Per salvare un legame non si bada a spese

Di Caterina Giojelli
16 Giugno 2020
Il caso Fervo, il gruppo che ha deciso di impiegare soldi ed energie per aiutare i dipendenti a superare la crisi. «Non sono risorse, sono amici»

Articolo tratto dal numero di giugno 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Avete anticipato la cassa integrazione di aprile a oltre 200 dipendenti…  «250, con un’integrazione del 30 per cento. Ora la prolungheremo per altre 5 settimane». E i dipendenti vi sono grati? «Abbiamo ricevuto mail, messaggi WhatsApp, telefonate e nessun gesto era dovuto: è grazie al lavoro di tutti se siamo un gruppo solido e in crescita costante. Qualcuno ci ha scritto anche per declinare l’offerta: “Ce la facciamo, usate questi soldi per aiutare chi è in difficoltà”. Ecco: io credo che questa emergenza abbia portato ciascuno di noi a riconoscere il valore di qualcosa che ci lega, precede e in qualche modo ci supera e che ci porta ad agire, ciascuno come può, in una logica realmente solidale e sussidiaria».

Per cosa viene ricordato un imprenditore? Per una capacità di intrapresa resistente a imprevisti, mode e virus, i piedi saldamente piantati in quell’alveo dove persona e relazione non sono parole a caso, il valore del lavoro è un bene di tutti e condiviso. A questo pensava Rocco Ruggiero la mattina in cui, insieme ad Alessandro Belloni, attraversava l’immensa sede appena ampliata di Nova Milanese – il familiare vociare e il suono dei passi di novanta dipendenti inghiottiti dal silenzio. «Ebbene, fu uno shock». Ruggiero e Belloni, rispettivamente amministratore delegato e presidente del gruppo Fervo, erano partiti in due nel 2009, l’anno in cui tutto crollava: in due avevano lasciato la società di facility management per cui lavoravano, in due avevano deciso di avviare un’impresa tutta loro. «Due, in un ufficio di 70 metri quadrati. Dieci anni dopo eravamo diventati una holding con 510 assunti e sedi anche a Bologna, Roma, Verona e Dublino. E qui a Nova Milanese (provincia di Monza e Brianza, ndr) i metri quadrati sono diventati circa tremila. Capisce cosa significa percorrerli in due?». Lo shock è durato poco, la prima cosa che ad e presidente hanno fatto è stata collegarsi con i dipendenti, per dire loro: «Non preoccupatevi, noi ci siamo». Che non c’entra niente col “tutto andrà bene” perché il rischio macelleria sociale non è un genere fantasy e chi raddoppia il fatturato ogni santo anno lo sa. 

«Non c’è stato bisogno di discutere»

«Per capirci, Fervo è la holding di un gruppo di quattro aziende italiane specializzate in servizi di facility management ed energy management. Che cosa vuol dire? La nostra Fsi si occupa di general contracting, progettazione, realizzazione e manutenzione impianti; Eco2Zone di servizi e soluzioni di sostenibilità ambientale, dal fotovoltaico a servizi di energy management; Vme si occupa di manutenzione di aree verdi, opere edili e di urbanizzazione; e poi c’è Reclean, servizi di pulizie, reception e portierato. Abbiamo 300 clienti e un fatturato 2019 pari a 35 milioni di euro. E cosa succede col lockdown? Succede che tre su quattro delle nostre aziende azzerano il fatturato». L’unica che ha tutti i numeri per continuare a lavorare e al contempo arginare il maledetto Covid è Reclean. «Cosa abbiamo fatto? Intanto in vista di ritardi nelle procedure di erogazione Inps del contributo di Cassa integrazione guadagni abbiamo anticipato il pagamento del corrispettivo dovuto nel mese di aprile. Tradotto in numeri: abbiamo anticipato la Cig al 100 per cento dei lavoratori Vme ed Eco2Zone, al 95 per cento dei lavoratori Fsi, al 26 per cento dei lavoratori Reclean». E tradotto in soldi? «Circa centomila euro», spiega Ruggiero. «Davanti all’emergenza non si resta in due, non c’è stato bisogno nemmeno di parlarne». Ad e presidente hanno agito per tutti. 

Un’esigenza di reciprocità

La pandemia ha scardinato il modello che va per la maggiore, quello del bisogno indotto, riportando il bisogno concreto al centro del mercato: «Forniamo servizi, dovevamo fornire qualcosa che servisse davvero il cliente in questo momento. Questo è sempre stato il nostro know-how, flessibilità, velocità, soluzioni su misura. Va da sé che la pandemia ci costringesse a credere ancora di più nel nostro approccio. Abbiamo gestito il piano sicurezza per i clienti, disinfettanti rilevazioni della temperatura, reperendo tutti i dispositivi necessari (le costosissime mascherine, il gel e i guanti oggi introvabili), sostituito tutti i filtri e modificato il principio di funzionamento degli impianti di climatizzazione di 130 immobili di cui ci occupiamo, azzerando la percentuale di riciclo da aria interna. Abbiamo installato i primi 20 termoscanner: si immagina cosa significa prendere la temperatura manualmente in strutture dove transitano centinaia di persone ogni ora come in un aeroporto? E abbiamo disposto robottini speciali per la sanificanzione e la pulizia di ambienti e condotte d’aria, fornito pannelli in policarbonato e plexiglass per il distanziamento, colonnine per l’erogazione di gel, strisce di segnalazione, rivisto il layout di ogni accesso a strutture dei clienti. Ogni società ha il suo core business – spiega Ruggiero –, se proponiamo servizi di facility aiutiamo il cliente a 360 gradi».

I cantieri all’estero sono chiusi ma per ogni dipendente in trasferta in Italia ora va trovata una location che rispetti ordinanze e distanziamenti, i veicoli di servizio vanno sanificati in continuazione, la messa a norma degli ambienti di lavoro, tra presidi, dispositivi e sanificazione giornaliera e ambientale una volta a settimana, è costata a Fervo tra i 30 e i 40 mila euro. «Affrontiamo le spese volentieri per l’incolumità di ciascuno dei nostri dipendenti. Sarà banale ricordarlo, ma qui ci ritroviamo per feste, cene, partite di calcetto, non stiamo parlando di “forza lavoro” ma di persone, amici. Sappiamo che non tutti possono permettersi il costo della ripresa. Ci aspettiamo che qualcosa si muova, il decreto rilancio presenta opportunità nel settore ristrutturazioni ma il mercato è ancora fermo, sono ferme le grosse multinazionali, si ripartirà molto lentamente. Noi non subappaltiamo nulla, contavamo di aprire altre due sedi a Torino e Trieste e, fedeli alla nostra storia,  continueremo a nuotare controcorrente nel tempo della crisi. A credere oggi come allora in ciò che ci ha permesso di registrare una crescita a doppia cifra ogni anno: il valore della persona e della relazione con la persona, insostituibile ad ogni legge di mercato. Possiamo anticipare la Cig con spirito assistenzialista. Oppure possiamo farlo per un’esigenza nostra di reciprocità, perché crediamo che anche il lavoro realizzi un bene condiviso».

Foto pxhere.com

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.