Perché è scoppiato l’Afghanistan

Di Rodolfo Casadei
31 Gennaio 2018
Le ripetute stragi di civili di questi giorni sono la conseguenza delle scelte politiche degli anni passati e quelle recenti. Spiegazione

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Perché Talebani e Isis moltiplicano i loro attacchi in Afghanistan, colpiscono sempre di più nella capitale Kabul e prendono sempre più a bersaglio i civili? La risposta ha a che fare con la traiettoria strategica assunta da una guerra vecchia di 16 anni che nessuno dei contendenti si è dimostrato capace di vincere. Dopo la decisione di Obama nel 2012 di rimangiarsi il “surge”, cioè l’aumento delle truppe americane attive sul suolo afghano, che fra il 2009 e il 2011 passarono da 20 mila a 100 mila uomini, i Talebani si sono posizionati per una grande offensiva da condurre al termine del ritiro delle forze Usa e di quelle dell’Isaf (il contingente Nato in Afghanistan, che è arrivato ad avere 40 mila soldati non americani sul territorio). Nel frattempo hanno infiltrato la maggior parte dei distretti del paese e allargato le zone sotto il loro controllo. Quando nel maggio scorso le truppe straniere presenti in territorio afghano erano ridotte a 13 mila unità (di cui 9 mila americane), i Talebani controllavano o rendevano altamente insicuro il 43 per cento del paese. A quel punto l’amministrazione Trump ha deciso un mini-surge, che ha fatto risalire l’entità del contingente americano a 14 mila unità, e ha aumentato di intensità i bombardamenti convenzionali e quelli coi droni. Nello stesso tempo le forze armate e la polizia afghane hanno esteso le loro operazioni, pagando un alto tributo di vittime, ma anche sottraendo ai Talebani molte posizioni sul territorio. Negli ultimi tre anni le forze di sicurezza afghane hanno avuto fra i 5 e i 7 mila caduti all’anno, ma la loro forza resta stabile da sei anni a questa parte attorno ai 350 mila uomini, cioè 10 volte più del numero presumibile degli insorti.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Altra decisione che ha avuto un effetto sui fatti degli ultimi giorni è stata quella con cui Trump ha congelato parte degli aiuti militari al Pakistan come forma di punizione e di pressione per convincere Islamabad a smetterla col doppio gioco di presentarsi come alleata dell’Occidente e poi in segreto sostenere i Talebani e dare asilo ad Al Qaeda. L’1 gennaio scorso il presidente Usa ha twittato: «Gli Stati Uniti hanno stupidamente dato al Pakistan più di 33 miliardi di dollari di aiuti negli ultimi 15 anni, ricevendo in cambio solo bugie e inganni», e ha congelato 255 milioni di dollari di aiuti per il 2018. Va ricordato che fra il 2001 e oggi gli Stati Uniti hanno speso per la guerra in Afghanistan (compreso il sostegno alle spese civili del governo) una cifra approssimativa attorno ai 900 miliardi di dollari.

Quello che sta accadendo in queste settimane – le ripetute stragi di civili a Kabul e in altre città – è il risultato del combinato disposto fra l’accresciuta pressione militare sui Talebani e sull’Isis nei distretti rurali contesi e la rappresaglia pakistana per il taglio degli aiuti americani. Sulla difensiva nelle campagne, i Talebani spostano la guerra in città, dove ovviamente non possono conquistare e controllare territorio, ma possono dimostrare che il governo filo-occidentale del presidente Ashraf Ghani non è in grado di garantire la sicurezza dei cittadini e più in generale non è in grado di governare. Che i pakistani stiano facilitando la nuova strategia talebana, come forma di ricatto nei confronti degli americani e del governo di Kabul, è molto più che un sospetto.

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

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