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Renzi e il gioco delle tre tasse

Luca Ricolfi smaschera le "illusioni" spacciate dal governo come riduzioni di imposte e di spese. Un motivo ci sarà se la pressione fiscale non diminuisce

Redazione
07/04/2016 - 13:16
Economia
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renzi-shutterstock_369305132

Nella sua rubrica su Panorama Luca Ricolfi riprende un tema caro a Tempi, rivelando come il famoso dimagrimento dei conti dello Stato realizzato dal governo Renzi (sbandierato come «vera e propria rivoluzione nella politica economica», ricorda l’autore) è fatto in realtà a spese degli enti locali, che di conseguenza sono costretti ad aumentare le tasse con il risultato che per le tasche delle famiglie e delle imprese la situazione non è migliorata per niente. L’articolo è interessante anche perché il professor Ricolfi è uno studioso assai attento ai numeri e al “fact checking”, e non è sicuramente sospettabile di preconcetto nei confronti del premier.

PROCLAMI E FATTI. Ricolfi ricorda gli innumerevoli «proclami governativi» riguardo alle «decine di miliardi di tasse in meno, decine di miliardi di spending review» a cui presto si dovranno aggiungere le ulteriori riduzioni di tasse già promesse da Renzi (in primis Ires e Irap) e soprattutto l’impegno a sterilizzare le famigerate clausole di salvaguardia che fanno capolino «minacciose più che mai» dalle leggi di stabilità (in pratica aumenti di Iva e accise «pronti a scattare ove le riduzioni di spesa non si rivelassero sufficienti»). Ebbene, domanda Ricolfi, «come stanno veramente le cose?». Per il professore, a giudicare non dai proclami ma dai fatti, «il bilancio è molto semplice: nonostante molte tesse e molte spese siano state ridotte, i dati Istat certificano che la pressione fiscale (pari al 43,5 per cento) e la spesa pubblica corrente del 2015 sono rimaste sostanzialmente invariate».

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IL TRUCCO. Il trucco è quello accennato all’inizio. Scrive Ricolfi: «Le indubbie riduzioni del gettito fiscale e contributivo (riduzione Irap, tassa sulla prima casa, decontribuzione sui neoassunti) sono state compensate da altrettanti aumenti di altri tipi di entrate, come le imposte sul risparmio e le tasse locali (la tassa rifiuti sfiora ormai 9 miliardi e nell’ultimo anno ha visto crescere i propri incassi del 9,6 per cento)». Quasi superfluo sottolineare che «un conto è ridurre la pressione fiscale, un altro è spalmare la stessa pressione fiscale su soggetti differenti».

QUALI COPERTURE? Dobbiamo aspettarci le stesse illusioni anche per i prossimi impegni assunti da Renzi? Secondo Ricolfi sì. Per quanto riguarda «il problema numero l del governo», ovvero «il disinnesco della bomba dell’aumento dell’Iva e delle accise, una clausola che da sola vale circa 15 miliardi» da raccogliere nel 2017, Renzi progetta di «coprire questa spesa con l’ennesima richiesta di flessibilità all’Europa, il che significa, in buona sostanza fare più deficit, da accollare come sempre alle generazioni future». Quanto invece al «problema numero 2 del governo», e cioè le ulteriori riduzioni fiscali promesse, «l’esperienza dice che, quando si è trattato di scegliere, il governo ha sempre puntato (come è logico, ancorché sbagliato) sulla scelta elettoralmente più conveniente».

OCCHIO FISSO ALLE URNE. Un esempio su tutti: «Quando si trattava di destinare 10 miliardi alle imprese (riducendo l’Irap) o alle famiglie (riducendo I’lrpef)», il rottamatore «ha scelto di cominciare dalle famiglie, istituendo il famoso bonus da 80 euro giusto a ridosso delle elezioni europee del maggio del 2014, destinando meno soldi (e non subito) alle imprese». Il medesimo criterio del vantaggio elettorale secondo Ricolfi ha guidato le scelte del governo relative all’Ires che grava sulle imprese (riduzione rimandata), all’Irpef che invece grava sulle famiglie (riduzione anticipata) e alla decontribuzione totale sulle nuove assunzioni introdotta nel 2015, la misura che ha favorito (o “drogato”?) il famoso boom di occupazione vantato da Renzi a settembre: distribuito a pioggia «anziché concentrare le risorse sulle imprese che aumentavano l’occupazione».

FACILI PREVISIONI. Quindi? Per il futuro «è ragionevole aspettarsi» secondo il professore «nuove riduzioni di imposta, alcune virtuali (mancato aumento dell’Iva), altre effettive (una piccola rimodulazione delle aliquote Irpef), il tutto coperto da un aumento del deficit e da piccoli inasprimenti fiscali su imposte e balzelli meno visibili o meno impopolari». Tanto saranno in pochi a notare e a far notare il trucco, visto che «l’opinione pubblica è distratta» e soprattutto «i giornali sono prudenti».

Foto Renzi da Shutterstock

Tags: clausole di salvaguardialuca ricolfiMatteo Renzispending review
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