Renzi flip-flop

Di Emanuele Boffi
04 Settembre 2024
Giravolte, carpiati, serpentine, chicane. Il leader di Italia viva prova a rispostarsi a sinistra. Nessuna sorpresa: il pendolarismo è l'unica sua strategia
Matteo Renzi, 7 giugno 2024 (ansa)
Matteo Renzi, 7 giugno 2024 (ansa)

Flip-flop, flip-flop. Ha questo di bello Matteo Renzi: non è mai dove lo avevi lasciato. Lo ricordavamo a sinistra e si è spostato al centro, ma poi è andato a destra per poi tornare a centro e adesso (forse) a sinistra. Più ondivago di un tergicristallo e più agitato di una tarantola, il leader di Italia viva in questo inizio d’anno politico ha fatto suo il motto del poeta: «Settembre, andiamo. È tempo di migrare».

Le sue giravolte e i suoi carpiati sono ormai un genere letterario. Dalla rottamazione alla retromarcia, il passo è stato breve. Enfant prodige, Obama italiano, il segretario più vincente del Pd caduto oggi in disgrazia ha fatto della spregiudicatezza la sua arma più affilata. Ha tradito ed è stato tradito, senza troppi patemi. Ha accettato la regola cinica della politica con una leggerezza d’animo rara.

C’è qualcosa di berlusconiano in lui, ma non l’essenza del berlusconismo. Perché se Silvio finiva fanciullescamente per credere alle bugie che raccontava, il royal baby no, sa che sono bugie e questo lo rende doppiamente colpevole. E se Berlusconi era un ottimista che soffriva se anche i nemici non lo amavano, Matteo no, sa che quando nessuno ti vuole bene rimane solo una carta da giocare: prefigurare scenari così pessimisti da renderti indispensabile anche agli occhi dei nemici.

L’arte del pendolo

Flip-flop, flip-flop. Ci sta provando anche questa volta, in Liguria. E fa un po’ ridere che gli rimproverino cosa abbia detto fino all’altro giorno di Elly Schlein. Se andasse dritto e non zigzagando, non sarebbe Renzi. Lui è quello che ha fatto le scarpe a Letta un attimo dopo averlo invitato a stare sereno, che si è alleato coi grillini dopo avergliene dette di tutti i colori, che è diventato antigrillino un attimo dopo ancora, poi più draghiano di Draghi, amico di Calenda e poi suo acerrimo nemico, sodale di Emma Bonino fino al giorno in cui non è stato più necessario esserlo. Oggettivamente, un fuoriclasse nell’arte del pendolo.

Flip-flop flip-flop. Giravolte, carpiati, serpentine, chicane. Alla partita del cuore ha servito un assist a Schlein che ha segnato un gol annullato per fuorigioco (un presagio?) e poi ha trasformato l’assist calcistico in politico dicendo il meglio possibile di quel campo largo che fino al giorno prima aveva denigrato. Da grande prestigiatore qual è ha costretto tutti a chiedersi se sia ancora determinante oppure no, se porti voti oppure no, se porti pochi voti ma pesanti, se faccia perdere più voti di quelli che fa guadagnare. Un dedalo di interpretazioni nel quale sguazza serafico.

Renzi disposto a tutto

Flip-flop, flip-flop. «Se si candida il mio amico Andrea Orlando, rischia di far vincere Toti anche dai domiciliari», disse tre mesi fa. Ma ora che sta provando a tornare a sinistra, di Orlando ricorda solo che «è stato un mio ministro». E pazienza se in Liguria per stare con l’accozzaglia Schlein, Renzi debba rinunciare al simbolo di partito in lista, uscire dalla giunta di centrodestra del sindaco di Genova Marco Bucci, mettere in discussione tutte le amministrazioni sparse in Italia dove sta coi pericolosi “fascisti” (in Basilicata, ad esempio).

Peccato anche che lui – che pure di persecuzione mediatico-giudiziaria dovrebbe intendersene – adesso sia disposto ad allearsi con quegli stessi che fino a ieri erano in piazza per chiedere le dimissioni di Toti. Ma si sa, Renzi ormai è disposto a tutto pur di mantenere un posticino al sole. In fondo anche questo sarà solo l’ennesimo flip in attesa del prossimo flop.

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