Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte sono le tre regioni italiane che quest’anno traineranno l’economia italiana. Lo scrive oggi La Stampa, riportando le ultime stime di uno studio Unioncamere-Prometeia (Scenari territoriali). Il Pil delle tre “lepri” si aggirerà intorno all’1-1,2 per cento. Il problema è costituito dal resto del paese in cui la media è dello 0,7 (0-0,1 al Sud).
UN PO’ DI OTTIMISMO. Scrive La Stampa: «Le previsioni stilate di recente da Unioncamere-Prometeia aiutano a guardare alle prossime settimane con un po’ di ottimismo in più: il pil della Lombardia quest’anno crescerà dell’1,2%, quello dell’Emilia dell’1, +0,9 il Piemonte e +0,8 la triade Veneto, Friuli e Trentino. Le esportazioni di beni verso l’estero salirà del 4,1% in Emilia e Veneto e del 4,4% in Lombardia ed in parallelo aumenteranno anche gli investimenti fissi (-5,3% di media nazionale nel 2013, +2,5% quest’anno) con punte del +3,9% in Lombardia e del +3,2 in Emilia. Quanto basta per smuovere in queste aree anche l’indice degli occupati, che salirà dello 0,4% (ancora in Lombardia ed in Emilia) mentre continuerà a calare in Liguria ed in tutto il meridione».
CHI HA SAPUTO SPECIALIZZARSI. Secondo l’analisi del quotidiano, «la chiave di volta sta tutta nei settori trainanti del made in Italy. Che oggi, a cinque anni dall’avvio dell’ultima crisi economica globale, non sono più tanto moda, design ed agroalimentare, comparti che pure mostrano buona salute e annunciano un 2014 ancora positivo, ma sempre di più meccanica e componentistica. Il mix delle nostre esportazioni negli ultimi anni è cambiato radicalmente a tutto vantaggio delle imprese, anche piccole e medie, che hanno saputo specializzarsi, che sono riuscite a fare un vero e proprio salto di qualità».
GERMANIA E MACROREGIONE. Il gap è costituito dalla capacità o meno di esportare. Chi si basa solo sul mercato domestico è in crisi; chi ha saputo aprirsi all’estero ha trovato modo di respirare. Secondo lo studio per il 2014 è previsto un export col segno più: +3,7. In particolare, chi ha saputo (o potuto) agganciarsi al treno tedesco, ne ha tratto beneficio. Patrizio Bianchi, esperto di politica industriale e assessore in Emilia-Romagna, parla di una macroregione «che parte dalla valle del Reno, dal sud della Germania, e che arriva sino all’Emilia, poi coinvolge Milano e Torino, e quindi si allarga al sud della Francia, a Tolosa dove c’è il cuore dell’industria aerospaziale europea». Se qui le cose vanno bene, altrettanto non si può dire di chi sta al margine di quest’area: «I numeri nazionali presi in assoluto non dicono più nulla – spiega l’economista emiliano -. Basta vedere la Francia, dove l’area che va da Tolosa a Lione cresce moltissimo mentre tutta la parte centrale del paese resta indietro. Come in Germania, dove l’asse del Reno cresce molto, a cominciare dal Baden Wurttenberg, mentre le zone dell’Est restano indietro. Oppure come in Italia, dove la ripresa è tirata da Lombardia ed Emilia con una sponda in Piemonte, mentre le altre regioni sono ancora ferme». Ne esce un paese, il nostro più degli altri, «spaccato in due, che da un lato ha bisogno ancora di tanta cassaintegrazione mentre dall’altro non trova dipendenti a sufficienza. Che criminalizza l’euro, oppure che senza l’euro non potrebbe crescere; che demonizza la Germania mentre un’altra parte senza questa stessa Germania non avrebbe da lavorare a sufficienza».