«Con la retromarcia sull’articolo 18, Renzi ricompatta il Pd e mette da parte Cgil e Ncd. Ma all’Italia serve altro»
Ha fatto scalpore la notizia secondo cui Renzi avrebbe fatto retromarcia su Jobs Act e articolo 18, allargando le maglie sul diritto di reintegro in caso di licenziamenti disciplinari. Ma è andata proprio così? Lo abbiamo chiesto a Michele Tiraboschi, direttore del centro studi sul lavoro Adapt-Marco Biagi, che in questa scelta vede piuttosto una «vittoria politica» del premier, che così è riuscito a «ricompattare il suo partito» su un tema sul quale rischiava di dividersi, mettendo da parte Cgil, Scelta Civica e Ncd.
«Ora, però», spiega a tempi.it, «è importante che il premier metta in campo la sua riforma, che finora è stata solo annunciata a parole, e il Parlamento scriva presto i decreti attuativi perché senza non si può giudicare la legge».
È giusto parlare di «retromarcia» sull’articolo 18?
Francamente non mi pare una novità né una notizia, perché è ciò che era stato deciso già a settembre dalla direzione del Pd: l’indennizzo sostituisce il reintegro in caso di licenziamenti economici quando si verificano crisi aziendali, mentre il reintegro rimane per i licenziamenti discriminatori ingiustificati e in alcuni casi di licenziamenti disciplinari, che saranno poi chiariti dalla legge.
E allora perché tutta questa sorpresa?
Mi sorprende di più il clamore per una notizia che in fondo non è poi così nuova. Tutti i paesi del mondo guardano al futuro, le economie più avanzate si interrogano sull’impatto che potranno avere in termini occupazionali le nuove tecnologie e i cambiamenti demografici. Noi invece siamo fermi su una disputa che poteva avere senso di esistere vent’anni fa. Non certo oggi.
Però questa disputa continua da mesi.
Sì, perché è una battaglia di natura politica e non tecnica. Renzi ha appena ottenuto una vittoria, perché è riuscito a ricompattare il suo partito, mettendo all’angolo Cigl, Lista Civica e Ncd, incassando invece il parere positivo della Cisl. Non è un caso, infatti, che questa vittoria sia giunta dopo il raggiungimento dell’accordo con Forza Italia e Berlusconi.
Ma l’articolo 18 è un ostacolo o no?
Anche se Renzi ha fatto bene a tracciare una riga in mezzo al campo, l’articolo 18 non potrà nulla di fronte a innovazioni tecnologiche che presto cancelleranno un posto di lavoro su due. È più urgente che il Paese si interroghi su come contribuire a formare i lavoratori e creare i posti di lavoro di domani, che non condurre sterili battaglie di retroguardia. Per questo motivo io penso che ci sia una lunghissima lista di cose da fare che sono molto più importanti dell’articolo 18.
Per esempio?
Innovare le politiche attive del lavoro e favorire la ricollocazione dei disoccupati; potenziare il legame tra scuola e lavoro e l’apprendistato, che tra l’altro funzionerebbero entrambi molto meglio di Garanzia Giovani per aiutare gli under 25 a trovare un impiego. Infine occorre superare lo stereotipo del “posto fisso”, per favorire le transizioni occupazionali rafforzando gli strumenti di welfare. È vero che dobbiamo tutti passare dal telefono a gettoni allo smartphone, come va dicendo il premier Renzi, ma perché questo possa avvenire occorrono le strutture che supportino queste nuove tecnologie. Lo stesso vale per un mercato del lavoro moderno.
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5 commenti
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finchè in giro c’è gente come il sign. tossani in tal caso si troverà un bel nulla.
un operaio o impiegato se invece di guadagnare 1200 euro al mese ne guadagna 1500 o anche più, può spendere di più. così favorisce il sorgere di nuove attività o imprese o come altrimenti chiamarle. infatti magari ad esempio la frutta la compro di più, e nel posto abituale e in un altro posto venuto fuori da poco.
non è il creare il lavoro che crea posti di lavoro, ma bensì il contrario. creando posti di lavoro si crea il lavoro, inteso e come posto di lavoro (ovvio) e come possibilità di far nascere nuove attività/imprese.
si dice c’è la crisi e che la gente non spende. è vero. la soluzione non è il lavoro precario cioè flessibile. è al contrario che io guadagno, bene, e nessuno può cacciarmi solo perchè si sveglia male la mattina o perchè ripensa a cose dette da me (di ogni tipo) sui cui non è d’accordo. tanto se io guadagno ed ho certezze sul futuro io spendo, altrimenti no cascasse il mondo.
non sono le imprese a dover essere liberate ma i lavoratori a dover essere liberati dal precariato e dagli stipendi che forse coprono il costo della vita. altrimenti tanto non si spende. volendo concedere qualcosa all’altra parte è vero che anche le imprese per carità devono essere liberate dal fisco abbastanza opprimente, però devono anche avere voglia di pagarle le tasse (cosa non proprio evidente). ma in fondo credo che gli imprenditori devono essere disposti a guadagnare meno di quanto sono abituati quando l’economia gira. infatti la ricchezza è distribuita male. se l’imresa va bene i soldi vanno o in banca o sono spesi per investimenti. ok ma ai lavoratori va molto poco però essi in fondo fanno girare l’economia nella misura in cui guadagnano. per cui più salari e meno profitti.
perlomeno proviamoci.
…la questione è a monte… se vuoi, prova a leggere il testo linkato….
ciao
non per sembrare presuntuoso però è tutto nel mio commento. l’unica cosa che manca è la volontà di metterlo in pratica, e certo non dipende da me.
inoltre facile dire leggi il testo linkato. ci vuole tanto a spiegarsi in parole semplici e (per quanto è possibile) poche? sono andato nel link, ho visto vari articoli e mi sono visto perso. ho avvertito una senso di caos. è più semplice parlare in modo più coinciso.
da tempo diffido di chi dice “vieni qua, vieni là” o “leggi li, leggi qui” e poi o c’è la fregatura o comunque si capisce poco (e quando capisci poco puzza di fregatura, che devo fare son fatto così).
effettivamente, quello è un testo un po’ complesso… è completo, ma è complesso. anche se non più di tanto… fatto è che la soluzione del problema del lavoro è difficile spiegarla in poche parole. forse qui
http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2014/11/15/family-act-di-ncd-famiglia-stai-attenta-a-fidarti/
fresco sul family act, e c’è anche il lavoro…
comunque, grazie del consiglio.
Caro Mike,
hai ragione, il testo che ho linkato è lungo e un po’ complesso, anche se non più di tanto.
D’altronde, è tratto dalla lezione di Pier Luigi Zampetti. Le citazioni del suo pensiero sono molto chiare, ben comprensibili anche da chi non abbia fatto grandi studi specifici…. come me, che son ragioniere, non ho una laurea in economia o in scienze sociali.
C’è un piccolo libro di Zampetti, dal titolo “La Dottrina sociale, per la salvezza dell’uomo e del pianeta” (San Paolo, 2003). Una cinquantina di pagine, pochi euro.
Intendo, per “la salvezza dell’uomo e del pianeta”, non è facile sintetizzare il concetto in poche righe… e un minimo sforzo di lettura, di applicazione, considerata la posta in gioco, va fatto.
Se e quando uno ha voglia, si capisce. Non è un obbligo.
Comunque, grazie per il tuo consiglio. Anch’io ho le mie resistenze…
Ciao, buona domenica