Quando “l’interesse superiore del fanciullo” diventa un grimaldello

Di Caterina Giojelli
30 Gennaio 2017
Concepire bambini in vista di un’adozione che prescinde dalle regole stabilite: casi eccezionali vengono trasformati nella norma. Ma il Tribunale per i minorenni di Milano dice no
Un momento della manifestazione a Piazza del Popolo organizzata delle associazioni lgbt, la manifestazione, dopo l'approvazione al Senato del ddl Cirinn‡, punta a richiedere pi˘ diritti per le coppie omosessuali. Roma, 5 marzo 2016. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Il 13 settembre 2016 il Tribunale per i minorenni di Milano ha stabilito che il diritto non è ostaggio delle corti di Roma e della Cassazione: con una sentenza di 22 pagine ha respinto il ricorso presentato da due donne per adottare le rispettive figlie biologiche, nate da fecondazione assistita con il seme dello stesso donatore. Il no dei giudici milanesi alla richiesta di “Alba e Bice”, nomi scelti da Piero Colaprico per raccontare lo scorso 24 novembre su Repubblica il caso di questa coppia omosessuale iscritta nel registro delle unioni civili, ha fatto scalpore ponendosi con pagine «fitte e dense, di grande precisione giuridica» in contrasto con le decisioni dei giudici di Roma, che  nei mesi scorsi avevano risposto sì a ricorsi analoghi.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]La sentenza “controcorrente” parte da una premessa concreta, e cioè che «l’ordinamento giuridico italiano prevede due forme di adozione», spiega a Tempi Mattia Ferrero, presidente dell’Unione giuristi cattolici di Milano, delegato per le attività internazionali dell’Unione giuristi cattolici nazionale: «Quella piena, legittimante, riservata anche dopo l’approvazione della legge Cirinnà alle coppie coniugate, a seguito della quale il figlio adottato, di cui è stato preventivamente accertato lo stato di abbandono, diviene a tutti gli effetti figlio degli adottanti e recide ogni legame con la famiglia d’origine. Si tratta della forma a cui comunemente pensiamo quando parliamo di adozione. Esiste poi l’adozione, disciplinata dall’articolo 44 della legge 184/83, che non recide del tutto il legame del minore con la famiglia d’origine e che può essere disposta nei seguenti casi, che riguardano un minore che non è in stato di abbandono: minore orfano di entrambi i genitori che viene adottato da parenti o precedenti affidatari, minore figlio di uno dei due coniugi che viene adottato dall’altro coniuge, minore orfano di entrambi i genitori disabile e minore per cui è impossibile l’affidamento preadottivo».

Perché il caso di “Alba e Bice” non vi rientra?
Nel caso deciso dalla sentenza le due donne hanno invocato l’impossibilità dell’affidamento preadottivo, non potendo – in quanto non coniugate – accedere all’adozione legittimante, cui l’affidamento è preordinato. Si tratta di una tesi che sposa una nozione estensiva di tale impossibilità, abbracciando – come nel caso di specie – anche l’impossibilità giuridica, e che sta trovando sempre più adesioni nella giurisprudenza. Il Tribunale per i minorenni di Milano, però, ha motivatamente negato tale ermeneutica, riaffermando la lettura che limita l’impossibilità all’impossibilità materiale. Ha anche fatto presente come tale assetto non violi la Costituzione né la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, essendo legittima una disparità di trattamento rispetto alle coppie coniugate.

Prendiamo un altro caso particolare: il 22 giugno scorso la Corte di Cassazione ha confermato una sentenza della Corte d’Appello di Roma che accoglieva la domanda di “stepchild adoption” di una coppia di donne (cioè la richiesta, da parte di una delle due, di adottare il figlio biologico della compagna avuto tramite fecondazione eterologa). Tecnicamente si fa riferimento all’adozione “in casi particolari” disciplinata dalla legge 184 del 1983 ma anche al “superiore interesse del minore”. Cosa significa?
In tutti questi casi ci sono due diritti che vengono in gioco: quello dell’adulto di adottare e quello del minore di vedere considerato come preminente il suo interesse nelle decisioni giudiziarie. Il diritto dell’adulto ad adottare non è assoluto e ben può essere regolamentato e limitato, con ragionevolezza, dalla legge nazionale. L’“interesse superiore del fanciullo” è, invece, una clausola generale ed aperta, che lascia ampio margine di valutazione in capo agli organi giudiziari. È facendo leva sulla preminenza dell’interesse superiore del fanciullo che si apre la strada ad una giurisprudenza che se non è creativa, certamente – per stessa ammissione dei giudici che la sposano – è evolutiva rispetto al dettato della legge.

L’assunto, pare di capire, è che l’interpretazione non contraddirebbe la ratio della norma perché tale da realizzare il superiore interesse del minore. Ma così facendo non si finisce per scardinare la casistica dettata dal legislatore per l’“adozione dei minori in casi particolari”? Estendere la sfera applicativa non significa porsi in contraddizione con la norma stessa?
Certamente l’interesse superiore del fanciullo rappresenta la chiave, se non il grimaldello, per adottare decisioni che magari non sono in aperta contraddizione con la norma, ma certamente si allontanano da quello che era il significato pacifico che le si attribuiva fino a poco tempo fa. Fermo restando che stiamo parlando di casi particolari che, come tali, non sempre è facile regolare in via generale ed astratta mediante la legge, è tornante la questione della supplenza della magistratura ad un legislatore che si dice sia inerte. Poi si tratta di vedere se l’inerzia del legislatore sia davvero tale o piuttosto non sia volontà di non modificare il quadro normativo.

Negli ultimi mesi si sono moltiplicati i casi di richieste ai giudici di legittimare bambini nati da maternità surrogate all’estero da coppie formate da persone dello stesso sesso. La magistratura oggi anticipa e sostituisce il legislatore?
Il problema della maternità surrogata risiede nel fatto che essa in certi Stati è lecita e, secondo la legge di quegli Stati, i “committenti” sono giuridicamente riconosciuti come genitori del figlio. Ottenuto il loro status nel paese dove è nato il figlio, i genitori – siano coppia omo o eterosessuale – vogliono vederlo riconosciuto anche in Italia. Senonché, allo scopo di evitare che il divieto di maternità surrogata previsto a livello nazionale sia aggirato recandosi all’estero, si prevede che il figlio nato da maternità surrogata all’estero non sia registrato in Italia come figlio dei genitori “committenti”. Ma, facendo leva sul preminente interesse del minore di cui s’è detto e lamentando che il figlio così di fatto crescerebbe giuridicamente orfano, si accede alla via giudiziaria, con esiti altalenanti. È che, in realtà, si cerca di ottenere – ricorrendo a casi eccezionali ed estremi – pronunce che scardinino il sistema, ovverosia si vuole mettere in discussione la “limitazione” della genitorialità (per ragioni naturali o per la disciplina dell’adozione piena) alle sole coppie eterosessuali. Limitazione chiara, dopo lo stralcio delle disposizioni del ddl Cirinnà che intendevano equiparare unioni civili e matrimonio in materia di adozione.

Di recente la Corte d’Appello di Milano, ribaltando la decisione di primo grado, avrebbe autorizzato la trascrizione dei certificati di nascita di due gemelli nati in California tramite surrogata per soddisfare il diritto alla genitorialità di una coppia omosessuale. Che ne è di un’altra sentenza della corte di Cassazione (24001/2014) per cui da un lato «il ricorso all’utero in affitto è contrario alla legge italiana per motivi di ordine pubblico e tale limite non è stato messo in discussione dalla sentenza 162/2014 della Corte costituzionale sulla fecondazione eterologa? La l. n. 40 del 2014 esclude infatti la possibilità di ricorrere alla maternità surrogata, che consiste nel portare a termine una gravidanza su committenza» e dall’altro «l’unico modo per realizzare progetti di genitorialità priva di legami biologici con il minore è quindi quello dell’adozione».
Come ho già detto, il diniego della trascrizione dei certificati di nascita rappresenta lo strumento attraverso cui disincentivare il ricorso alla maternità surrogata all’estero. Questi provvedimenti giudiziari, che fanno leva sul preminente interesse del minore, intendono evitare che i figli subiscano le conseguenze della condotta dei genitori “committenti”, in quanto il mancato riconoscimento giuridico del rapporto di filiazione obiettivamente può rappresentare un problema nella vita di un minore. È possibile che nel caso specifico le decisioni davvero possano costituire un bene per i bambini, però bisogna dire con chiarezza che queste sono decisioni relative a casi eccezionali, che devono per l’appunto rimanere l’eccezione e che da esse non si possono trarre conclusioni di carattere generale. Occorre de-enfatizzarle e contestualizzarle.

Richiamando il principio giuridico della “preminenza dell’interesse del minore”, la netta sensazione è che queste sentenze si siano preoccupate dei diritti o delle aspettative degli adulti ben più che degli interessi dei minori. Nel caso di Milano non si tratta di figli non abbandonati, ma concepiti in vista di una loro adozione che prescinde, ad oggi, dai termini di legge. Come se ne esce?
C’è sicuramente una questione antropologica che richiama l’esigenza di un impegno sempre nuovo e più rafforzato delle agenzie educative e della Chiesa. Da un punto di vista giuridico ritengo che l’attuale assetto normativo vada preservato, escludendo la possibilità per le coppie omosessuali, in particolare quelle in unione civile, di accedere ad una genitorialità piena. D’altronde la stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha affermato che in punto di filiazione ben possano esserci differenze di trattamento tra coppie (eterosessuali) unite in matrimonio e coppie (omosessuali) in unione civile. Poi potranno esserci dei casi eccezionali in cui, grazie all’appiglio fornito da leggi di stati stranieri dove si fa nascere il figlio, ci si sposa o di cui è cittadino uno dei componenti la coppia, si verifichino casi di omogenitorialità giuridicamente riconosciuta. Ma vanno considerati come delle eccezioni. Quanto alla maternità surrogata, è necessario agire a livello internazionale per creare un divieto generale ad una pratica che è contraria alla dignità umana.

Foto Ansa

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