Poi un giorno rientri mentre non c’è nessuno ed è come se la tua casa non l’avessi mai vista

È presto, i ragazzi sono appena andati a scuola. Torni a casa perché hai dimenticato qualcosa, e nelle stanze silenziose di casa tua hai improvvisamente voglia di fermarti. Farai tardi, ma ti affascina e ti trattiene la pace delle stanze, quando ormai tutti sono usciti di corsa, abbandonando qui e là quaderni, maglie, biscotti sul tavolo della cucina. Tracce di vita, come a dire: torniamo presto. Ma intanto l’unico rumore è il ronzio quieto e alacre della lavabiancheria.
I gatti girano per le stanze con passi felpati e regali da padroni, l’aria di chi dice: finalmente tranquilli. Si arrotola la gatta piccola tra le coperte sfatte del letto, poi balza via, s’arrampica sulla libreria con la sua grazia leggera di scoiattola. Il gatto grande, un colosso, la osserva meditabondo dalle fessure dei suoi occhi verdi splendenti, pesante e immobile come una divinità domestica.
C’è nell’aria ancora il profumo aspro del primo caffè. E in corridoio la biancheria stesa ad asciugare sa di buono. Giri per le stanze, quasi in questa pace la tua casa ti sembrasse diversa. Nella camera della bambina schiere di bambole allineate aspettano di tornare a giocare. In cucina il grande crocefisso allarga le braccia sopra alle tacche che segnano un anno dopo l’altro la statura dei figli. Partono da novanta centimetri, e arrivano ormai più in alto di te. L’ulivo delle Palme si è seccato, e fra poco bisognerà preparare il presepe. Il calendario dell’Avvento con le caselle da aprire è già pronto.
La porta del frigo è costellata di disegni, in sala dalle cornici le nostre foto ci sorridono. La pianta della felicità è un poco ingiallita. In bagno, sorride lo gnomo sullo spazzolino da denti della bambina.
Strano incantesimo, la tua casa silenziosa, come sorpresa nell’ora in cui di solito non c’è nessuno. E che grazia è avere una casa, tua, e non doverne partire, pensi, grata di ciò di cui mai ti eri accorta. Che grazia questo disordine di ragazzi, le scarpe da ginnastica mollate in mezzo all’ingresso per un improvviso ripensamento, lo schermo del computer spento e nero che attende di illuminarsi ancora. E anche il gatto grosso che si riscuote dalla sua meditazione di sfinge e viene a strofinarti il muso addosso, colmando la stanza del potente rombo delle sue fusa. Che bella la rosa un po’ patita sul balcone nell’aria del novembre di Milano, e il cortile grigio sotto al cielo di nuvole con le finestre di fronte vicine e illuminate. I biglietti con le tue grida perentorie e mai ascoltate sulla lavagna magnetica: «Ricordarsi l’abbonamento Atm!».
E alle due torneranno, suoneranno il campanello imperiosi. Entreranno, come una folata di vento. Affamati piomberanno in cucina, qualcuno afferrerà il gatto e ci ballerà assieme, abbracciato. Poi, inizieranno a litigare. Una casa piena di voci, che grazia. Nella quiete immobile di un mattino feriale riconoscerla, come non l’avessi mai vista prima.

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