Renzi apre al dialogo col Pdl: «C’è vita su Marte. Il Pd non può essere la prosecuzione del Pci»
«Bersani si è fatto umiliare da quegli arroganti del M5S. Ora patto con il Pdl oppure al voto». Così il titolo dell’intervista odierna del Corriere della Sera al sindaco di Firenze Matteo Renzi. Bersani, per ora, tace.
A valutare come positiva la mossa di Renzi è Antonio Funiciello, scrittore, giornalista e dirigente del Pd, autore di un bel libro sulla sinistra e sul fenomeno Renzi (A vita. Come e perché nel Partito democratico i figli non riescono a uccidere i padri, Donzelli).
Funiciello, come legge l’intervista di Renzi?
Come un segnale che c’è vita su Marte. E che ci sia vita su Marte è quello che stiamo cercando di scoprire da tanti anni. Ora, grazie a Renzi, abbiamo scoperto che vita su Marte c’è. Dico questo perché era preoccupante la pressoché totale assenza di un dibattito politico all’interno del centrosinistra e del Pd dopo la sconfitta elettorale di fine febbraio. Dell’intervista è da apprezzare, inoltre, il sostegno espresso da Renzi al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che è un fatto assai importante in una fase di forte incertezza politica e latente conflitto istituzionale come è l’attuale. E che ci sia un leader politico che non vuole esasperare i toni ma prova a rasserenarli è indubbiamente una cosa positiva.
Renzi ha aperto al dialogo con il Pdl, rimuovendo, almeno da parte sua, la pregiudiziale su Silvio Berlusconi. Una novità per il partito.
In qualsiasi democrazia europea, quando ci si trova in una situazione di stallo politico, è normale che un leader, sia esso di centrosinistra o di centrodestra, cerchi maggiore dialogo con l’altro fronte. Renzi ha dimostrato di essere una persona normale, un leader che dimostra di voler anteporre la ragion di stato agli interessi di parte. E la sua, quando dice che Berlusconi va battuto e mandato in pensione senza auspicare che finisca in galera, è una piccola rivoluzione copernicana. Lo è tanto nei confronti del centrodestra quanto nei confronti del centrosinistra: quando gli uni smetteranno, infatti, di dire che a sinistra sono tutti comunisti e gli altri che a destra sono tutti evasori fiscali, allora, saremo un paese moderno.
Ma così facendo, Renzi non rischia di incappare in una rottura con Bersani e la leadership del partito?
Mettiamola così. Quando abbiamo perso il primo round alle primarie, noi abbiamo accettato di fare la campagna elettorale insieme a tutti gli altri, condividendo tutto, anche la sconfitta. Adesso c’è da augurarsi che, dopo le prossime primarie, che faremo presto e Renzi vincerà, anche loro vorranno condividere con noi la vittoria elettorale. Meglio condividere con noi la vittoria che condividere una sconfitta.
Quando farete le primarie?
Noi vorremmo essere un partito serio e nello statuto del Pd c’è scritto che la stagione congressuale, che termina con le primarie, deve partire inderogabilmente sei mesi prima della scadenza del mandato del segretario in carica, che scade a ottobre. Se i miei conti sono giusti significa che a fine aprile dobbiamo aprire la stagione congressuale. Sono obblighi che vanno rispettati, soprattutto se ti chiami Partito democratico. Ovviamente stiamo parlando di un congresso che si cocluda con primarie aperte e non chiuse.
Nel partito come è vista la “sfida” lanciata da Renzi? Alla sua crescita in termini di esposizione mediatica corrisponde una crescita in termini di consensi interni?
È molto presto per dirlo e comunque sono valutazioni piuttosto complicate da fare, ma onestamente mi sembra che si avverta nel partito una grande disponibilità a discutere di politica quando qualcuno manda segnali di vita. E tanta gente che ha votato Bersani alle primarie è disponibile a cambiare e votare Renzi per una leadership politica forte, ora che Bersani è stato sconfitto alle elezioni. D’altronde Renzi ha già raccolto molti voti in regioni tradizionalmente di sinistra, regioni “rosse” come le Marche, l’Umbria e la Toscana.
Renzi saprà rinnovare la sinistra italiana o è una sfida persa in partenza?
Nel 2007, quando facemmo il Pd, lo pensammo come un partito di centrosinistra che non fosse la prosecuzione del Pci, il Partito comunista italiano. E mi piace ricordare che Walter Veltroni, nel discorso del Lingotto, manifestò una dichiarata volontà di discontinuità, cosa che, invece, non c’era stata con il Pds e i Ds, che erano in piena continuità con il passato. Se tutto questo è ancora vero, sicuramente un quarantenne non cresciuto in partiti propaggine del Pci potrà esercitare un’opera di rinnovamento. Chi non lo pensa è perché vede il Pd in continuità con il Pci, ma è un tradimento, sbaglia.
Adesso cosa succede?
È impensabile voler andare subito a elezioni per provare a vincerle a colpi di minoranza. Sarà, invece, importante vedere come si comporterà il Pd in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica. Se, come credo, il Pd riuscirà a votare un candidato ed eleggerlo già al primo scrutinio con una larghissima maggioranza, come avvenne con Carlo Azeglio Ciampi, vorrà dire che avremo fatto un buon lavoro.
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1 commento
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per il presidente il pd può usare il metodo napolitano: quarta votazione, settebello e primiera.