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Quando la lotta al terrorismo diventa lotta all’“estremismo”, bisogna preoccuparsi

Perché le misure anti-jihadismo islamico del governo di Londra non spaventano più solo i cristiani. Perfino i laicisti vedono rischi per la libertà di espressione

Redazione
01/09/2017 - 4:00
Esteri
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I cattolici non sono più i soli a temere che le proposte politiche elaborate dal governo britannico per contrastare il terrorismo islamico finiscano per colpire la loro libertà religiosa e di espressione. Come spiega un interessante articolo di Daniel Blackman per il National Catholic Register, numerose persone e organizzazioni delle estrazioni più diverse criticano ormai apertamente l’intenzione del primo ministro Theresa May di creare una commissione ad hoc per combattere ogni forma di “estremismo”, anche quello “non violento”. Le virgolette sono doverose, perché è proprio la mancata chiarezza di significato di questi termini a destare le preoccupazioni più serie.

DAGLI ATEI AGLI ISLAMICI. Il gruppo che meglio rappresenta questo notevole allargamento del fronte dei preoccupati è sicuramente la coalizione Defend Free Speech, perché l’elenco delle realtà e dei singoli cittadini che ne fanno parte abbraccia uno spettro di anime davvero ampio, da quella cristiana a quella atea militante, da quella musulmana conservatrice a quella pro Brexit, dall’ambientalista all’ultralibertaria. Nel novero ci sono per esempio associazioni come la National Secular Society, l’Index on Censorship e il Christian Institute, oltre a singoli cittadini come David Davis, il ministro incaricato di garantire l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, la leader dei verdi Caroline Lucas, la parlamentare conservatrice Fiona Bruce, Mohammed Amin, presidente del Conservative Muslim Forum, Lord Dear e la Baronessa Jones, entrambi membri della Camera dei Lord, e il professore della Oxford University Timothy Garton Ash (il quale sul tema delle minacce alla libertà di parola pronunciò un anno fa un discorso memorabile che abbiamo sintetizzato qui).

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UN’ETICHETTA MINACCIOSA. Ma perché l’idea della “commissione anti-estremismo” promessa dal governo spaventa persone tanto diverse? Spiega al Register Simon Calvert, portavoce della coalizione: «Appaltare il compito impossibile di definire un estremista a una sorta di commissione statutaria non è una soluzione al problema centrale: e cioè che “estremista” è diventato un termine senza alcun significato. Si tratta di un’etichetta dispregiativa utilizzata da chi è schierato da una parte su un certo argomento allo scopo di marginalizzare chi sta dall’altra parte. Utilizzarla come base legale per un’azione statale draconiana contro dei cittadini comporta gravi pericoli profondi per le libertà civili, soprattutto per la libertà di espressione».

QUALI VALORI BRITANNICI? Un esempio emblematico della pericolosità di questo slittamento semantico dal terrorismo islamico al generico “estremismo” è il programma governativo Prevent, inteso a prevenire l’indottrinamento al jihadismo. Il piano affida ad amministratori locali, scuole, servizi sanitari, università, carceri e polizia la responsabilità di indirizzare gli individui ritenuti “a rischio” a un punto di riferimento centrale. Ma quali sono i comportamenti a rischio? Stando ai documenti del governo relativi alla strategia, spiega il Register, l’estremismo è l’«opposizione verbale o attiva a valori britannici fondamentali, compresi la democrazia, lo Stato di diritto, la libertà individuale e il rispetto reciproco e la tolleranza di fedi e convinzioni diverse». Ma chi decide quali sono i “valori britannici”? E fino a che punto è lecito criticarli senza ricadere nella “opposizione”?

ESTREMISTA SARAI TU. Che il concetto di estremismo sia tutt’altro che condiviso lo attesta anche un sondaggio di opinione condotto a luglio fra poco più di duemila persone. Stando alle loro risposte, il 36 per cento dei cittadini britannici considera da estremisti affermare che “il Regno Unito dovrebbe uscire dall’Europa”; un altro 30 per cento, invece, pensa che l’estremista sia chi dice che “il Regno Unito dovrebbe rimanere in Europa”. Per il 41 per cento degli intervistati, poi, è estrema la frase “il matrimonio dovrebbe essere solo tra un uomo e una donna”.

DEFINIZIONI INDEFINITE. Ma è lo stesso governo di Londra, osserva il Register, ad avere le idee poco chiare: «Nel giugno del 2016, per esempio, la commissione parlamentare speciale per gli Affari interni ha chiesto al ministro Karen Bradley di definire cosa intendesse per “estremismo”. La sua risposta nel corso dell’audizione conteneva non meno di 10 diverse definizioni». Mentre David Anderson, l’ex revisore indipendente incaricato di esaminare la legislazione sul terrorismo, a dicembre ha detto: «Non ho conosciuto nessuno che sappia davvero definirlo [il termine “estremismo”] in maniera soddisfacente. La gente farà reclami sui vicini, sui colleghi di lavoro; la polizia si sentirà in dovere di indagare su gente che è lontanissima dal terrorismo, ma magari pratica la religione in modo conservatore o ha strane idee politiche».

ATTIVITÀ PERICOLOSE. Nel 2015, da ministro dell’Interno, Theresa May si pronunciò a favore dell’introduzione di Prevent dichiarando che «questa strategia mira a contrastare l’intero spettro dell’estremismo, violento e non violento, ideologico e non ideologico». Considerato quanto scritto sopra, c’è poco da stare tranquilli. Anche perché dopo il Prevent è arrivato l’annuncio degli “Extremism Disruption Orders” (EDO), che permetterebbero alla polizia di rivolgersi ai giudici per chiedere ordini restrittivi contro le “attività pericolose” di un sospetto estremista. E se la definizione di estremista resta appesa per aria, le restrizioni previste sono assai concrete e vanno dalla vera e propria censura al divieto di protesta. Naturalmente qualcuno (il parlamentare conservatore Mark Spencer) ne ha già evocato l’applicazione nei confronti degli insegnanti contrari alle nozze fra persone dello stesso sesso.

LA BANDIERA. Proprio gli EDO sono la bestia nera di Defend Free Speech, e la commissione anti-estremismo non sarebbe che il loro preludio. Dice il portavoce della coalizione al Register: «La commissione è l’ultimo mattone nel tentativo sbagliato del governo di legiferare contro il cosiddetto “estremismo non violento”. La promessa fatta nel 2015 di istituire gli “Extremism Disruption Orders” è stata la proposta-bandiera della strategia governativa. Gli EDO potrebbero limitare le libertà di persone che il governo ritiene essere impegnate in “attività estreme”, anche se esse non hanno infranto la legge. Il governo ha messo la sordina sull’introduzione degli EDO, ma la commissione sarà l’organo preposto, per statuto, alla definizione di chi è e chi non è estremista. Quella definizione sarà il cuore di tutte le successive misure di contrasto al cosiddetto “estremismo non violento”, inclusi gli EDO».

SCHEMA HATE-SPEECH. Insomma, se fin qui l’arma impropria con cui colpire determinate opinioni era il termine “odio” (si pensi all'”hate speech” e agli “hate crime” che tante libere espressioni di pensiero politicamente scorretto hanno punito), pare che ora il governo britannico intenda imbracciare anche il marchio dell'”estremismo”, violento o “non violento” che sia. David Alton, attivista per i diritti umani, già membro della Camera dei Lord, conferma al Register che in effetti il rischio esiste, a giudicare dalla genericità con cui è stata descritta finora la commissione promessa. Spiega Lord Alton: «La definizione di “hate speech” nella legge è tanto vasta che gran parte della tradizione morale cristiana, quando è espressa chiaramente, può ricadervi, se l’esperienza soggettiva di chi ascolta è negativa». E lo stesso vale per l'”estremismo”. «Parte del problema è che c’è gente all’interno del governo che vede le religioni tutte uguali (e spesso come una minaccia, innanzitutto nei confronti del proprio ateismo laico) e così affronta il problema dell’estremismo con un approccio in “taglia unica”».

Foto Ansa/Ap

Tags: estremismogran bretagnalibertà di espressionelibertà religiosaregno unitoterrorismotheresa may
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