Report in Sardegna a caccia di non notizie a favore di un non governo
Cronache di mezzo lockdown / 7
Non parlatemi di giornalismo di inchiesta. Report è una povera trasmissione a tesi precostituite. L’altro ieri e venuta in Sardegna. Ma ha completamente sbagliato target. Così invece del lato giornalistico dell’inchiesta ha preso come al solito la sbandata del volantino da supermercato.
Pensavo sul serio che per una volta i nostri mr. Watson di Rai3 sarebbero arrivati in Costa Smeralda per scrivere una storia da veri cronisti con le palle. Tipo la ricostruzione di un fattaccio occorso ormai più di un anno fa nella villa di una persona non soltanto influente, ma così influente che senza questa persona – e guarda caso proprio nelle settimane successive al fattaccio – il governo Conte non sarebbe mai nato. Ecco, la storia di Report avrebbe potuto riguardare il mistero del presunto stupro (o violenza sessuale) di gruppo in Villa Beppe Grillo. Stupro (o violenza sessuale) di cui furono accusati alcuni ragazzi tra i quali, appunto, il figlio dell’Elevato. Fatto sta che l’allegra brigata riconobbe di aver fatto sesso a turno con una ragazza (e di averlo pure filmato), ma si difese sostenendo che la ragazza era sì ubriaca, ma consenziente. Fatto sta che dell’inchiesta giudiziaria non si è saputo più nulla.
Da allora, come si dice, la notizia è passata in cavalleria. Era il luglio del 2019. Difficile dimenticare che dopo luglio venne agosto, mese delle dimissioni di Matteo Salvini e – stento ancora a crederci – di Beppe Grillo scatenato a sostenere l’alleanza col Pd. E a zittire chiunque dei suoi avesse anche solo il lontano dubbio di andare al voto piuttosto che tradire il proverbiale assunto grillino del “mai con il pidimenoelle!”. Sia come sia, da quel dì che Grillo volle, fortissimamente volle il governo giallo-rosso, avete più sentito parlare di quella brutta storia in Villa non della Certosa? (Travaglio? Il Fatto quotidiano? La Sarzanini piuttosto che la Milella? Avete udito mai un ticchettio sulla tastiera? Vi immaginate se in quella villa avessero trovato una mutanda verde? O una cravatta tricolore? O anche solo un orologio di Maurizio Lupi? Si sa per caso come è finita? Cosa si è appurato? C’è stato un rinvio a giudizio? Una transazione economica?). Insomma. Niente. Il silenzio degli innocenti? Chissà.
Ma insomma Report poteva fare una cosa veramente ruvida e controcorrente indirizzandosi là dove un governo poté forse essere concepito sopra i brividi della paura (per una ipotesi di reato grave o gravissimo?). Report poteva fare del giornalismo d’assalto, autentico, coraggioso. Tipo quello che gli strafichi Gian Micalessin e Fausto Biloslavo ci hanno ancora una volta – come sempre – scodellato nei giorni scorsi occupandosi da giornalisti ben forniti di attributi che sono, l’uno della guerra in Nagorno-Karabakh, l’altro dei pescatori di Mazara del Vallo sequestrati dai libici e per i quali né governo né giornali si sono sin qui fatti (seriamente) vivi.
Ma insomma Report, che di coraggioso ha solo la zuppetta di cefali del supermercato giallo-rosso, è andato (di nuovo!) a rivangare le storie di fine estate di Flavio Briatore e delle discoteche di Costa Smeralda. A che pro visto, che è un pesce pescato da più di due mesi e perciò puzza dalla testa, la polemica sui discotecari presunti untori (soprattutto se di destra, come lo è Briatore)? Il pro è subito spiegato. Cosa ci fanno gli avvoltoi sulla scena di una pandemia che a un certo punto ha ripreso a correre? Ecco. Invece di dirigersi verso una vera inchiesta giornalistica, i nostri eroi di Report sono andati a mettere nel sacco l’ennesimo fessacchiotto – nel caso, il capogruppo di Forza Italia in Regione Sardegna – che quando parla con Report crede sul serio di potersi rilassare parlando con sincerità.
La sostanza dell’affare estate e discoteche è semplice, ed è successo in tutta Europa: dalla Spagna alla Francia, da Londra a perfino Stoccolma. Era saltata una stagione di turismo e perciò di lavoro. Per parte sua la gente era rimasta sotto pressione molti mesi e aveva voglia di rifiatare. E i giovani perfino di ballare. Allora, siccome la gente che lavora non ha lo stipendio sicuro come ce l’hanno quelli di Report in Rai, gli imprenditori hanno affacciato la testa e riaperto quello che nessuna legge ha vietato loro di riaprire. È successo così in tutto il mondo. Ma gli altri sono paesi normali. Solo qui il giornalismo volantino invece di occuparsi di cose serie si occupa costantemente di avvelenare la testa della gente, mettere gli uni contro gli altri, planare come avvoltoi sulle carcasse delle disgrazie del mondo.
Conclusione della puntatina di Report in Sardegna? Ennesimo scandaletto scendiletto Conte. Diretto verso dove? Ma chiaro, contro il governatore leghista della Sardegna. Naturalmente non senza un link di corda insaponata contro… indovinate un po’ chi? Ma certo, contro governatore leghista della Lombardia! Evviva, ricchi premi e cotillon per Rai3.
Ciliegina sulla torta, il giorno dopo Report, il presidente Pd dell’associazione Comuni della Sardegna fa il genio della lampada manifestandosi in salsa ruffiana sardista. Occhio alla rivelazione: l’untore non è né Briatore né la discoteca, ma è il lombardo turista. Meravigliosa Lucia Tognotti, imprenditrice di Olbia che si infila nelle polemiche con mente sana e posta su Facebook: «Siete come dei cani molecolari, vi danno un micron di Dna da fiutare e voi seguite solo quello».
Insomma, volevo testimoniare che Report ci ha regalato un altro bel giorno di non notizie e di non giornalismo a favore di un non governo italiano.
Ps. Infine ieri pomeriggio giunge la notizia che la procura di Cagliari ha aperto un’inchiesta sulle “discoteche aperte in Sardegna” ravvisando l’ipotesi di “epidemia colposa”. Ecco che il pesce che puzzava non è altro che la classica esca giudiziaria.
Foto Ansa
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