Perché nel paradiso svedese vanno forte gli estremisti? Perché non è un paradiso
[cham_inread]
È il paese industrializzato che si è ripreso meglio dalle conseguenze della crisi finanziaria globale del 2008, il secondo migliore di tutta l’Unione Europea per tasso di disoccupazione (5,9 per cento) e il primo per tasso di occupazione (82 per cento della manodopera); il suo Pil cresce al ritmo del 3 per cento annuo grazie anche agli investimenti in sviluppo e ricerca, i più alti di tutta Europa (3,3 per cento del Pil) ed è posizionato al primo posto nelle classifiche mondiali dello sviluppo sostenibile, delle opportunità imprenditoriali e della competitività economica. Eppure alle elezioni previste per domenica 9 settembre il suo principale partito di governo rischia di registrare il peggiore risultato degli ultimi 100 anni, mentre i due partiti di opposizione di estrema sinistra e soprattutto di estrema destra sono accreditati del miglior risultato della loro giovane storia.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”] Com’è possibile? È possibile se siete in Svezia, e se ai dati socio-economici più belli del mondo o d’Europa si affiancano statistiche inquietanti come quelle che ultimamente sono balzate agli onori delle cronache: in un paese di 10 milioni di abitanti dove fino a 10 anni fa le sparatorie erano quasi sconosciute, ne sono state registrate ben 320 l’anno scorso, insieme a 110 omicidi e 7.226 stupri denunciati, il 10 per cento in più del 2016. Il 36 per cento delle donne dichiara di sentirsi in pericolo al calar della notte, e i verbali di polizia danno loro ragione: le denunce di violenze sessuali sono triplicate fra il 2012 e il 2016, interessando così il 4,1 per cento di tutte le donne, contro l’1,4 per cento di sei anni fa.
La Svezia, lo Stato vetrina della socialdemocrazia e del progressismo, la “superpotenza morale” magnificata dalla stampa liberal di tutto il mondo, vive il momento più paradossale della sua storia. Il paese che supera la media in tutti gli indicatori che compongono l’Indice di “vita migliore” dell’Ocse (educazione, sanità, alloggio, impegno civico, reddito, occupazione, ecc.) è anche il paese che, secondo l’Autorità di polizia svedese, in tempo di pace ha conosciuto negli ultimi anni il maggior numero di attacchi con bombe a mano: nel 2015 gli attacchi sono stati 45, nel 2016 sono aumentati a 52. Bersaglio delle esplosioni sono stati esercizi commerciali e abitazioni private, ma anche commissariati di polizia, come quello di Rosengard, nei pressi di Malmö. Nell’area di Stoccolma nel periodo 2010-2015 sono stati registrati 189 feriti da armi da fuoco; nello stesso periodo nella vicina e altrettanto nordica Copenaghen soltanto 30 persone sono state vittime dello stesso crimine.
Che sta succedendo nella civile Svezia? Per capirlo basta scorrere l’elenco dei nomi delle località dove si concentrano gli atti di criminalità: Rosengård, Rinkeby, Kista, Västerås, ecc. Si tratta di sobborghi delle tre principali città della Svezia – Stoccolma, Göteborg e Malmö – abitate in maggioranza da immigrati. Dati ufficiali e dettagliati non esistono perché, come scrive la giornalista svedese Paulina Neuding, «l’ultimo rapporto sulla criminalità fra gli immigrati compilato dal Consiglio nazionale svedese per la prevenzione del crimine (BRÅ) è stato pubblicato nel 2005. Il rapporto, che copre il periodo 1997-2001, mostra che gli immigrati dal Medio Oriente e dall’Africa erano fortemente sovrarappresentati fra gli indiziati di crimini violenti, in particolare reati a sfondo sessuale. Un altro studio, relativo agli stupri di gruppo in Svezia negli anni Novanta, indicava che venivano commessi da immigrati di prima e di seconda generazione. Sfortunatamente non esistono studi più recenti. I dati vengono ancora raccolti, ma non vengono compilati e resi disponibili al pubblico. Il ministro svedese della Giustizia, Morgan Johansson, ha spiegato recentemente in un’intervista che non c’è bisogno di pubblicare nuovi rapporti, perché i fatti sono ben noti sulla base degli studi precedenti».
Si potrebbe pensare che la violenza riguardi quasi esclusivamente la popolazione di origine straniera, che ammonta a 1,7 milioni di abitanti, metà europei e metà extraeuropei, ma così non è: nei quartieri e sobborghi ad alto rischio per la sicurezza (la polizia svedese ne ha censiti 53 in tutto il paese) i vigili del fuoco e gli operatori sanitari chiamati sul posto in occasione di incendi ed incidenti con feriti vengono assaliti, così come i poliziotti che intervengono a far rispettare l’ordine pubblico. In febbraio il tentativo delle forze dell’ordine di arrestare un minorenne a Rinkeby ha provocato una sommossa con saccheggi di negozi e auto incendiate, e ha costretto i poliziotti a ritirarsi dopo tre ore di scontri con gruppi di giovani. Decine di auto sono state bruciate da giovani mascherati nel corso di quest’anno in località diverse dai ghetti etnici, come Göteborg, Helsingborg, Kalmar, Oxie, Trollhättan, Kronegården, ecc. Uno studio del 2014 sui casi di stupro per strada ha appurato che nei due terzi dei casi i sospettati erano cittadini stranieri.
Questa non è l’unica cosa che scandalizza gli svedesi e nei sondaggi pre-elettorali li spinge a togliere voti al Partito socialdemocratico, architrave dell’esecutivo e da sempre principale forza politica del paese quasi sempre al governo, e a spostarli sugli xenofobi Democratici svedesi. C’è anche il fatto che la Svezia è stato recentemente il paese che ha accolto più richiedenti asilo in rapporto alla popolazione, e che è quello che spende di più per il loro inserimento nell’economia e nella vita sociale. Negli ultimi cinque anni sono entrati in Svezia 600 mila migranti e richiedenti asilo. Ognuno di loro per alcuni anni costa alla collettività l’equivalente di 8 mila euro all’anno. Più in generale, secondo le analisi di Tino Sanandaji, economista svedese di origine iraniano-curda, gli immigrati captano il 58 per cento di tutta l’assistenza sociale. Il governo replica agli attacchi dell’opposizione di destra e alle critiche dei giornali affermando che l’integrazione degli immigrati in Svezia è la storia di un successo: il ministro delle Finanze, Magdalena Andersson, ha spiegato che l’82 per cento degli immigrati adulti ha un lavoro. Fatto sta che negli ultimi anni la sanità svedese, la scuola, l’edilizia pubblica e la sicurezza ha mostrato segnali di stress.
Domenica lo scontento per una situazione che non è più quella della Svezia felix del passato potrebbe avere un’eco nelle urne, forte quanto basta per rendere difficile la formazione di una nuova coalizione di governo. Secondo la società di indagini di mercato YouGov, i Democratici svedesi dovrebbero addirittura vincere le elezioni col 24 per cento dei voti. Secondo altri sondaggi saranno solo terzi col 17 per cento, dopo socialdemocratici e moderati.
Foto Ansa
[cham_piede]
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!