evidenziavano come «qualche intellettuale ha inneggiato al sabotaggio dell’opera in nome della libertà di espressione. Ma non ha parlato con noi sabotati, non si è curato delle nostre espressioni e si è ben guardato dal venire in cantiere. Eppure siano noi quelli che hanno vissuto gli assalti con cesoie, sassi, molotov e bombe carta. Con un nostro collega ferito e un militare invalido per tutta la vita. Siamo uomini e donne che si guadagnano il pane sudando e non siamo raffinati intellettuali: per noi il verbo nobile è lavorare e quello ignobile è sabotare».
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