
Poveri noi, malati di abbondanza allo stadio terminale

«Cari lettori – scrive Claudio Risé nell’introduzione al suo ultimo lavoro – in questo libro vi racconto la più diffusa malattia dell’Occidente. Un continuo oscillare dal delirio di onnipotenza e dalla volontà di godimento illimitato a una sostanziale impotenza e depressione».
Sazi da morire (San Paolo, 165 pagine, 14,50 euro) presenta alcuni aspetti fisici, psichici e simbolici che caratterizzano questo disagio: il gusto per l’eccesso e la perdita del senso della misura; la rimozione della funzione della fatica (non solo fisica ma anche intellettuale); l’abitudine e il piacere alla dipendenza verso oggetti, tecnologia, cibo e sostanze; l’arroganza verso l’altro, il diverso che osa guardare il mondo in un altro modo.
L’analisi dell’autore, psicoanalista, evidenzia una civiltà ricca ma non felice, devota al culto del troppo: troppi soldi, troppo cibo, troppi zuccheri, troppi grassi, troppe droghe… Ma «è proprio quando una civiltà sembra destinata alla distruzione, che può scoprire cosa sia veramente vita».
Queste pagine possono aiutare a trovare una strada per guarire da questi aspetti patologici delle nostre abbondanze e persistenti povertà.
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