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«Fino a ieri l’eliminazione fisica dell’avversario politico era un fatto rivoluzionario. Da oggi è giuridico»

Ostellino, Battista e Sgarbi commentano la sentenza Ruby e i sette anni di carcere per Silvio Berlusconi, «un anno meno di Misseri ad Avetrana»

Redazione
25/06/2013 - 15:26
Politica
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La condanna a 7 anni di carcere e all’interdizione perpetua dei pubblici uffici, per concussione e prostituzione minorile, comminata ieri a Silvio Berlusconi, da parte del collegio tutto femminile del Tribunale di Milano,  lascia perplessi e interdetti molti giornalisti che hanno seguito la vicenda processuale.
Viene contestata la sentenza, sia per la proporzione tra i fatti contestati (una telefonata alla Questura di Milano e alcune feste nella villa di Berlusconi ad Arcore) e gli anni di carcere che l’ex premier dovrebbe scontare in galera, sia per le incoerenze della tesi accusatoria della Procura (accolta però dai giudici, che hanno chiesto di procedere per falsa testimonianza contro i testimoni della difesa), sia per gli strascichi che la sentenza avrà sulla vita del Paese.

SENTENZA “RIVOLUZIONARIA”. «La sentenza è una svolta storica sia dal punto di vista giurisprudenziale sia in termini di filosofia del diritto», scrive invece Piero Ostellino, sul Foglio: «Fino a ieri, infatti, l’eliminazione fisica dell’avversario politico era un fatto rivoluzionario, quindi fuori dall’ordinamento giuridico esistente. Da oggi, invece, è un fatto giuridico, cioè dentro l’ordinamento giuridico esistente».
«In filosofia del diritto si diceva una volta che la rivoluzione è un fatto normativo», prosegue Ostellino, «cioè un fatto che prevede il cambiamento dell’ordinamento giuridico esistente e la sua sostituzione con un ordinamento giuridico nuovo». Con la recente sentenza del Tribunale di Milano, spiega il giornalista liberale, «la rivoluzione è diventata un fatto giuridico, cioè l’uomo politico viene eliminato per via giudiziaria, attraverso un procedimento giudiziario che non legittima la rivoluzione ma ne crea i presupposti».

VITTORIA PER GLI ESTREMISTI. Pierluigi Battista scrive oggi sul Corriere della Sera che la sentenza del processo Ruby rende «più forti quelli che, su un fronte, considerano il nemico Berlusconi come una figura losca da gettare nel precipizio della vergogna e della non rispettabilità e, sull’altro, quelli che difendono in trincea Berlusconi come vittima di un accanimento politico-giudiziario senza precedenti, molto prossimo alla persecuzione». I magistrati di Milano, secondo la penna del Corriere, premiano gli opposti estremismi che da vent’anni si confrontano sulla figura del leader del Pdl.
Il futuro del governo Letta, secondo Battista, non ha molte chance. La grande coalizione che tiene insieme Pd, Pdl e Scelta Civica rischia di sgretolarsi: «Dopo la sentenza a sette anni di Berlusconi (solo un anno meno di Misseri ad Avetrana e uno più di Scattone e Ferraro condannati come gli assassini di Marta Russo, si twitta sui social network), come si può immaginare che le tensioni tra il Pdl e il Pd non siano destinate ad incattivirsi?». Saranno necessari «autocontrollo e senso di responsabilità per non trascinare il governo nella spirale della divisione». E a causa della sentenza, ora, è «tutto più difficile», conclude Battista.

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IL PARADOSSO DELLA VITTIMA. Sul Giornale è Vittorio Sgarbi a sottolineare i paradossi irrisolti della sentenza, che colpiscono anche la “vittima” Ruby e non solo il “carnefice” Berlusconi. L’ex minorenne, Karima El Mahroug, «per un astratta tutela della condizione di minorenne», viene dichiarata prima “prostituta” e poi i suoi beni le vengono confiscati: «Come nel caso del concusso, la parte lesa non si dichiara tale anzi si manifesta lesa per l’azione dei magistrati». Ruby «è doppiamente lesa dai magistrati», spiega Sgarbi, «nella reputazione e nel vedersi sottrarre, in via cautelativa, i denari che Berlusconi le ha dato».
«La prostituta dà una cosa, e prende soldi», prosegue lo storico dell’Arte. «Ma Ruby», come testimonia la ragazza anche ai pm, «prende soldi e non dà la cosa». Come si fa dunque a parlare di prostituzione? Per Sgarbi le cose stanno in modo diverso. Ruby non si è prostituita. Da Berlusconi, Ruby ambisce a ottenere «un ruolo più strutturato: è, e vuole essere, come altre, letteralmente una mantenuta». Come per le altre groupie, le ragazze dell’entourage di Berlusconi, i regali dell’ex premier a Ruby, vanno ben al di là «dalla tariffa di una prostituta», anche di lusso. «Molte amanti, molte mogli sono “mantenute”. E non per questo sono puttane». Conclude Sgarbi: «Ruby non accetta di essere prostituta. Deve esserlo per forza?». Evidentemente sì, essendo necessario che lo sia per condannare Silvio Berlusconi.

Tags: pierluigi battistapiero ostellinorubygatesentenza rubySilvio Berlusconivittorio sgarbi
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