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Quando il Roland Garros era una scusa per fare la bella vita

Viaggio nella Parigi dei locali e delle discoteche frequentate dai campioni del tennis prima che diventassero simboli noiosi del salutismo e del politicamente corretto

Mauro Zanon
29/05/2022 - 6:20
Società
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Roland Garros

Parigi. Quando le vite degli sportivi professionisti non erano ancora controllate in ogni minimo dettaglio, e i tennisti, così come i calciatori, non avevano ancora “l’obbligo” di essere dei simboli (noiosi) del salutismo e del politicamente corretto, nelle due settimane del Roland-Garros, il torneo sulla terra rossa più importante del mondo, andavano tutti a ballare, cantare, sedurre e sorseggiare whisky da Chez Castel, al 15 di rue Princesse, nel Sesto arrondissement di Parigi: anche se il giorno dopo c’era una partita importante.

«Conosco più discoteche che campi da tennis»

«Si dice che nel 1980, Vitas Gerulaitis fosse da Chez Castel alla viglia della sconfitta in finale del Roland-Garros contro Borg», ha raccontato Antoine Bénichou alla rivista parigina 40-A, che nel suo ultimo numero ha raccontato le “Night Sessions” dei tennisti negli anni Settanta e Ottanta. È l’âge d’or delle discoteche parigine: Chez Castel, appunto, chiamato così perché lo storico patron si chiamava Jean Castel, ma anche Chez Régine, gestito dall’omonima cantante e regina della notte. E i campioni della terra rossa, tra cui Nicola Pietrangeli (vincitore del Roland-Garros nel 1959 e nel 1960), non stanno a guardare: lasciandosi travolgere dalla mondanità parigina.

«Conosco più discoteche che campi da tennis. Il Crazy Horse era il mio ufficio. All’epoca, facevo la spola tra Castel e Régine: andavo da Chez Régine per Régine e da Chez Castel per Jacques», ha raccontato a 40-A Pietrangeli, protagonista in questi giorni su Sky del film Una squadra di Domenico Procacci (la storia del dream team del tennis italiano che vinse la Coppa Davis in Cile nel 1976). Jacques era Jacques Renavand, giovane promessa del tennis francese, che a 24 anni, rendendosi conto di essere più attratto dalle piste da ballo che dai campi in terra battuta, decise di ritirarsi: diventando l’anima di Chez Castel dal 1967 al 1981, il mattatore delle serate in veste di direttore e facilitatore di incontri tra tennisti, attrici, produttori e intellò.

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«Con Jacques, eravamo amici da sempre. E quando ha cominciato a dirigere la discoteca ci siamo andati tutti», ha dichiarato Ilie Nastase, talentuoso con la racchetta in mano tanto quanto nell’arte della seduzione di donne del calibro di Bianca Jagger e Claudia Cardinale. Al Chez Castel si potevano incontrare Jean-Paul Belmondo accanto a Jimmy Connors, Juliette Gréco e Jacques Chazot, Philippe Chatrier e Marcel Bernard, il primo vincitore del Roland-Garros dopo la Seconda guerra mondiale, ma anche la banda degli australiani: Lew Hoad, Tony Roche e John Newcombe, i quali, dopo aver bevuto birra tutta la notte, si presentavano sui campi con disinvoltura alle 7 di mattina, per poi ripartire con la festa alle 17.

«Era la loro alimentazione. Li guardavamo come dei pazzi», scherza oggi l’ex tennista francese Pierre Barthès. Roche e Newcombe, vincitori di tredici titoli del Grande Slam in doppio, formavano un duo talmente complementare da condividere lo stesso amore per Brigitte Bardot: amore che, tuttavia, non sarà mai corrisposto. «C’erano sempre venticinque persone che salivano da me alle 5 di mattina», ha raccontato la cantante Nicoletta, che aveva un loft al quai des Célestines con vista sulla Senna dove organizzava degli after. Tra gli ospiti, Roche e Newcombe erano sempre presenti. «Quella sera durò fino alle 11. Tony Roche e John Newcombe sono rientrati a farsi la doccia, poi sono andati a giocare a Coubertin (uno degli stadi del Roland Garros, ndr). Volete sapere come è andata? Hanno vinto. All’epoca, ci divertivamo tanto».

«All’epoca il circuito era più umano»

Anche Serge Gainsbourg era ha un’habitué di Chez Castel, la discoteca preferita dei tennisti di passaggio a Parigi. Un giorno, rivolgendosi a Jacques, pronunciò queste parole: «Le più belle donne del mondo vengono a pisciare da me quello che hanno bevuto da te». I più scatenati, secondo le storie di chi ha frequentato Chez Castel durante gli anni Settanta e Ottanta, erano il paraguayano Victor Pecci e l’americano Vitas Gerulaitis.

«Andavamo in dodici tennisti da Chez Castel, e quelli che avevano le ragazze andavano assieme a loro. Eravamo giovani. Chi non esce a Parigi a 25 anni è un extraterrestre. Era l’apogeo di Chez Castel, la sua epoca dorata. C’erano gli attori, le star della musica e noi», dice oggi Victor Pecci, che è stato anche ministro dello Sport del Paraguay. Gerulaitis ci andava tutte le sere, ma non beveva una goccia di alcol che sia una e puntualmente abbandonava il dancefloor alle 2. Chez Castel esiste ancora, ma con una nuova gestione e un altro spirito. Diverso è anche il rapporto tra i giocatori. «All’epoca, il circuito era più umano – assicura Nastase –. Restavamo al bar e discutevamo. Oggi, non si conoscono nemmeno».

Tags: Roland Garrostennis
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